Aldo Bianchini
SALERNO – La domanda che circola è: “Ma l’avvocatura vuole realmente le riforme della giustizia ?”. Gli osservatori non sanno rispondere ma l’impressione a caldo è che i continui tentennamenti portano a pensare che gli avvocati o non vogliono le riforme o le vogliono, forse, fatte in maniera utile soltanto per l’avvocatura.
Del resto difficile pensare che con il passo della rana, uno in avanti e due indietro, possa essere raggiunto un traguardo possibile e valido per tutti. Eppure l’avvocatura (nazionale e locale) sa benissimo che in ogni riforma c’è una parte che perde qualcosa e un’altra che guadagna qualcosa; e che, al di là degli inevitabili errori, se non si trova il giusto equilibrio si finisce per non fare alcuna riforma, sebbene il Paese, o meglio la Nazione ne senta disperatamente il bisogno.
Su questo ingiustificabile tentennamento dell’avvocatura ho scritto spesso in passato e qualche volta ricevendo anche aspri dissensi dagli avvocati; ma la situazione è questa e va commentata.
E’ stato sufficiente che il Governo anticipasse di quattro mesi (al 28 febbraio) l’entrata in vigore della declamata riforma civile Cartabia per mandare in tilt non soltanto la magistratura ma anche l’avvocatura. Come se dal 28 febbraio al 30 giugno 2023 quelli (magistratura e avvocatura) che non sono stati capaci di approntare la benchè minina riforma, possono essere in grado di farla in soli 120 giorni rispetto al termine anticipato dal Governo.
Roba che in un Paese, appena appena civile, farebbe davvero ridere.
Anche perché, subito, come in altre occasioni l’avvocatura ha paventato chissà quali colossali stravolgimenti irragionevoli e disfunzionali tali da gettare nel caos cancellerie, magistrati e avvocati. Avanzando, filosoficamente, dubbi del genere “Innovazioni di forte impatto come la nuova fase introduttiva del giudizio di cognizione richiedono negli operatori il giusto livello di approfondimento e consolidamento che non sarà possibile con un’anticipazione di quattro mesi rispetto alla data originaria di entrata in vigore”. Con la scusa che lo stesso Governo, per la riforma penale, abbia privilegiato la scelta opposta.
Non c’è speranza neppure che l’AIGA (Associazione Italiana Giovani Avvocati) possa portare il tanto sospirato contributo di innovazione in quanto si è subito appiattita sulle fantasiose proteste dei più forti Consiglio Nazionale Forense e Organismo Congressuale Forense.
Così, come ho più volte scritto, non si va da nessuna parte.