da Michele D’Alessio (giornalista)
Negli anni tra il 1933 e il 1939, il regime nazista aveva messo in atto cambiamenti radicali molto inquietanti per la comunità ebraica tedesca, in materia sociale, economica e in altri aspetti della vita comunitaria. Sei anni di legislazione nazista avevano emarginato e privato dei diritti civili i cittadini ebrei, che erano stati espulsi da tutte le professioni e dalla vita commerciale.
Tuttavia, il cambiamento più drastico per la comunità ebraica in Germania avvenne con l’inizio della Seconda Guerra Mondiale in Europa.
Subito dopo l’inizio del conflitto, il primo settembre 1939, il governo impose nuove restrizioni agli Ebrei rimasti in Germania. Una delle prime ordinanze del tempo di guerra impose un rigido coprifuoco per gli Ebrei e proibì loro di accedere a determinate zone in molte città tedesche. Quando il cibo cominciò a essere razionato, agli Ebrei furono riservate razioni ulteriormente ridotte; Le autorità tedesche pretesero anche che gli Ebrei consegnassero a funzionari locali gli oggetti considerati “essenziali per lo sforzo bellico” come radio, macchine fotografiche, biciclette, apparecchiature elettriche e altri oggetti di valore. Nel settembre del 1941, un nuovo decreto proibì agli Ebrei l’uso dei mezzi pubblici. All’inizio del 1943, mentre venivano eseguite le ultime grandi deportazioni di Ebrei tedeschi a Theresienstadt o Auschwitz, le autorità giudiziarie promulgarono un altro complesso di leggi e ordinanze che legittimavano l’espropriazione da parte del Reich delle ultime proprietà dei cittadini ebrei e la loro ridistribuzione ai cittadini tedeschi. La persecuzione degli Ebrei attraverso decreti legislativi terminò a fine anno del 1943. I rastrellamenti degli ebrei avvenivano dappertutto, sia nelle grandi città che nei piccoli paesi di provincia. Oggi 27 gennaio, in questo giorno speciale, nel Giorno della Memoria, riportammo una fulgida testimonianza dello scrittore pollese Dottore Vitantonio Capozzi residente a Polla, ma nato a Valenzano di Bari. “…Volgeva l’anno 1943, nel mezzo della seconda guerra mondiale. Il rastrellamento tedesco nei confronti degli ebrei era molto forte nella sua crudeltà anche a Bari e provincia. Nella primavera di quell’anno, mio padre Giovanni, (giovane imprenditore) pensò di nascondere, nello scantinato della sua abitazione, sei ebrei, che erano ricercati, insieme a tanti altri, dai tedeschi. Vi rimasero una settimana e poi fuggirono verso il sud, in Calabria, si salvarono dalla deportazione. Nel 1946, a fine conflitto mondiale, il mio caro genitore promosse la raccolta fondi, come tanti altri, per sostenere il passaggio alla democrazia, appoggiando i padri costituenti, chiamati a costruire la nostra Costituzione. E come lo fece? Raccogliendo, tra i sostenitori della Costituente, 5.000 lire, ricevendo, a garanzia della somma versata, dieci cedole del valore di L. 500 cadauna, che avrebbe potuto riscuotere alla scadenza prefissata. A scadenza del prestito, invece, mio padre rinunciò volontariamente alla riscossione delle cedole, trattenendole per sé. Lo fece scrivendo una lettera a Palmiro Togliatti, ritenendo il suo gesto utile alla fondazione della futura democrazia italiana. Preciso che nel 1946 il Partito Socialista, al quale egli stesso aveva aderito sin dagli anni 20′, era unito al Partito Comunista durante il periodo della sottoscrizione delle cedole, alleanza questa che durò fino al 49′ e prima della fondazione del Partito d’Azione, erede naturale del PSI…” I genocidi vanno ricordati tutti. È doveroso ricordare che molti ebrei si potettero sottrarre alla deportazione per l’aiuto generoso di semplici cittadini italiani, ma anche di molti religiosi che li accolsero. Peccato che poi, a guerra finita, molti di questi stessi religiosi abbiano avuto anche il merito di ospitare e far espatriare i criminali nazisti, che proprio grazie alla via diplomatica vaticana poterono trovare sicuri lasciapassare per il sud America.