da Alfonso Malangone
(Ali per la Città)
SALERNO – Le notizie ‘allarmanti’ non possono che ‘allarmare’ e, purtroppo, non manca giorno che non ci siano nuovi motivi di preoccupazione per i cittadini. La recente notizia sulla decisione del Comune di non pagare le Spese coperte da fondi concessi dalla Regione, e non ancora erogati (fonte: l’Ora), lascia intendere la volontà di tenere stretti i cordoni della borsa per poter rispettare le rate del piano di rientro dal Disavanzo di € 169,9milioni. A questo punto, però, sarebbe giusto accelerare il recupero di quei crediti, che dovrebbero essere certi, presenti fin da vent’anni tra i Residui Attivi (fonte: Bilancio, Residui). A fine 2021, la Regione ci doveva circa € 60milioni, salvo errore. A fine 2022, non si sa ancora. Ma, fra poco, sarà il Consuntivo a dircelo.
In realtà, molte altre voci sono presenti nell’elenco dei crediti a fine 2021. Voci che, a leggerle, stupiscono non poco. Ad esempio, ci sono ‘Contributi del Ministero per la Cittadella Giudiziaria’ pari a € 11.487.323,01. La prima concessione risale al 1993, nientepopodimeno, direbbe Totò. C’è un ‘Contributo per la Metropolitana’ di € 3.527.066,50 dal 1997. E, ci sono ‘Proventi e incentivi dall’impianto fotovoltaico di Eboli’ per € 28.843.662,45 dal 2018. Infine, per non farla lunga, ci sono ‘Ricavi da vendite immobiliari’ per € 16.578.401,88 a partire dal 2020. La somma di queste sole voci fa € 60.436.453,88. Con gli altri € 60milioni della Regione, si arriva a ben € 120milioni di crediti da causali certe, incassabili ‘a prima richiesta’, corrispondenti a più di un quarto del totale dei € 457,3milioni di Residui Attivi. Cifra incredibile e davvero astronomica, per la Città. Tuttavia, viste le ristrettezze nelle quali ci troviamo a vivere, lo stupore per una possibile superficialità nella gestione delle Entrate viene superato dallo sconforto nel pensare che, tra quei crediti, le imposte, tariffe, fitti e canoni sommano, sempre a fine 2021, per € 246.175.362,29, salvo errore. E, deprime considerare che l’incasso di € 120+246=366milioni ci avrebbe consentito di ‘nuotare’ come Paperon de’ Paperoni, mentre siamo costretti alla prudenza per non affogare tra i debiti. Perché, su questo, qualche timore non può essere nascosto.
La settimana scorsa sono slittati, almeno per la terza volta, i lavori di rifacimento del Corso V.Emanuele, già definito da ‘Re’ e, oggi, a causa delle ‘pezze’ di asfalto a copertura delle buche, diventato da ‘Pezze-nti’. Detto con ogni rispetto. Si è letto che mancano le mattonelle dello spessore indicato nell’appalto (fonte: ilMattino). Ma è stata anche posta l’attenzione all’aumento del loro prezzo e alla proposta dell’impresa di utilizzarne di più sottili, meno costose ma anche più fragili (fonte: Salernotoday). In sostanza, il problema vero potrebbe essere quello dell’aumento di tutti i materiali, fino al 100%, rispetto al capitolato di gara del 2019. Su questo argomento, che interessa molti operatori, l’Autorità Anticorruzione-Anac ha di recente precisato che è possibile per l’impresa chiedere una variante in corso d’opera che (cit.) “assicuri risparmi, rispetto alle previsioni iniziali, da utilizzare esclusivamente in compensazione per far fronte alle variazioni in aumento dei costi dei materiali” (fonte: Anac). In sostanza, si potrebbero ridurre i lavori. Intanto, si è anche letto della proposta di un Consigliere di estendere la pavimentazione alle traverse del Corso e, in particolare, a quella di via Papio, con il conseguente aumento del valore del contratto. Senonché, a scorrere il progetto, le traverse sono già previste, da via Papio a via De Luca, da via Conforti a via Fieravecchia, da via Velia, est-ovest, a via Torretta (fonte: Progetto. Tav. 19). Così, in questa apparente confusione, può davvero accadere che, per veder partire i lavori, finalmente, ci vogliano altre risorse, oltre a quelle dell’appalto originario di € 3,7milioni più IVA e spese varie per € 2,0 (fonte: Comune). Ovviamente, è solo una riflessione. In ogni caso, a guardare in giro, potrebbero esserci altre opere con la stessa criticità. A via Mercanti, il cantiere per il Museo Virtuale della Scuola Medica Salernitana sembra fermo, mentre doveva essere chiuso entro il 22/12/2022. I residenti parlano di abbandono. Poi, a via Trotula de Ruggiero, i lavori per il Museo Papi, scadenza 13/03/23, neppure sarebbero iniziati, salvo ogni errore. Lì vicino, i Giardini della Minerva sono chiusi dal 31/01, ma ieri l’altro non si sentivano rumori, passando davanti al portone. Più lontano, è stato osservato che è (cit.) ‘impossibile apprezzare i cambiamenti’ apportati dai lavori al Parco del Mercatello, che dovrebbe essere riaperto a Luglio (fonte: Ottopagine). Sono solo alcune delle opere che sembrano andare a rilento. E, quindi: “mentre stiamo pensando a come fare per pagare i debiti vecchi, è possibile se ne aggiungano di nuovi per i maggiori costi degli appalti in corso”? In verità, gli aumenti dei contratti potrebbero rendere inutili gli sforzi per il riequilibrio ovvero, se non soddisfatti, trasformare la Città in un contenitore di cantieri infiniti, destinati a far crescere l’immagine di abbandono, il senso di desolazione, la percezione di precarietà, a parte il degrado. Ovviamente, si parla di opere pubbliche, anche se in giro non mancano cantieri privati aperti e poco dinamici.
I cittadini pagano, oggi, con maggiori tributi, canoni e fitti, le conseguenze di un Disavanzo di € 169,9milioni generato da una gestione alquanto distratta, per il mancato incasso dei crediti, e da eccessi di spese per opere mastodontiche che, probabilmente, la Comunità non aveva la forza di sostenere. Eppure, in queste condizioni, si continuano a proporre altri ‘enormi’ investimenti multi-multi-multi-milionari. Tra essi, il ‘mostruoso’ intervento al Cernicchiara (fonte l’Ora) fatto di rotatorie, rampe e strade a mezza costa dei versanti a rischio frana, destinate a far volteggiare in aria i tir come i ballerini su un palcoscenico mentre, di sotto, i cittadini balleranno la ‘morte del cigno’. Chissà, di quanto ancora dovranno aumentare i tributi per pagare opere da ‘Guinness dei primati’ mentre la qualità della vita è al 97° posto in Italia e le posizioni migliori sono quelle delle statistiche peggiori. Sarebbe buono e giusto riflettere su queste cose. Altrimenti, c’è il rischio che si vada a sbattere. In tutti i sensi. Dite, per favore, che non è così.
Alfonso Malangone – Ali per la Città – 15/03/2023
P.S.: la ricostruzione è avvenuta sulla base di notizie disponibili in rete. Si fa salvo ogni errore.