LUIGI TENCO, IL “CANTAUTORE”

 

da Giuseppe Amorelli

(avvocato – scrittore)

Il cantautore Luigi Tenco con la cantante francese Dalidà ai tempi del loro grande amore

“Giovane cantautore introverso che contesta la società borghese”,  così fu definito dalla critica musicale e non, ovvero dal potere politico dopo che ebbe pubblicato, Il suo primo 33 giri, intitolato appunto, Luigi Tenco, che esce nell’anno 1962, prima che ci fosse il boom mondiale del folk e del pop, di quella musica popolare che andava oltre il conformismo e le mode. Il disco conteneva un brano molto particolare, “Cara Maestra”:

Cara maestra, , un giorno mi insegnavi che a questo mondo noi, noi siamo tutti uguali; ma quando entrava in classe il direttore tu ci facevi alzare tutti in piedi, e quando entrava in classe il bidello ci permettevi di restar seduti. Mio buon curato, dicevi che la chiesa è la casa dei poveri, della povera gente; però ai rivestito la tua chiesa di tende d’oro e marmi colorati: come può un povero che entra sentirsi come fosse casa sua? Egregio sindaco, m’hanno detto che un giorno gridavi alla gente: Vincere o morire! Ora mi devi dire come mai vinto non hai eppure non sei morto, ma al posto tuo è morta tanta gente che non voleva nè vincere nè morire…

In questo testo tutta la sua ironia nel porre in risalto le contraddizioni di quella società borghese italiana con la sua visione classista, la permanente ipocrisia ecclesiastica in uno al gattopardismo ancora presente in politica. In esso tutta la passione civile avverso il conformismo dominante.  Tenco era comunque un solitario affidava al singolo e non alle masse di realizzare il proprio riscatto. Era insofferente a qualsiasi costrizione ideologica, avversario tenace del conformismo pseudo rivoluzionario che da li a poco  avrebbe riempito la testa e le piazze d’Italia . Vagheggiava “il cambiamento” convinto che con la sua musica poteva vagheggiare. Il brano fu ritenuto dalla censura :”Offensivo nei confronti della morale pubblica.”

Il generale golpista De Lorenzo, schedò negli archivi segreti del Sifar , Luigi Tenco, ritenendolo :”sospetto sovversivo”. Per due anni Tenco fu tenuto lontano dalla Rai.

Nei suoi brani si alternano la forte ribellione a quella italia bigotta pre-sessantotto e l’amore travagliato.

Le sue canzoni sono abitate da tensione ideale e retroterra letterario.

Un tema molto caro a Luigi Tenco era l”Antimilitarismo.”

Nel brano  “La ballata del marinaio” viene descritto lo stato d’animo del militare di fronte alla morte di quel nemico che dovrebbe odiare, ma che invece ha lasciato a casa, come lui, moglie e figli:

Un marinaio in mezzo al mare

il suo nemico ormai è andato a fondo

però qualcosa è rimasto sulle onde

e lui va a vedere cosa mai può essere

trova il ritratto di una donna e qualche lettera

sogni di un uomo andato a fondo.

Nel suo ultimo album inciso per la Rca nel 1966, Luigi arriva forse al punto più alto (per l’epoca) di protesta e impegno antimilitarista, antirazzista e antifascista, con  il brano “E se ci diranno“:

E se ci diranno che è un gran traditore

chi difende la gente di un altro colore

noi che abbiamo visto gente con la pelle chiara

fare cose di cui ci dovremmo vergognare

noi risponderemo, noi risponderemo:

(coro) no no no no…

Nello stesso album, si possono ascoltare altre canzoni di protesta, che però si concentrano sulle ipocrisie della società di allora.

Con “Io sono uno” i bersagli sono generalizzati, ma il riferimento è spesso per i personaggi politici:

Io sono uno che non nasconde le sue idee

questo è vero, ah, ah, ah

perchè non mi piacciono quelli

che vogliono andar d’accordo con tutti

e che cambiano ogni volta bandiera

per tirare a campare.

Nel brano “Ognuno è libero”  si schiera apertamente dalla parte di quelli che all’epoca venivano bollati con disprezzo con il termine di “capelloni”:

Cosa c’è di strano, da guardare tanto

forse perchè noi non siamo

vestiti bene, pettinati come voi.

