da Giuseppe Amorelli
(avvocato – scrittore)
ROMA – “L’imbroglio” è stato, giustamente, definito un atto di denuncia, dell’ennesima truffa, così come dice nella presentazione Giuseppe Cederna, l’ennesima imposizione dall’alto di un progetto che, a parole, nasce proprio per “salvaguardare la connettività delle regioni meridionali e la vocazione verde delle indicazioni europee… con l’obiettivo di un maggiore livello di sviluppo sostenibile sotto il triplice profilo ambientale, economico e sociale”.
Ma di verde, di connettivo, di sostenibile e di economico in questo progetto non c’è traccia.
Una irragionevole proposta tecnica, la definisce l’Autore, che, se attuata così come prevista, comporterà una lesione gravissima dell’integrità delle terre meridionali e uno spreco colossale di risorse finanziarie, che si trasformeranno in un debito aggiuntivo per le nuove generazioni, a dispetto del next generation e.u..
Lo scopo del volume, avverte Franco Maldonato, dunque, è quello di verificare la congruenza delle modalità esecutive del Piano rispetto alla strategia enunciata.
La prima di tali modalità è costituita dalla scelta del tracciato, che è anche la più rilevante perché incrocia tutti e tre i profili strategici, quello ambientale non meno che quelli economico e sociale.
Nella prefazione del libro, Mario Tozzi, sostiene che: ”c’è una preoccupazione etica di fondo che – mi rendo conto – non scalfisce i tecnici in senso stretto, ma che sembra importante per chi ha a cuore il mondo naturale inteso nel senso pieno del termine. Va messo un limite netto al diritto dell’uomo a imporre modifiche definitive all’ambiente che lo circonda, specie se queste hanno un impatto elevato. In altre parole chi decide che i nostri figli e nipoti dovranno accettare un’opera come quella? Quale giustizia intergenerazionale ci manderebbe assolti dall’aver modificato per sempre uno spazio naturale, storico e mitologico che poteva essere goduto anche dai nostri discendenti così come era pervenuto a noi.”
Il tema della ‘lotta’ per l’affermazione e la tutela dei diritti civili e sociali appartiene all’indole e alla cultura di Franco Maldonato; e questo suo ultimo ‘scritto’ è come se fosse un altro episodio della stessa medesima storia, forse infinita, di un popolo, quello cilentano, la cui terra è straordinariamente contraddistinta da bellezze paesaggistiche, ma i cui abitanti sono politicamente e socialmente trascurati e abbandonati, ma non per questo arrendevoli, al contrario, consci di questa condizione, sempre disposti ad insorgere. Non a caso Maldonato è autore di un altro libro ” La rivolta di Sapri” ove riporta in auge la rivolta del popolo di Sapri , alla fine degli anni 70 a salvaguardia dell’Ospedale civile. Anche in quell’epoca, un’altra generazione cilentana si ribella, a tutela di un sacrosanto diritto: quello alla salute.
L’invito che proviene da Franco Maldonato, con la sua opera, è che dobbiamo tendere, in ogni momento del nostro cammino, alla ricerca del vero, alla difesa del vero, al culto del vero, all’accertamento, quasi sempre arduo, del vero, perchè la verità è un valore fondamentale per la democrazia, la verità è illuminante e ci aiuta ad essere coraggiosi.
Gia nel suo romanzo “Teste Mozze“, Maldonato lanciava un messaggio alle nuove generazioni, che oggi rinnova ovvero che per far vivere la democrazia, conquistata, non basta la ragione codificata nella norme della costituzione, ma occorre che dietro di essa vi sia la vigile ed operosa presenza del costume democratico che voglia e sappia tradurla. “La ipertrofia dei diritti distrugge la democrazia se la stessa non è sorretta dal buon costume e dall’educazione”: così si esprimeva Tocqueville nella Democrazia in America .
Anche in questa sua ultima opera, Franco Maldonato ribadisce un concetto basilare e dal valore universale: il vero senso della vita non consiste nel conseguimento della nostra felicità individuale ma sicuramente nella conquista di un benessere per tutti gli esseri umani. La felicità collettiva non fine a sè stessa ma come strumento per il miglioramento dell’umanità.