da Alfonso Malangone
(Ali per la Città)
SALERNO – La vicenda della refezione scolastica è finita in Tribunale o, meglio, ha mosso i primi passi per arrivarci. C’è chi parla del rispetto della Sentenza della Corte di Cassazione del 2019, restrittiva, chi si appella all’interesse legittimo riconosciuto dalla Sentenza del Consiglio di Stato del 2020, permissiva, e, infine, c’è anche chi si preoccupa delle esigenze del Bilancio Comunale. Posizioni rispettabili, frutto di valutazioni razionali del problema da parte di adulti responsabili, pronti a tutelare, con opportune argomentazioni, gli interessi di cui sono espressione. Tutto comprensibile, se non fosse che con alcuni episodi di questi giorni sembra siano stati superati i limiti imposti, a tutti, dal rispetto dovuto agli unici portatori di un interesse meritevole di protezione: i bimbi coinvolti.
E’ significativa, al riguardo, la notizia diffusa dalla stampa sul diniego opposto da alcuni Dirigenti Scolastici all’uso del cibo portato da casa, nel classico ‘panierino’, con l’invito ai genitori ‘non abbienti’ a ritirare gli alunni nell’intervallo della mensa (fonte: ilMattino). Un comportamento, se realmente tenuto, probabilmente pure legittimo, ma davvero inaccettabile perché assimilabile ad una vera e propria discriminazione per motivi economici. Una selezione realmente dirompente, per le mentalità dei bimbi allontanati dal gruppo. E, non solo per le loro. Né può sostenersi che, non avendo i giovanissimi il candore e l’ingenuità di una volta, la preoccupazione sia eccessiva, poiché una più precoce comprensione dei problemi della vita può spingere i più ‘vivaci’ ad assumere atteggiamenti di derisione e di presunta superiorità, primi germi di più pericolose convinzioni sociali che non è necessario chiarire. Così, sempre se fosse vero, c’è chi starebbe davvero assumendo una grande responsabilità, ben più grave di qualunque altra conseguenza, temuta o minacciata. Chi avesse posto in essere la condotta denunciata, dovrebbe riflettere sulla possibilità di aver ‘inoculato’ nelle loro fragili menti il virus della ‘diversità sociale’, con la conseguenza di indurre ‘chi non può’ a sentirsi escluso dal contesto e, magari, anche a vergognarsi della propria condizione. Detto, facendo salva ogni buona fede.
In verità, in tanto clamore, nulla si è sentito dire del diritto dei bimbi all’equilibrio ‘psicologico’ e alla formazione di una coscienza sociale secondo principi di equità e di giustizia. Per questo, è auspicabile che nell’attuale fase siano ripristinate, anche solo parzialmente, le precedenti quote-mensa per restituire al confronto una giusta dignità. Per tutti. Come è egualmente auspicabile che le discussioni possano proseguire secondo coscienze ‘irrazionali’, avendo come unico obiettivo il benessere psicologico dei giovanissimi. Sarebbe una svolta ‘morale’, di equità e di rispetto, resa obbligata dalle stesse motivazioni che hanno dato vita a questa ‘penosa’ situazione.
Il Comune ha aumentato le quote-mensa nell’ambito del piano di rientro da disavanzo ‘eccessivo’ prevedendo di incassare, nell’anno corrente, € 918.000 suddivisi tra cinque fasce di reddito Isee per un numero di pasti non ufficialmente noto, ma verosimilmente previsto in almeno 2.400 al giorno. Lasciando da parte la fascia 0, fino a € 6.000, che è gratuita, e l’ultima, a partire da € 24.001, che prevede una quota di € 5,95, sono le tre classi intermedie, da € 6.001 a € 24.000, a dover contribuire al risultato raccogliendo certamente la porzione maggiore di bimbi. Bene, facendo ogni possibile calcolo empirico, che conviene qui evitare, con riferimento ai redditi medi dichiarati dai cittadini, il ripristino delle quote precedenti – e solo di esse – potrebbe causare un minor introito compreso tra € 140.000 e € 170.000. E, quindi: “sono davvero questi gli importi che possono salvare i conti pubblici”? Con un Bilancio in squilibrio per cifre imponenti, pari a 201,9milioni nel 2020, poche migliaia di euro sono così insignificanti da rendere incomprensibile il braccio di ferro in atto.
