SEV SPA LUCE E GAS – O MANGIA QUESTA MINESTRA O SI BUTTA DALLA FINESTRA (segue, da ieri)

 

 

da Alfonso Malangone

(Ali per la Città)

 

SALERNO – La seconda richiesta di chiarimenti sulla SEV Spa, da parte di alcuni pazienti lettori, era relativa alle possibili conseguenze dell’operazione di acquisto di una Società, nel 2021, in attuazione di un progetto di crescita imprenditoriale predisposto dal gruppo Iren.

E’ necessario premettere che SEV, dopo la fusione del 2016 di cui si è parlato ieri, ha strutturato la sua presenza in nuove aree della Campania, Basilicata e Puglia, aprendo ‘store’ per il contatto diretto con la clientela e offrendo pacchetti concorrenziali per le forniture di luce e gas.

Nel triennio 2019-2021, sono cresciuti il numero dei rapporti gestiti, da 127mila a 170mila, il fatturato, da € 55,3milioni a € 89,2milioni, e tutti gli indicatori significativi di Bilancio. Solo il risultato di esercizio è divenuto negativo, passando da + € 2,2milioni a – € 187.713. Questo, però, potrebbe essere la conseguenza dei maggiori costi a sostegno della crescita che non hanno generato la redditività attesa. Accade in ogni azienda, come ben sanno gli imprenditori. In sintesi, SEV è ormai inserita a pieno titolo nell’’offensiva’ commerciale portata avanti da Iren con investimenti in infrastrutture e acquisizioni di aziende che, nel prossimo decennio, dovrebbero raggiungere i 12,7miliardi di euro. In verità, Iren è davvero un colosso dell’energia, con un patrimonio netto di 2,0miliarrdi, un fatturato di 4,9miliardi e oltre 9.000 dipendenti, nel 2021 (fonte: Bilancio, pag. 10 e ss.).

In questo scenario, va inquadrato il progetto di acquisto di una Società di distribuzione gas di Avellino dotata di un portafoglio clienti di ben 53.000 posizioni con prospettive interessanti in termini economici e finanziari. Conferendo a SEV il compito di acquistarla per incorporazione, forse Iren ha voluto sfruttare i vantaggi della vicinanza territoriale e delle innovazioni organizzative e tecniche già introdotte nella nostra partecipata.

Così, nel Bilancio 2021 di SEV, l’Attivo Patrimoniale di Bilancio è cresciuto per € 30.222.876, pari al costo di acquisizione, ma è cresciuto, di contro, anche il Passivo, per € 37.650.063,75, in conseguenza di una operazione interna definita di ‘tesoreria intercompany’. Cosa significa? Significa che Iren ha finanziato l’operazione ‘prestando’ il danaro ed è divenuta creditrice di SEV. Tra l’altro, questo ha fatto aumentare i debiti complessivi di SEV nei suoi confronti fino al totale di € 66.837.632.

In termini imprenditoriali, il progetto appare impeccabile, essendo strutturato nel rispetto delle classiche operazioni del sistema capitalistico. Ma, in termini societari, c’è parecchio da dire, osservando, in primo luogo, che SEV è un’azienda pubblico/privata nella quale la nostra Holding e, quindi, il Comune e, quindi, i cittadini, sono presenti con il 48,82% del Capitale e di qualsiasi altra voce di Bilancio. Per questo, appare molto grave che le dimensioni di Iren, davvero enormi, possano ‘coinvolgere’ la Comunità in operazioni ‘di rischio’ rendendo i salernitani ‘grandi’  imprenditori e ‘grandi’ debitori senza apparenti utilità sociali. Neppure con riferimento ai posti di lavoro assicurati, visto che sono solo 32, a fine 2021. Se proprio vogliamo dire, SEV è oggi ‘invischiata’ in operazioni nelle quali la Holding non ha ‘voce in capitolo’ a causa della sua evidente posizione subalterna, come già abbiamo visto ieri. Ma, c’è anche di più. Nel Bilancio 2021, si legge che il progetto di Iren è stato votato favorevolmente dal Consiglio di Amministrazione in Seduta Straordinaria e, quindi, con la maggioranza dei 2/3 dei cinque componenti, di cui tre di nomina Iren. Lo Statuto dispone che per le operazioni della specie è indispensabile il voto favorevole del Presidente, che è nominato da Holding. Questo vuol dire che, o tutti e cinque sono stati a favore, o che lo sono stati almeno i tre di Iren e il Presidente. Poteva, quest’ultimo, esprimere voto contrario? Si, poteva farlo. Ma, lo Statuto recita: “…in caso di mancata adozione di una delibera relativa a una Materia Speciale (nota: tra cui le acquisizioni) anche a seguito del voto contrario espresso dal Presidente, l’Amministratore Delegato (nota: di nomina Iren) può proporre nuovamente al Consiglio di Amministrazione la medesima delibera decorsi 20 giorni; in questo caso, tale delibera potrà essere assunta a maggioranza semplice del Consiglio di Amministrazione…e, qualora la delibera venga effettivamente assunta a maggioranza semplice, il socio che ha designato tutti gli amministratori che hanno votato contro l’adozione della stessa avrà diritto di exit ai sensi dei successivi articoli 27 e 28” (fonte: Statuto, art. 20.5). Abbiamo già detto, ieri, che le conseguenze dell’exit sarebbero molto pesanti. Cosa pensare? In francese, si potrebbe sostenere che la Holding sia in un ‘cul de sac’. Ovvero, parafrasando: “o mangia questa minestra, o si butta dalla finestra”. Il punto è che tutto questo è avvenuto ‘consapevolmente’ perché è impensabile che i responsabili del Comune e della Holding fossero ‘inconsapevoli’ quando hanno firmato lo Statuto. E, quindi, se l’accordo-quadro del 2007 e il contratto di fusione nel 2016 appaiono davvero ‘penalizzanti’, sarebbe doveroso spiegarlo ai cittadini. Invece, i documenti neppure sono presenti sul sito del Comune e delle Società, salvo errore. E, quindi, una domanda è spontanea: “avete letto bene, quando avete firmato per una Vostra inutile presenza”? E, poi: “quali vantaggi pensavate di apportare alla Comunità facendo diventare i cittadini ‘imprenditori’ a loro insaputa e in condizioni di piena sottomissione”? E, poi, visti i problemi attuali del mercato dell’energia: “cosa succederà se ci dovessero essere altre perdite di Bilancio”? Cioè: “chi ci metterà i soldi”? Sono domande alle quali sarebbe doveroso rispondere pubblicamente per tranquillizzare e, soprattutto, per indicare una ‘via di uscita’ senza danni anche se, pur denegando l’ipotesi, la quota di Capitale di € 1.616.786 sembra ormai priva di valore, salvo errore.

La dott.ssa Adinolfi, Assessora al Bilancio, il Sindaco, gli Assessori e i Consiglieri che hanno approvato le operazioni e i Bilanci dovrebbero chiarire, prima che eventi sventurati possano rendere la vicenda oltremodo pericolosa. I cittadini non hanno interesse a fare gli imprenditori, ancor più se questo significa assumere rischi enormi, riempirsi di debiti e fare altri sacrifici. Bastano quelli che sono costretti a fare per risanare il Bilancio.

(P.S.: i dati esposti, tratti da siti ufficiali, sono forniti in buona fede, senza responsabilità e salvo ogni errore)

Alfonso Malangone – Ali per la Città – 23/09/2022

 

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