Aldo Bianchini
VALVA (SA) – D’estate, si sa, è lecito anche parlare e scrivere di “noir” in racconti che racchiudono, quasi sempre, i migliori elementi per le ricostruzioni di fatti e vicende che comunque appassionano e colpiscono l’immaginario collettivo. La riproposizione di fatti di cronaca nera nelle serate calde di luglio e agosto è diventato un classico, e le manifestazioni si rincorrono tra loro fino ad essere catalogate in specifici “festival” dal notevole successo nazionale come, da qualche anno, accade a Salerno per “SalerNoir festival – Le notti di Barliario”, giunto all’VIII edizione e ottimamente condotto dalla direttrice artistica Piera Carlomagno (giornalista de Il Mattino e scrittrice).
Ci sono delle storie che per ovvi motivi di attenzione di spazi sfuggono ai grandi festival estivi, storie che spesso vengono trascurate perché al di la dell’interesse che suscitano non trovano il giusto ancoraggio nell’interesse specifico delle istituzioni per l’opinione pubblica.
Per questa estate ho scelto due storie; la prima legata al cosiddetto “fantasma del castello” di Valva e la seconda relativa all’incerto suicidio di Edoardo Agnelli (rampollo della potente famiglia torinese ed unico figlio maschio dell’avvocato).
Per rispolverare la storia di Valva sono partito (il 5 giugno 2022) dalle nozze gay tra Ciro e Andrea (al secolo Ciro Colli e Andrea Cuozzo) che il sindaco Giuseppe Vuocolo ha difeso con convinzione e che per via delle più disparate prese di posizione ha riportato, comunque, al centro dell’attenzione il “castello di Valva” (Villa d’Ayala) e la sua presunta maledizione costruita negli ultimi decenni sulle cosiddette “morti sospette” legate tutte alla frequentazione del castello che a lungo è stato proprietà dello SMOM (Sovrano Militare Ordine di Malta).
Ma cos’è Villa D’Ayala nell’immaginario collettivo ?; provò a dare una spiegazione logica la notissima giornalista de Il Mattino “Erminia Pellecchia” che il 24 luglio 2014 così descrisse il leggendario maniero: <<La committenza del sogno, quello di un aristocratico colto e sensibile, innamorato dell’arte e della musica. Che, grazie a lui, abitano ancora oggi in una delle dimore più magiche del Sud Italia. Il marchesino Giuseppe, a Roma e Losanna, preferiva il solitario parco di quel palazzo sito in uno sperduto borgo dell’Alta Valle del Sele. Lì si aggirava tra i viali del giardino adorni di statue di dee e simidee. E nel fantastico teatrino di verzure, il gentiluomo, appassionato di musica romantica e compositore lui stesso, faceva ascoltare le sue partiture segrete ai muti spettatori di pietra. L’ultima committenza del sogno, una “casa per i musicisti” a Valva, rimase nel cassetto. Ma nel testamento, col quale donava -era il 1948- la villa all’Ordine di Malta, c’era la clausola di un concorso per giovani musicisti>>.
E poi ci sono loro, i misteriosi quattro morti di Valva a cominciare dal <<barone Christian von Hausckha Treuenfels>> che con la sua morte diede vita alla leggenda del <<fantasma del castello>> che accompagnerà, in un modo o nell’altro, anche le morti di Ottavio Fasano (docente universitario a Palermo), Giuseppe Vuocolo (custode del castello, “zi Peppe”) e Antonio Ferrigno (docente universitario in Olanda): tutte morti legate tra loro da un filo sottilissimo che cercheremo di spiegare caso per caso nel prosieguo di questo racconto; che vuole essere soltanto una riedizione di quanto già scritto qualche decennio addietro, tra contestazioni confuse e generiche da parte di alcuni (pochissimi) cittadini valvesi.
Una storia, la maledizione del castello, nata nel 1975 e addirittura portata in scena, a Villa d’Ayala, il 31 ottobre e il 1° novembre 2014 con il titolo “Il castello della paura”.