Peraltro, nei giorni scorsi, si è letto sui mezzi di informazione che, a partire da quest’anno, cominceranno a crescere gli stipendi degli Amministratori e i ‘gettoni di presenza’ dei Consiglieri come disposto dall’ultima Legge di Bilancio 2022. L’incremento porterà lo stipendio lordo dei Sindaci di Città con oltre 100.000 abitanti a € 11.040 lordi, nel 2024, rispetto agli attuali € 7.000 circa. Per l’anno in corso, l’aumento sarà pari al 45% della differenza, per salire al 68% nel prossimo e arrivare al 100% a inizio 2024. Qualche giorno fa, poi, è stato pubblicato il testo della delibera di Giunta n. 355 del 17/10 che ha rivisto le soglie delle cosiddette ‘Posizioni Organizzative’ attribuite ai Funzionari dei Settori dell’Ente, con un aumento della spesa di € 150.000 nell’anno in corso e di € 240.224,19 nel 2023. Salvo errore.
Pagare molto chi si fa carico di responsabilità pubbliche, è un obbligo. Ma, qualche dubbio pure viene se, contemporaneamente agli aumenti, si dovesse arrivare a negare il pasto caldo ad un bimbo per imporre ai suoi genitori di pagare le conseguenze di uno squilibrio finanziario non certamente attribuibile a loro. Anche perché, se l’Ente vive le condizioni che vive, forse c’è qualcuno che potrebbe non aver fatto in pieno il suo dovere. In ogni caso, mettere gli incrementi dei pasti della mensa scolastica in un calderone dal quale attingere per pagare maggiori stipendi, quando c’è chi sta perdendo il lavoro a causa della crisi dilagante, con le attività che chiudono, e mentre cresce la fila di coloro che vivono grazie all’aiuto di Enti caritatevoli, qualche scompenso pure lo crea nella visione di una società solidale. Forse, si potevano attendere tempi migliori.
Così come, forse, si potevano fare scelte diverse per far contribuire i cittadini alle necessità dell’Ente, attribuendo la responsabilità della ‘selezione economica’ ad altre voci delle entrate, non ai pasti dei bimbi. Poiché sarà la vita a stabilire chi potrà frequentare una pizzeria e chi un ristorante stellato, ad essi si dovrebbero aprire tutte le porte, quantomeno quelle di una sala mensa.
Mortificarli, sottoponendoli a degradanti divisioni, non dovrebbe essere previsto dall’elenco delle cose possibili. Né dovrebbe essere consentito mettere ‘in piazza’ con gesti inopportuni le difficoltà di molte famiglie. Dicevano gli antichi: “quando Giove vuole perdere, toglie prima la ragione”. Siamo davvero persi.
Alfonso Malangone – Ali per la Città – 22/10/2022
Ineccepibile. Caro Alfonso dovrei astenermi dal sostenerti pubblicamentei data la stretta parentela fra noi: che potrebbe a qualcuno apparire sospettabile di bassa complicità familistica. Invece lo faccio, ricordando a qualche Educatore o Decisore che su temi siffatti e con destinatari così emotivamente esposti come sono i bambini, nascondersi dietro il “non mi compete” o il “non è previsto dall’offerta educativa” è un’infamia da ipocriti, e farne allontanare dalla mensa scolastica anche un solo, per motivi così, è bullismo di burocrati ottusi. Se questa città spegnesse una sola lampadina per ognuna delle creative istallazioni delle sue costosissime -artistiche?- Luci, di sicuro uscirebbe la scodella uguale per tutti. La tua battaglia sui conti di questa divisiva salerno è sacrosanta; ma forse non basterà una risata per seppellirli…