di Giuseppe Amorelli
(avvocato – scrittore)
Il 7 settembre del 2005 ci lasciava Sergio Endrigo, uno dei poeti della canzone italiana, a cui dette dignità e dimensione culturale, una musicalità la sua contrassegnata da una vena malinconica ed amara. In una storia della canzone italiana va posto a fianco di Gino Paoli, Fabrizio De Andrè, Luigi Tenco, Bruno Lauzi, Enzo Jannacci e Giorgio Gaber autori e cantanti che portarono una ventata di rinnovamento nel chiuso panorama musicale italiano ancora attardato alle rime cuore-amore. Nel 1961 partecipa al Festival di Diano Marina con il brano scritto da Gino Paoli “Gli innamorati sono sempre soli”. E’ nell’anno 1962 che arriva uno dei suoi primi successi con il brano intitolato:” Io che amo solo te”. Interpreta il brano “Il soldato di Napoleone” con testi di Pier Paolo Pasolini. Dice di lui Giancarlo Governi: “Nel 1967, l’anno del suicidio di Tenco, è sesto nel festival di San Remo, con:” Dove credi di andare”, ma nel 1968 – il mitico ’68 dove si agitano le tensioni sociali che stanno per sconvolgere la società, cambia anche il modo di fare musica. Quel suo verso romantico e disperato, risulta essere più rivoluzionario di qualsiasi slogan e riesce finalmente a fare centro con: “ Canzone per te”, cantata in coppia con il brasiliano Roberto Carlos. E’ la storia di un amore finito ma che “è stato tanto grande e ormai non sa morire”. Qualcuno dirà che la canzone è sì bella, ma che la vittoria è giunta anche grazie ad una sorta di risarcimento del pubblico verso Luigi Tenco e la categoria dei cantautori. Nel 1995, scrive un romanzo intitolato “Quanto mi dai se mi sparo?”, pubblicato da Stampa Alternativa. In seguito, contesta a Luis Bacalov, autore del tema musicale del film “Il postino”, uscito nel 1994, la paternità del motivo, che risulta molto simile a “Nelle mie notti”, un brano scritto da Sergio Endrigo venti anni prima insieme con Riccardo Del Turco. Ma la sua fama oggi è ancora più rimarcata in quanto fu un profugo che insieme a tanti italiani dovette lasciare Pola, la città dove era nato e che per lui era diventata straniera. Stupenda una sua poesia intrisa di una stupefacente attualità: “1947”
Da quella volta
non l’ho rivista più,
cosa sarà
della mia città.
Ho visto il mondo
e mi domando se
sarei lo stesso
se fossi ancora là.
Non so perché
stasera penso a te,
strada fiorita
della gioventù.
Come vorrei
essere un albero, che sa
dove nasce
e dove morirà.
È troppo tardi
per ritornare ormai,
nessuno più
mi riconoscerà.
La sera è un sogno
che non si avvera mai,
essere un altro
e, invece, sono io.
Da quella volta
non ti ho trovato più,
strada fiorita
della gioventù.
Come vorrei
essere un albero, che sa
dove nasce
e dove morirà.
Come vorrei
essere un albero, che sa
dove nasce
e dove morirà!