Alberto De Marco
Nei giorni scorsi all’età di 96 anni, il nostro fraterno amico Carlo Riccardi, il decano dei fotoreporter, “il Maestro dell’Immagine”, uno straordinario artista, protagonista nel campo della pittura della “Quinta Dimensione”, ci ha lasciato per andare nella “Volta Celeste”. I funerali si sono svolti nella Chiesa degli Artisti a Roma il 15 dicembre. Nel corso della sua vita, ha avuto legami di affetto con diversi personaggi dello spettacolo all’epoca della “dolce vita”: Antonio de Curtis, Totò; Aldo Fabrizi; Marcello Mastroianni; Alberto Sordi che abitava nelle vicinanze della sua casa a Trastevere, quando recitava in parrocchia; Federico Fellini; etc…e di tanti altri personaggi della cultura e dello spettacolo di epoche successive. Frequentandolo nel tempo ho percepito che per il Principe Antonio de Curtis, Totò, aveva un affetto particolare. Desideroso di conoscere maggiormente la vita di Carlo Riccardi e per dipanare ed aprire degli squarci di verità sul periodo ed i luoghi che hanno caratterizzato la “dolce vita”, sul suo vero “paparazzo”. Un riconoscimento che in passato, qualche fotografo che vendeva le sue foto, aveva cercato di appropriarsi indebitamente. Abbiamo convenuto di incontrarci in quei luoghi suggestivi e magici, che hanno originato quel fenomeno. La “dolce vita”, che Riccardi amava definire: “la Belle époque italiana è il vero Rinascimento dell’Italia del dopoguerra” ed io vorrei aggiungere, come Toulouse Lautrec immortalò con i suoi dipinti “la Belle époque francese”, così Carlo Riccardi con le sue fotografie e con i suoi quadri che raffigurano Via Veneto, esposti più volte nella suddetta via del gioielliere Nicola Capuano, alcuni dei quadri erano di proprietà di: Federico Fellini, Alberto Sordi, Marcello Mastroianni, Nino Manfredi, Paola Borboni, Lino Banfi, Novella Parigini, ha immortalato scientemente la “dolce vita”. Riccardi ha persino realizzato un quadro lungo cento metri, che è stato esposto più volte a Via Veneto ed in Piazza del Popolo. L’incontro con l’amico Riccardi, si dimostrò di particolare interesse nella dicotomia tra la reticenza ed il grande desiderio di parlare, che alla fine ha avuto il sopravvento. Carlo pertanto si è trasformato “in un fiume in piena” ed ha iniziato a raccontare la sua intensa vita: “…Sono nato ad Olevano Romano, da una famiglia libraria, nella stanza sopra lo studio fotografico della zia, che ha iniziato l’attività sin dai primi anni del ‘900. Pertanto era naturale la familiarità ed il grande interesse che ho manifestato fin da piccolo per l’apparecchio fotografico. Ho avuto oltre alla zia anche un altro familiare, mio nonno che seguiva ed amava la fotografia ed in particolare i pittori tedeschi, che rappresentavano l’avanguardia dell’evoluzione della fotografia e del mondo dell’arte. Ancora in giovane età sono stato travolto dalla fotografia ed ho dimostrato altresì l’interesse per la pittura. Ho iniziato come ritoccatore di lastre fotografiche. Avevo acquisito come altri una notevole esperienza nell’intervento che facevano i disegnatori sulle lastre fotografiche, specializzati in particolare nei ritratti per ritoccare i difetti. Coloravano le fotografie con le aniline (polverine che diluivano con l’acqua nel produrre colori diversi). In questo lavoro ho imparato dallo stesso Maestro conterraneo di Guttuso, Saro Mirabella, che nel dopoguerra è diventato Presidente dell’Accademia delle Belle Arti di Roma. Carlo Riccardi ancora nell’età giovanile, ha manifestato una smisurata sensibilità artistica ed ha frequentato gli studi dei grandi Maestri, dai futuristi ai giorni nostri: Giorgio De Chirico, Monachesi, Sandro Trotti, Novella