Aldo Bianchini
SALERNO – Nelle puntate precedenti ho messo l’accento su una clamorosa inchiesta giudiziaria condotta dall’allora giovane pm Vincenzo Di Florio, ed esplosa il 20 dicembre 92, incentrata direttamente sul ministro per le aree urbane Carmelo Conte con richiesta di autorizzazione a procedere con l’ipotesi di “voto di scambio”.
Dopo il capodanno 1993 scoppia una durissima polemica tra il ministro in carica e il PM; Conte parla addirittura di “fumus persecutionis”, una tesi che viene accolta in pieno sia dalla Giunta per le Autorizzazioni a Procedere che dal Tribunale dei Ministri e l’aula di Montecitorio vota a grande maggioranza contro la concessione dell’autorizzazione a procedere ed il relativo fascicolo viene rimesso al C.S.M. (Consiglio Superiore della Magistratura) per la valutazione di eventuali eccessi di potere commessi dal magistrato salernitano.
Il CSM non si pronuncerà mai, ma la guerra tra i due continua a tutto tondo.
Di Florio non molla la presa ed insiste; raccoglie le denunce del dott. Catello Matonti (medico ebolitano e presidente di una commissione per gli appalti delle forniture del locale presidio ospedaliero e già molto amico della famiglia Conte) per meglio indagare su alcune storie, una più sconcertante dell’altra. Si spazia su tutte le gare di appalto per la sanità pubblica: da quelle per le pulizie e la disinfestazione nei vari plessi ospedalieri dell’intera provincia. Si scopre, almeno nella tesi accusatoria, un “presunto sistema di potere” messo in piedi da Carmelo Cote ed Elio Presutto (potente manager dell’USL 53 di Salerno e contiano di ferro) con risvolti inquietanti relativi alla promessa pre-elettorale di posti di lavoro fasulli per arrivare alla quantificazione di vere e proprie tangenti.
Il clima è pesante, il pm Di Florio procede a testa bassa e nel mosaico delle accuse (poi miseramente cadute) incastra Angelo Conte, fratello del ministro in carica, che MatontI accusa direttamente come il perno del sistema di potere creato dal ministro. Matonti fa anche altre accuse afferenti la sfera decisamente personale tra lui e Angelo; accuse che non è il caso di ripetere qui a distanza di trent’anni dall’accadimento dei fatti.
Quella del 15 gennaio 1993 è un’alba livida e fredda; tutte le redazioni giornalistiche della città vanno in tilt per la notizi delle notizie: “Angelo Conte è stato arrestato”, l’attacco al cuore pulsante del PSI è cominciato. Almeno così sembra a tutti.
Matonti spara a zero sulla famiglia Conte; in quei giorni lo intervistai in esclusiva e raccontò addirittura tutto quello che (secondo Lui !!) aveva subito nel corso degli anni; pressioni culminate con un tentativo di pestaggio davanti la propria abitazione di Battipaglia ad opera di due personaggi molto noti, uno dei quali, poi, diventerà parlamentare nazionale di Forza Italia prima e del PD poi.
Ma l’insidia per la Procura di Salerno è dietro l’angolo; quando tutti pensano alla imminente “caduta degli Dei” ecco la sorpresa: gli indagati e gli arrestati non parlano e non collaborano; il silenzio è assoluto, anche perché queste prime inchieste sono tutte farraginose e fondate su piedi d’argilla. Insomma, troppe le ipotesi accusatorie, troppi gli incartamenti, troppi i sequestri, troppe le perquisizioni nel contesto di inchieste che appaiono come un guazzabuglio di molte ipotesi accusatorie contro pochissimi fatti acclarati.
In pratica si ha la netta sensazione che “il sistema di potere politico contiano” possa ancora reggere alla grande; ma la stori dei mesi successivi ci dirà esattamente il contrario. Dietro l’angolo ci sono non uno ma diversi “coupe de foudre” in grado sconvolgere tutto e tutti.
Del resto l’anno orribile è appena cominciato e la Procura, sotto la guida attenta e meticolosa di Ermanno Addesso, sta rivedendo e riorganizzando le sue strutture.