Beh se non vi piace così come siamo

non vi resta che voltarvi dall’altra parte

e non far caso a noi.

Ognuno è libero di fare quello che gli va.

Fu Cesare Pavese, lo scrittore di riferimento di Luigi Tenco, la sua musa ispiratrice, e soprattutto i suoi libri :La luna e i falò e Ferie d’agosto . Alcuni critici hanno affermato che Tenco :”soffriva dello stesso male di Pavese, cioè l’incapacità ad adeguarsi alla realtà e a ciò che il mondo ti impone.” Nel brano ” in qualche parte del mondo” Tenco recita nell’ultima strofa:”In qualche parte del mondo non sogno altro che un angolo dove fuggire lontano dalla mia vita di sempre:” Anche nell’ultima strofa del brano del 1966 :”Un giorno dopo l’altro”, Tenco dice:”Un giorno dopo l’altro la vita se ne va, la speranza ormai è una abitudine.”

Il suo ultimo brano, presentato al Sanremo 1967 , Ciao Amore Ciao, in coppia con Dalida, oltre a riportare delle suggestioni di matrice neorealista sono palesemente Pavesiane riprendendo quell’io narrativo presente te nella” Casa in Collina di Pavese.” Il testo tuttavia non era altro che la versione riveduta , per poterla adeguare al pubblico del festival, di “Li vidi Tornare”. Un testo di carattere politico-sociale, contro la guerra  che  riprendeva  dei versi di una poesia di Luigi Mercantini: “La Spigolatrice di Sapri” ..eran trecento eran giovani e forti e sono morti.

Il suo brano piu famoso, Lontano Lontano, è l’emblema della descrizione cosmica dell’amore che l’artista riesce ad esprimere in quei struggenti versi. E’ un segno del “cambiamento” dalla produzione canora di allora. Il tormento  che rappresenta il ricordo di una amore ormai lontano nel tempo, concepito non più come l’orgoglio ferito, bensì come la consapevolezza della ineluttabilità del tempo che fugge e della impossibilità ad intervenire di noi uomini di fronte al corso degli eventi.

 

Il Suo brano dolce, tenero, delicato e struggente :”Quando”, contenuto nell’album dell’anno 1962, rimase proprio in quell’anno primo nella classifica dei singoli per undici settimane. “Quando”, risulta un insieme di figure retoriche(malinconia) tipiche dalla tradizione amorosa degli anni 50, appartenenti alla cosiddetta “scuola genovese” insieme ai  brani “Il Cielo In Una Stanza” e “Senza Fine” Gino di Paoli.

” Quando

il mio amore tornerà da me

nel cielo

una stella splenderà

s’e’ spenta da quando

il mio sogno e’ svanito

da quando il mio amore

fuggì da me

Quando

il mio amore tornerà da me

nel mare

una perla nascerà

saranno le lacrime

che ha pianto la stella

nel veder solo e triste

il mio cuor

Quando

il mio amore tornerà da me

nell’aria

un violino suonerà

la musica dolce

scenderà nel mio cuore

ed il tempo si fermerà

solo quando

il mio amore tornerà da me”.

 

Luigi Tenco nell’anno 1964 partecipò ad una trasmissione televisiva della RAI chiamata:”La Comare”. Il programma  era fondato sul dialogo riguardante i vizi, i difetti e le poche virtù che possiedono gli uomini o che le donne credono di ravvisare in essi. Luigi Tenco impersonava l’uomo introverso,, pieno di problemi irrisolti, intellettualoide , sempre teso ad una continua ricerca ,complessivamente un po’ triste.

Dichiarò in quel periodo ad una rivista specializzata:” Con le donne ho rapporti  piuttosto difficili, nel senso che debbo cambiare spesso ragazza. Un paio di volte mi sono anche innamorato, e per questo è durato di più. Una volta di una donna molto intelligente , che mi ha insegnato parecchie cose. Ma quando ho imparato tutto quello che poteva insegnarmi, è finita. Un’ altra volta era una poco di buono. Mi faceva soffrire  e io mi crogiolavo nella sofferenza. Era come una droga, me ne sono liberato”.

Purtroppo il suo amore passionale per Dalida lo costrinse a partecipare a Sanremo con una canzone “adattata” a quel pubblico che la respinse e gli costo la vita.

 

 

 

 

 

 

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