Parigini, Corrado Cagli, Turcato, Montanarini, Pericle Fazzini di cui era stato il ragazzino di bottega. Riceveva inoltre la nomina di Segretario nel Sindacato degli Artisti Italiani, nel periodo che frequentavano il Sindacato: Guttuso, Ennio Calabria, Mieli. Nel 1944 -1945 con i primi americani che soggiornavano agli alberghi di Via Veneto, lavorava per il Sindacato a Corso d’Italia come fotografo e frequentava la zona ed in particolare il “Caffè Strega” ed il “Caffè Doney” di proprietà dell’Excelsior, dove andavano gli artisti ed importanti personaggi. La vera storia della “dolce vita”, inizia in questo periodo ed in questi locali. Si sviluppa negli anni successivi ad opera della Contessa, proprietaria della Rivista “Le tout de Roma”, alla quale ha lavorato, fotografando attori, principi, artisti e personaggi dello spettacolo. Per qualche anno ha continuato a riprenderli senza il clamore, che si è scatenato successivamente al film “La dolce vita” di Federico Fellini, quando gli editori ed i fotografi hanno scoperto questo filone redditizio e numerosi fotografi, si sono catapultati in quei luoghi diventando paparazzi. Prima di quel periodo gli autori delle foto non venivano menzionati, ma le stesse erano accompagnate dal nome della ditta della pellicola: Kodak, Ferrania, Tensi, Agfa, Gevaert; i fotografi lavoravano in nero ed erano licenziati senza alcuna difficoltà. Un ruolo importante per lo sviluppo della “dolce vita”, è stato assunto dalla Contessa proprietaria della sopracitata rivista, che era organizzatrice delle serate mondane, finalizzate anche per le esigenze degli americani, che tornavano dal fronte, ma soprattutto per consentire loro di fraternizzare con gli italiani. Altro importante obiettivo era rappresentato dal vitalizzare i luoghi di Via Veneto e stimolare la rinascita della città. Ennio Flaiano che frequentava Riccardi e suo padre, il poeta Cardarelli, Ilario Fiore e la Contessa organizzatrice dei festini, ha preso l’ispirazione in questi ambienti e dal vero paparazzo, amico e reale fotografo della “dolce vita” per scrivere la storia autobiografica, dalla quale è stato tratto il film omonimo, diretto nel 1960 magistralmente dal Regista Federico Fellini, vincitore della “Palma d’oro” al 13° Festival di Cannes. Carlo Riccardi continuò a raccontarci la sua vita, che definì giustamente a tratti rocambolesca:“…Negli anni 1951-1952 lavoravo al “Giornale d’Italia”, che aveva l’edizione serale e collaboravo la notte al giornale “Il Tempo”. A quell’epoca era Direttore e proprietario, Renato Angiolillo, che decideva personalmente i suoi collaboratori con i quali era molto esigente, dovevano infatti rispettare dei canoni di alta professionalità. Ho manifestato sempre un grande amore per la fotografia, effettuavo foto per il giornale ed altre per soddisfare la mia passione”. Nel fotoreporter Riccardi, era “ancora vivo” il ricordo di un’amica giornalista, che era una grande scrittrice e lavorava al “Giornale d’Italia”. Si firmava Gianna Preda, il vero nome era Giovanna Predassi, lei e Maurizio Barenson, giornalista sportivo, che successivamente è diventato giornalista televisivo della RAI, gli hanno offerto dei validi insegnamenti per fare le fotografie, mentre Barenson gli ripeteva più volte studia i piedi del calciatore che va in attacco, così sai dove finisce il pallone. La Predassi condivideva questo assunto ed aggiungeva in questo mestiere, è fondamentale l’osservazione. Bisogna seguire sempre dove finiscono le cose. Lo aiutava inoltre nella scelta delle foto da distribuire ad altri giornali, che avevano finalità diverse. A volte gli diceva queste fotografie portale ai giornali, che prendono in