da Alfonso Malangone
SALERNO – La Sala dell’Augusteo è stata aperta, Giovedì pomeriggio, per la presentazione del PUMS – Piano Urbano della Mobilità Sostenibile – da parte dell’Amministrazione Comunale. A parlarne, c’erano il Sindaco, i due Assessori competenti per materia, il Responsabile del Settore Mobilità e due tecnici della Società incaricata della sua elaborazione. In sostanza, non mancavano le premesse per una folta partecipazione pubblica, come dimostrato dalla stessa scelta di usare l’Augusteo con i suoi 720 posti a sedere. Purtroppo, sono mancati i cittadini. E, infatti, nonostante lo slittamento di oltre mezz’ora dell’avvio dei lavori, per dare tempo ai ritardatari, i presenti non sono stati più di una ventina (fonte: laCittà). Nessuna sorpresa, però, perché l’estraneità dei cittadini alla vita della Comunità è ormai una certezza. Da tempo, Salerno è divenuta un contenitore di persone, non di anime. Tutto scorre tra la generale indifferenza o per rassegnazione, visto che le offerte di partecipazione, che pure ci sono, vengono quasi sempre considerate delle interferenze.
Stavolta, però, il coinvolgimento era imposto dalla Legge, perché è la stessa procedura per la elaborazione del PUMS a disporre precise consultazioni pubbliche: un incontro preliminare, una prima discussione per definire gli obiettivi, una seconda per la messa a punto del piano e, dopo la sua adozione, finali verifiche della progressione dei lavori e dell’idoneità delle soluzioni individuate (fonte: MIT).
Poiché le prime due fasi sono state già superate, l’incontro di Giovedì avrebbe dovuto consentire di riscontrare la coerenza delle ipotesi di progetto con le esigenze degli abitanti dei vari quartieri della Città. Purtroppo, si è capito subito che questa finalità sarebbe rimasta nelle intenzioni, poiché è stato chiesto ai tecnici di contenere “entro 15 minuti” i tempi di intervento ed è stato precisato che l’obbligo di chiudere il piano entro fine anno non avrebbe consentito di inserire qualcosa di nuovo, a parte piccole modifiche suggerite dai presenti. Peraltro, nel decreto del Ministro delle Infrastrutture del 12/11/2021, oltre alla scadenza inderogabile del 31/12/2022, è stabilito che: “Le risorse statali stanziate a decorrere dal 1° gennaio 2023 per i nuovi interventi per il trasporto rapido di massa e la mobilità ciclistica non possono essere assegnate a…Comuni superiori ai 100.000 abitanti che non abbiano adottato il Piano Urbano di Mobilità Sostenibile” (fonte: MIT). In sintesi: ‘niente PUMS, niente soldi’. Cioè, dopo i termini non rispettati del 2017 e 2019, il Ministero ha deciso di passare alle maniere forti, considerata l’indubbia rilevanza sociale della mobilità urbana. Da noi, poi, solo nell’Ottobre del 2019, grazie alla comprensione definita “caritatevole” dell’Università (fonte: Anteprima24), è stato possibile adottare il Piano Generale del Traffico Urbano – PGTU – previsto dall’art. 36 del Codice della Strada fin dal lontano 1995. Il PGTU, però, è un piano a breve scadenza che può favorire il riordino della circolazione, mentre il PUMS è uno strumento strategico a 10 anni, elaborato sugli altri documenti di pianificazione, che dovrebbe dar vita ad un sistema urbano con più elevata qualità della vita grazie alla migliorata accessibilità al trasporto pubblico, alla necessaria attenzione alla sicurezza stradale e alla salute, alla riduzione dell’inquinamento e del consumo di energia, all’utilizzo di modalità alternative per persone e merci. Non solo. Secondo l’Unione Europea, il PUMS deve generare ulteriori benefici per la collettività conseguenti alla riduzione dei costi, all’uso più efficiente delle risorse, alla pianificazione collaborativa tra le Strutture e cittadini per una nuova cultura pubblica in materia. Per tutto questo, le azioni da progettare devono mirare ad accrescere efficacia ed efficienza della mobilità integrandola negli assetti urbanistici e territoriali attuali e futuri. A tale riguardo, nel corso dell’illustrazione del piano è stato più volte precisato che il PUMS è ‘subordinato’ al PUC e che quest’ultimo è “l’unico documento di programmazione per il ridisegno urbano”. In verità, non tutti la pensano così. Anzi, c’è chi sostiene che il PUMS possa prevedere “interventi in variante a strumenti urbanistici vigenti, che saranno aggiornati secondo le procedure di legge” (fonte: A.Donati). Si può immaginare che questo sia riferito a tutte le infrastrutture, come reti di trasporto, stazioni, parcheggi, nodi di scambio e insediamenti edilizi. In sostanza, il piano non può essere solo ‘modellato’ sulla conformazione dei luoghi, ma deve essere l’occasione per rimediare all’eccesso di centralità che ha portato le Comunità a vivere solo ‘in centro’. Da noi, ad esempio, in cento anni, l’area economica più vitale si è spostata di 7/800 metri e, comunque, ancora va dal Teatro Verdi alla Stazione. Così, il decentramento amministrativo, commerciale e dei servizi diviene una scelta fondamentale per contrastare l’accesso obbligato e indiscriminato al cuore della Città. Su questo, per quanto sentito in sala, il progetto sarebbe carente, salvo errore, perché l’esame dei flussi sembra abbia riguardato solo l’aspetto quantitativo senza approfondirne le motivazioni per introdurre localizzazioni idonee a dirottarli nelle aree periferiche. Se, come Capoluogo di Provincia, Salerno è quotidianamente meta di ingressi per lavoro e affari, è evidente che non basta solo prevedere qualche parcheggio in più. Forse, è più opportuno pensare a qualche spostamento di attività/servizi in più. Per il resto, i dati statistici elaborati hanno confermato quello che già si sapeva: da noi si usa l’auto perché non ci sono alternative. E, si sapeva pure, per il PGTU dell’Università, della necessità di avere grandi aree di parcheggio con le navette di collegamento, piste ciclabili, percorsi mobili e quelli protetti per pedoni e bimbi. Quello che sarebbe giusto sapere, è quando tutto questo si potrà realizzare, sia per i milioni – a centinaia – che ci vogliono, sia perché ancora non si sa, è stato detto, come fare i parcheggi al Cernicchiara, a Fratte e a via Ligea, come a San Leo, a servizio del Conservatorio nel quale l’auditorium continuerà a restare chiuso. Così, c’è da temere che l’incontro sia stato solo un ‘frettoloso’ obbligo di Legge e che il PUMS sia destinato a restare un esercizio tecnico, come lo è stato il PGTU. Del resto, non può bastare un semplice piano della mobilità per smuovere una Città resa immobile dal cemento del PUC. Ma, questo, nessuno lo dice.
Alfonso Malangone – Ali per la Città – 14/11/2022