da Pietro Cusati
L’Italia occupa il decimo posto nella classifica dei Paesi europei con il più alto tasso di suicidi dietro le sbarre ,dall’inizio del 2022 sono morte già 51 persone dietro le sbarre per un gesto estremo. “E’ cresciuto il numero di suicidi in carcere negli ultimi mesi, superiore di oltre dieci unità rispetto allo stesso periodo del 2021, lo ha detto il Garante Nazionale delle persone private della libertà Mauro Palma.A fine 2021, il tasso era pari a 10,6 suicidi ogni 10 mila persone detenute. I dati segnalano un altro problema: la fascia più rappresentativa è quella più giovane con 14 persone decedute di età compresa tra i 20 e i 30 anni. Nei giorni scorsi ,presso il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, si è svolto l’incontro tra il Capo del Dipartimento, dott. Carlo Renoldi e una delegazione dell’Unione Camere Penali Italiane, composta dal componente di Giunta Avv. Carmelo Occhiuto e dai responsabili dell’Osservatorio Carcere, Avv.ti Gianpaolo Catanzariti e Riccardo Polidoro. L’incontro, al quale ha partecipato anche il vicecapo del DAP dott. Carmelo Cantone, era stato richiesto lo scorso 7 agosto dall’UCPI a seguito dei numerosi suicidi avvenuti in questi giorni negli istituti di pena. Vi è stato un confronto lungo e sereno sulle problematiche che, da tempo, affliggono l’esecuzione penale e verso le quali la Ministra Cartabia ha sempre mostrato particolare sensibilità e interesse. In particolare in merito ai suicidi i penalisti italiani hanno sollecitato l’incremento delle visite e delle telefonate con i familiari e una maggiore integrazione dei detenuti con la vita stessa del carcere per limitare la sensazione di abbandono. Quanto alla recente circolare del DAP, inviata alle direzioni degli istituti per i recenti e numerosi suicidi, pur apprezzandone il contenuto, i penalisti hanno evidenziato l’inapplicabilità per assoluta mancanza di figure professionali specifiche, quali gli stessi direttori, gli psicologi e gli educatori. L’UCPI ha poi richiesto l’istituzione di un tavolo permanente nazionale presso il DAP e di tavoli permanenti presso i provveditorati regionali, a cui parteciperanno i rappresentanti dei soggetti direttamente interessati alla detenzione: Magistratura, Amministrazione Penitenziaria, Avvocatura, Garanti. I tavoli consentiranno di rilevare immediatamente problematiche di carattere generale ed individuale, favorendo il necessario e rapido intervento. I tavoli regionali avranno il compito, con interlocuzioni immediate e con riunioni periodiche, di verificare e monitorare la situazione nel Distretto, con particolare riferimento a criticità generali e individuali, che potranno essere segnalate al tavolo permanente nazionale. È stata ricordata l’importanza della partecipazione dell’Avvocatura, che ha un contatto diretto con i detenuti e con i loro familiari.Il Dott. Renoldi ha ritenuto la proposta molto interessante e la stessa sarà esaminata a partire dal mese di settembre, al rientro di tutti i direttori generali del dipartimento. Con la riforma della giustizia penale che la Ministra della Giustiza Marta Cartabia ritiene di affrontare . La riduzione dei cosiddetti “liberi sospesi”, cioè coloro che vengono condannati con pene non superiori a 4 anni, quindi non vanno in carcere, sono “liberi”, ma poi restano in una sorta di limbo, quindi sono “sospesi”, in attesa comunque di scontare la pena. Il capitolo della “giustizia riparativa”, una realtà “che oggi si sta facendo sempre più strada a livello internazionale e che si affianca, senza sostituirsi, al processo e all’esecuzione penale”. Un programma che consente alla vittima, alla persona indicata come autore dell’offesa e ad altri soggetti appartenenti alla comunità, di partecipare liberamente, in modo consensuale, attivo e volontario, alla risoluzione delle questioni derivanti dal reato, con l’aiuto di un terzo imparziale, adeguatamente formato, denominato mediatore. Per i cosiddetti “liberi sospesi”,il condannato chiede al giudice di sorveglianza una misura alternativa al carcere tra semilibertà, detenzione domiciliare, affidamento in prova al servizio sociale. Nel 2021 quasi 31mila condannati a pene sotto i 4 anni hanno ottenuto una misura alternativa senza entrare in carcere. Due persone su tre hanno avuto l’affidamento in prova. L’altra novità riguarda l’effettiva riscossione delle pene pecuniarie. Anziché ricorrere al recupero crediti di ispirazione civilistica, si passa al modello sperimentato in molti paesi europei, come Germania, Francia e Spagna: non è lo Stato, con enorme dispendio di risorse e scarsi risultati, a dover andare a cercare il condannato per recuperare il credito derivante dalla condanna alla multa, ma è il condannato, su intimazione del pm, a dover pagare, anche con modalità telematiche, entro 90 giorni dalla notifica dell’ordine di esecuzione della pena. Se non paga, la pena pecuniaria si converte in semilibertà, cioè l’obbligo di rimanere in carcere per almeno 8 ore al giorno. Quattro anni se a essere convertita è la multa, pena per reati più gravi, due anni se è l’ammenda, la pena per le contravvenzioni. Se il condannato paga la multa o l’ammenda, in ogni momento, la semilibertà cessa.