giro tutti, come “Il Borghese”. Il giornale usciva ogni settimana e diversamente dalla maggiore parte, portavano il nome dell’autore. Altre volte gli suggeriva la “Tribuna Illustrata”, dove lavorava il grande pittore Mino Maccari, che faceva le caricature, amico di Marasco e di altri grandi futuristi: Boccioni, Cangiullo, Vittorio Piscopo, pittore napoletano morto nella terra natia nel 2004 alla veneranda età di 91 anni e “dulcis in fundo” dell’ideologo del futurismo, il poeta Marinetti. La vita di Carlo Riccardi, è stata sempre costellata dalle amicizie importanti: personaggi di grande spessore culturale e artistico. Lo stesso pittore Maccari, gli riconosceva che: “le fotografie erano delle caricature”. Anche la serie di foto fatte ad Amintore Fanfani, dove oggi c’è il Ministero dell’Interno e all’epoca c’era la sede del Governo, per il caricaturista Maccari: “erano una presa in giro”. La chiave di lettura era la stessa anche per Fanfani, che a tale proposito si era informato sulla persona di Riccardi e avendolo incontrato dopo alcuni giorni presso la Sede del Governo, l’aveva apostrofato “pappataci”. Il fotoreporter ignorando il significato della parola, aveva raccontato l’episodio e chiesto spiegazioni all’amico Ennio Flaiano. Il quale aveva immediatamente precisato il significato della parola: pappataci, è un dittero che pizzicandoti ti provoca la febbre per alcuni giorni”. Aveva anche aggiunto: tuo padre vende i libri approfitta e leggili, troverai anche una derivazione del termine dal latino “pappataceus”. Con la sottile ironia ed il sorriso malizioso aveva generato “un latino maccheronico” o probabilmente aveva fatto derivare la parola dai due verbi latini pappo-as-avi-atum-are e taceo-es-tacui-tacitum-ere. Quando successivamente è uscito il film “La Dolce Vita”, Carlo Riccardi ha chiesto a Tazio Secchiaroli chi era il fotografo denominato paparazzo, il quale tempestivamente gli aveva risposto di non saperlo. Ne era a conoscenza Flaiano che l’aveva codificato. Per Ennio Flaiano: “…Carlo Riccardi era il paparazzo, il termine dispregiativo di pappataci. In tanti posti in dialetto li chiamano paparazzi”. Flaiano aveva una buona memoria e quindi nello scrivere la storia “La Dolce Vita”, aveva preso l’ispirazione dalla parola utilizzata da Amintore Fanfani. Ennio Flaiano ha avuto un ruolo importante nella vita di Carlo Riccardi. Nel periodo del 1948 quando frequentava il “Caffè Strega”, Carlo Riccardi, ricordava con grande emozione: “…mi aveva invitato come fotografo ad andare a casa della Signora Bellonci, poiché il locale era frequentato da diversi scrittori e si parlava di organizzare un Premio per la narrativa. Ed io l’ho seguito come era mia abitudine. Quello era l’esordio del “Premio Strega”, che ha acquisito negli anni una grande notorietà. La prima Edizione risale al 1948 ed il vincitore è stato Ennio Flaiano. Ogni anno si ripete a Valle Giulia presso il Museo Etrusco, dove io partecipavo per fotografare i vincitori, ma soprattutto in queste celebrazioni avevo il piacere di incontrare gli amici con i quali ci frequentavamo alla fine degli anni ’40 – ’50, come ad esempio, il Dott. Bisiac ed il Prof. Mirabella. In quelle occasioni si incontrano gli scrittori italiani, quelli della grande cultura”. Nella panoramica dei misteri della “dolce vita”, in questo mondo fantastico ad onore del vero, dovrebbe essere fatta qualche precisazione sul “Cafè de Paris”. All’epoca del film di Federico Fellini, come ci informa Riccardi, era all’inizio dell’attività. Il cameriere dell’Excelsior, Giorgio Ranieri, convince il suo amico a prendere il Bar dell’Excelsior per fare un grande Bar nel 1956, che prende il nome