da Pietro Cusati
La Commissione europea ha sollecitato l’Italia di un intervento legislativo capace di bilanciare la difesa dell’attività giornalista con la tutela della reputazione individuale.. La Commissione Europea ha pubblicato la relazione annuale sullo Stato di diritto. Quattro le aree delle raccomandazioni ai singoli Paesi, il cui obiettivo è incoraggiare gli stati “a portare avanti le riforme già avviate o previste e aiutarli a individuare gli ambiti in cui sono necessari miglioramenti. Riforme della giustizia, Quadri anticorruzione, Libertà e pluralismo dei media, Bilanciamento dei poteri istituzionali. La Commissione ha richiamato l’Italia su varie questioni nelle quattro aree, e in particolare sulla necessità di un maggiore sostegno e protezione della libertà di stampa, anche a causa della mancata riforma della Legge sulla diffamazione. La Corte Costituzionale aveva già dichiarato incostituzionale la previsione dell’obbligo della pena detentiva per il reato di diffamazione a mezzo stampa. La minaccia dell’obbligatoria applicazione del carcere può produrre l’effetto di dissuadere i giornalisti dall’esercizio della loro cruciale funzione di controllo dell’operato dei poteri pubblici. Le norme che obbligano il giudice a punire con il carcere il reato di diffamazione a mezzo della stampa o della radiotelevisione, aggravata dall’attribuzione di un fatto determinato, sono incostituzionali perché contrastano con la libertà di manifestazione del pensiero. Tuttavia non è di per sé incompatibile con la Costituzione che il giudice applichi la pena del carcere a chi, ad esempio, si sia reso responsabile di campagne di disinformazione, condotte attraverso la stampa, internet o i social media, caratterizzate dalla diffusione di addebiti gravemente lesivi della reputazione della vittima e compiute nella consapevolezza da parte dei loro autori della oggettiva e dimostrabile falsità degli addebiti stessi.
Chi ponga in essere simili condotte, eserciti o meno la professione giornalistica, non svolge la funzione di “cane da guardia” della democrazia, che si attua tramite la ricerca e la pubblicazione di verità “scomode”, ma, all’opposto, crea un pericolo per la democrazia. Escluso il contrasto con la Costituzione dell’articolo 595, terzo comma, del codice penale, che in caso di condanna prevede, in alternativa fra loro, la pena della reclusione ovvero della multa. Il diritto di cronaca e di critica esercitato dai giornalisti costituisce pietra angolare di ogni ordinamento democratico, la reputazione individuale sia del pari un diritto inviolabile, strettamente legalo alla dignità della persona e, pertanto, aggressioni illegittime a tale diritto» possono pesantemente incidere sulla vita delle vittime. La pena del carcere non è di per sé incompatibile con la libertà di manifestazione del pensiero, ma va applicata solo in casi di eccezionale gravità. Al di fuori di quei casi eccezionali, del resto assai lontani dall’ethos della professione giornalistica, la prospettiva del carcere resterà esclusa per il giornalisti, così come per chiunque altro che abbia manifestato attraverso la stampa o altri mezzi di pubblicità la propria opinione. Il presidente dell’Ordine dei Giornalisti, Carlo Bartoli, ha commentato il richiamo della Commissione europea all’Italia sui temi della libertà d’informazione :“La libertà dei media viene considerata uno dei pilastri fondamentali dell’Unione
Europea. Il sollecito ad intervenire che la Commissione fa al nostro Paese sembra un annuncio di possibile infrazione, visto che in Italia la riforma della diffamazione è ferma da anni, così come altre questioni riguardanti la tutela dei giornalisti. Il Parlamento farebbe un servizio al Paese se, prima di concludere la legislatura,
affrontasse alcuni dei principali nodi che riguardano l’informazione professionale nel nostro Paese, oggi più che mai necessaria. Tutto ciò è nell’interesse dei cittadini e della democrazia’’.