Aldo Bianchini
SALERNO – Edoardo AGNELLI, nato il 9 giugno 1954 New York e deceduto a Fossano (TO) per suicidio il 15 novembre 2000 a soli 46 anni di età, è ancora oggi discusso – descritto – odiato – amato ed anche apprezzato per le sue caratteristiche caratteriali tano diverse dal suo augusto genitore Giovanni Agnelli (detto Gianni l’avvocato) padre padrone della FIAT e di Marella Caracciolo di Castagneto (l’unica persona che lo ha forse amato sinceramente come figlio e come uomo).
In questi ultimi mesi, dopo numerosi speciali televisivi – racconti e libri, il suo personaggio è ritornato di grande attualità per via di alcuni video che raccolgono centinaia di migliaia di consensi sul web e in special modo sulle frequenze di You-Tube.
Il perché di tanta attenzione su un personaggio di secondo piano nella dinastia degli Agnelli suscita ancora oggi incertezze e perplessità sulla sua vita reale e sulle cause e circostanze del suo suicidio, ammesso che si sia realmente suicidato.
In questa breve storia di tre puntate cercherò di ripercorrere la storia giudiziaria che Edoardo ha subito dalla Procura di Salerno, una storia che potrebbe aprire nuovi scenari sulla verità comunque difficile da raggiungere.
L’ultima verità sulla morte di Edoardo Agnelli, unico figlio maschio dell’Avvocato, riporta a galla una ridda di opinioni e di smentite. Giuseppe Puppo, giornalista e scrittore leccese, nel suo libro “Ottanta metri di mistero – La tragica morte di Edoardo Agnelli” (edizione KOINè) in maniera quasi impeccabile ripercorre gli ultimi momenti della vita di Edoardo prima che il suo corpo, nella giornata del 15 novembre 2000, venisse ritrovato ai piedi di un viadotto della Torino-Savona alto, appunto, ottanta metri. L’autovettura del rampollo di casa Agnelli venne ritrovata sul viadotto regolarmente chiusa a chiave. Aveva scritto alla sorella Margherita, qualche giorno prima, una lettera inquietante: “Ho tanta paura. Nostro padre stia attento o risponderà a Dio delle sue azioni”. Nel libro Giuseppe Puppo sostiene che sulla morte di Edoardo non è stata detta tutta la verità. Forse. L’autore rivela che è stato indotto a scrivere il libro dai tanti, troppi misteri sulla morte del quarantaseienne Edoardo. Sempre secondo Puppo molti articoli di giornali, illazioni, notizie sui siti internet, il suicidio misterioso, l’esclusione di Edoardo da ogni ruolo, hanno fatto il resto. Come mai, si chiede poi l’autore, solo per la morte di Edoardo il caso è stato subito chiuso ? La prefazione del libro è dell’ex magistrato Ferdinando Imposimato che registra, non si schiera, ma lascia aperta la porta all’ipotesi che qualcosa di diverso, da quello ufficialmente contenuto negli atti, possa essere accaduto. Il libro, insomma, riaccende i riflettori sulle zone buie, troppe, sulle quali nessuno ha mai voluto realmente fare chiarezza, confermando il serio sospetto che qualunque vicenda riguardi la famiglia più potente d’Italia sia destinata a smarrirsi nel silenzio. Inquieta la dichiarazione, contenuta nel libro, di Marco Bava (analista finanziario e molto amico di Edoardo) che si dice convinto che il suicidio sia una copertura e l’omicidio la verità. Anche il medico legale di turno si chiama fuori da quel pomeriggio e dice: “Io non c’ero”, scaricando ogni responsabilità del certificato di morte sul dottor Marco Ellena, suo superiore gerarchico, che compilò il referto con alcune imprecisioni dovute alla fretta (così si disse!!) per cui non venne approfondito il fatto che il giovane Agnelli aveva del terriccio sotto le unghie delle mani, difficile da spiegare per uno volato da oltre ottanta metri di altezza, così come i mocassini ancora ai piedi. Sceglie il silenzio, invece, il medico del 118 accorso per primo sotto il viadotto della morte. E ancora, la strana e ingiustificabile assenza dei due angeli custodi-guardie del corpo di Edoardo; così come le due ore impiegate per percorrere i sessanta chilometri tra casa Agnelli e il viadotto di Fossano. Il traffico telefonico sui due cellulari lasciati a bordo della Croma, la totale assenza di testimoni alle nove del mattino su un tratto di autostrada trafficatissima, l’abbigliamento del giovane con il pigiama sotto la camicia, l’assenza di impronte digitali sulle portiere e a bordo dell’auto, la sepoltura affrettata, l’esame autoptico mancante, tutti elementi che rendono ancora più denso il mistero. E come se non bastasse il frettoloso arrivo di una nuvola grigia e fastidiosa a coprire il tutto con la storia del “complotto sionista” giustificata dall’adesione nel 1974 di Edoardo all’Islam e sulle conseguenze che questa sua scelta avrebbe potuto avere sul futuro dell’azienda di famiglia. Tesi questa rilanciata in Iran nel 2005 con l’intitolazione di una piazza e di un’aula dell’università Al Zahra di Teheran; tesi costruita sul dissidio “religioso”, e non soltanto, con l’altro ramo di famiglia, gli Elkann legati al mondo ebraico. Tesi che, però, lo stesso Edoardo smentisce sempre nelle sue lettere all’adorata sorella Margherita. Insomma si è trattato di un suicido o è stato ucciso da un complotto ? Difficile, ovviamente, rispondere.
Da Salerno, per quanto può riguardarci, possiamo soltanto dire che la vicenda Edoardo Agnelli ha dei precisi ed incontestabili risvolti giudiziari. Due validi magistrati di Salerno, Alfredo Greco e Marcello Rescigno, nel 1993 furono gli autori di una delle più sconcertanti ed avvincenti inchieste giudiziarie del dopoguerra, almeno per il distretto nostrano. “Ragazzi, stavolta abbiamo messo le mani su qualcosa di veramente grosso” fu il commento a caldo dell’allora pm dell’antimafia Alfredo Greco all’indomani di alcuni arresti concernenti la vicenda dei falsi CCT. Due nomi eccellenti figuravano negli atti dell’inchiesta, quello di Edoardo Agnelli e quello di Maurizio Graziani (medico di famiglia degli Agnelli e dei Principi di Monaco). Un’inchiesta, quella di Greco e Rescigno, che prenderà il nomignolo di “PIPPO” e che presto sarà dimenticata. Nelle prossime puntate ripercorreremo la storia di quell’inchiesta inquietante ma, per tanti versi abbastanza credibile.