di “Cafè de Paris” e ne diventa l’animatore. Al principio non andava bene, ma fortunatamente interviene Buffardeci, un italoamericano, che veniva dal sudamerica, proprietario di miniere di diamanti. Ha acquistato il locale e gli ha dato vita. L’uscita del film di Federico Fellini, ha contribuito notevolmente ad accrescerne la notorietà. Queste informazioni mi lasciano perplesso sul vero ruolo di questo locale nella “dolce vita”, nonostante la meraviglia ed il disorientamento che provocano non turbano la parte finale della chiacchierata, nella quale ho potuto soddisfare altre mie curiosità per sapere quando e come ha conosciuto, Antonio de Curtis, Totò, il Grande Artista dalla Straordinaria Umanità. Riccardi amorevolmente cattura dalla mente vecchi e piacevoli ricordi:”…La prima volta l’ho incontrato a Napoli. Lavoravo nel periodo della guerra al porto, che all’epoca bombardavano. Andavo a dormire nel Palazzo dove si trovava il noto Teatro “Trianon”, fino al terzo piano c’erano rifugiati e sbandati. Dalla finestra si sentivano le voci di De Filippo e di Totò. Un giorno ho aspettato tanto tempo che uscissero dal Teatro. L’attesa alla fine è stata ripagata bene. Sono riuscito a vedere, nonché a parlare con Totò, che era stato disponibile e cordiale. Gli avevo raccontato che prima della guerra facevo il fotografo. E lui mi aveva confessato che gli piaceva tanto la fotografia, era amante dei fotografi futuristi ed era amico di Ludovico Bragaglia, uno di loro noto all’epoca. Tornato a Roma continuai a fare le fotografie in Via Veneto, dove ci fu una serata alla quale era presente Totò. Ricordo che c’erano anche: Mike Bongiorno, appena arrivato dall’America, Gino Cervi, Aldo Fabrizi, Amedeo Nazzari, Alberto Rabagliati, Anna Magnani. La mia attenzione era catalizzata particolarmente sul grande Totò. L’ho fotografato, ci ho parlato ed ho ricordato il primo incontro al Trianon. Manifestò il desiderio di rincontrarsi, voleva conoscere maggiormente il mondo della fotografia, ma non fissammo alcun appuntamento. Dopo un certo lasso di tempo, lo incontrai casualmente, mentre stava girando un film alla “De Paolis” in Via Tiburtina nei primi anni ’50. In quell’occasione mi ha invitato a casa, dovevo spiegargli l’uso di una macchina fotografica giapponese, che gli avevano regalato, la “Canon”. Dopo alcuni giorni sono andato a trovarlo a casa, che era bellissima ed arredata con straordinaria eleganza. Altri incontri nella sua abitazione si sono susseguiti nel tempo. Quel giorno gli avevo fatto notare che l’oculare del mirino della “Canon” era piccolo. Pertanto la difficoltà si manifestava per tutte le persone. A quel punto gli ho suggerito di comprare una macchina fotografica con un grande angolo, di posizionare l’obiettivo in direzione del soggetto che deve essere fotografato, di appoggiarlo sulla guancia o sulla testa e di non guardare nel mirino, perché riprendeva da un angolo all’altro. Totò aveva prontamente ascoltato il consiglio. Inoltre gli aveva suggerito di sviluppare le foto dal suo amico, che era anche mio amico, un fotografo futurista, il quale doveva centrare solo la parte che interessava della fotografia e bisogna riconoscere che lo faceva benissimo”. Come si evince, la vita di Carlo Riccardi è veramente interessante. Questo profilo certamente non possiamo considerarlo esaustivo. Mi preme ricordare che nel corso della sua lunga esistenza, tra i suoi impegni professionali, ha svolto l’attività di fotografo per “l’Osservatore Romano” della domenica con il Prof. Zuppi; il settimanale “Famiglia Cristiana”; “Il Tempo”; “Il Giornale d’Italia”; nonché corrispondente da Roma del “Corriere della Sera”. Carlo Riccardi ha un archivio che conta oltre un milione e trecentomila istantanee. In circa 60 anni di attività, ha fotografato molti Capi di Stato, sei Pontefici, politici, personaggi della cultura e dello spettacolo. Ha fermato lo sguardo con il suo “magico clik” sui grandi interpreti, che nel periodo successivo alla seconda guerra mondiale, hanno contribuito alla crescita del Cinema italiano in tutto il mondo. Riccardi con il trascorrere degli anni, dopo avere raggiunto importanti risultati nell’arte della fotografia, ha ampliato i suoi interessi culturali, stimolando ulteriormente la creatività, attraverso l’uso dei pennelli e dei colori. Ha infatti ottenuto anche nell’arte pittorica, straordinari ed incredibili risultati nell’uso delle diverse tecniche: tempere, colori ad olio e acrilici. Le sue opere sono intrise di pathos, che coinvolgono emotivamente i fruitori delle stesse, stimolati altresì dall’effetto materico. Il suggestivo cromaticismo dei colori, ha contribuito ulteriormente alla grande affermazione dell’artista stimato ed adeguatamente quotato. Ha ricevuto numerosi premi, tra i quali il primo Premio “Città Eterna” in Campidoglio a Roma in “ex aequo” con “il collega del pennello”, Amintore Fanfani, entrambi amici del pittore Montanarini, compaesano di Fanfani, che è stato Direttore dell’Accademia delle Belle Arti; il Premio di Via Condotti con una Giuria prestigiosa, della quale facevano parte, Guttuso e Cagli; Premio “Tavolozza d’oro” al più grande Premio di estemporanea europea a Marina di Ravenna; Premio medaglia d’oro di pittura paesaggistica al “Giugno Napoletano”; la medaglia d’argento della Presidenza della Repubblica, presso la Camera dei Deputati al Concorso Internazionale “Antonio de Curtis, Totò”; etc…Sono state organizzate Mostre fotografiche e pittoriche del Maestro Riccardi nei diversi continenti, accompagnate da un’adeguata informazione, infatti gli sono state dedicate dalla stampa straniera intere pagine di giornali, come ad esempio in Cina. Riccardi, artista di grande spessore culturale, apprezzato a livello internazionale, ha manifestato nel corso della sua vita, altresì una continua sensibilità sociale, manifestando una particolare disponibilità per i “meno abbienti”, con frequenti interventi umanitari ed ha vissuto sempre la sua quotidianità con modestia. E’ stato Fondatore del Movimento della “Quinta Dimensione”, che in passato ha fatto parlare molto. Dalla controversia giuridica scaturita ha ottenuto la sentenza favorevole del famoso Giudice Manlio Cruciani (ha collaborato alla stesura della legge sulla stampa nel dopoguerra). Alcune delle sue opere appartengono a collezioni pubbliche e private; presenti anche in alcuni Musei: Museo di Arte Sacra di Reggiano e Museo di Arte Sacra di Taranto, Museo di Roma, Museo del Cinema di Roma, Museo di Basilea in Svizzera e da alcuni anni è presente con una Mostra dedicata a Carlo Riccardi-Totò, unitamente alle opere di alcuni famosi artisti, presso il Museo Diocesano S. Matteo di Salerno, offerti temporaneamente dall’Associazione Amici di Totò…a prescindere! – Onlus, con contratto di Comodato gratuito di Beni Mobili, regolarmente registrato, nel quale abbiamo posto delle condizioni, che già da un lungo lasso di tempo non sono state rispettate, come abbiamo già precisato al Responsabile del Museo alcuni mesi fa. Pertanto in considerazione delle inadempienze, ci attiveremo prossimamente, per recuperare i beni mobili ed attribuirli gratuitamente ad un altro Museo o destinarli ad un’altra location, dove naturalmente devono essere osservate pedissequamente anche le condizioni sottoscritte dal Direttore del Museo, il Responsabile della Comodataria.