Aldo BIanchini
MURO LUCANO (PZ) – La domanda è: “Può il senso della vertigine essere accoppiato al candore estasiante della bellezza ?”.
La risposta è “SI”, ma a patto che si vada in visita a Muro Lucano in provincia di Potenza.
Questo, in una sintesi molto stretta, il messaggio letterario-filosofico e narrativo di una bellezza incontaminata, lanciato dalla scrittrice Maria Carmela Mugnano con il racconto “Muro Lucano: la vertigine della bellezza” che ha chiuso, qualche settimana fa, l’anno accademico dell’Università delle Tre Età (presieduta da Cosimo Ponte).
Un racconto che, a mio avviso, racchiude in se anche i valori e gli obbiettivi “pensieri, passioni e sentimenti” che il “Premio Internazionale di poesia e narrativa <San Gerardo Maiella>” (edizione 2022) cerca di accreditare e di raggiungere anche attraverso racconti e poesie che, pur se non direttamente legati a Muro Lucano, riescano comunque ad esaltare la bellezza della scrittura in una tempesta di vertigini.
Un premio che avrà la sua consacrazione nel corso della serata del 18 giungo 2022 (sabato alle ore 21.00) nel salone delle feste della Società di Mutuo Soccorso per la cerimonia di premiazione dei vincitori delle varie categorie in concorso (l’elenco dei vincitori del premio potrete leggerlo nell’apposito articolo pubblicato sempre in questa pagina).
Ma torno al racconto della scrittrice Mugnano perché mi ha particolarmente colpito la brillante narrazione di fatti concreti, di bellezze naturali e di considerazioni quasi immateriali che portano il lettore a sentirsi proiettato in maniera vertiginosa nelle fantastiche realtà muresi.
Per me, ovviamente, c’è stato un valore aggiunto dovuto al fatto che sono nato in quel “borgo antico del Pianello” ed in esso sono cresciuto fino all’età di quattordici anni; ed è lì, quindi, che ho trascorso la fanciullezza e l’età compresa tra l’infanzia e la giovinezza; oltretutto sono nato in una casa situata a non più di cinquanta metri dalla casetta dove è nato San Gerardo Maiella che giustamente ha dato nel 1999 il nome al prestigioso premio internazionale di poesia e narrativa.
Quelle stradine del borgo antico le ho attraversate correndo avanti e indietro, mi sono calato giù per la via delle ripe, ho attraversato mille volte quello che in tanti chiamano il ponte di Annibale, ho risalito la via dei mulini per guardare affascinato il borgo del Pianello in tutto il suo splendore.
Ma ho anche percorso il sentiero a mezza costa che dal ponte di Annibale porta fino alla base della grande muraglia che contiene il lago in cui nuotare nel periodo estivo, così come sui grossi tubi (che portavano l’acqua dal lago alla centrale) ho spesso raggiunto a valle la centrale idroelettrica, così come le arrampicate sull’enorme serbatoio (alto alcune decine di metri) della centrale che in parte è stato abbattuto dal terremoto dell’80, per non dire delle discese/scalate che dalla piazza della Chiesa Madre, costeggiando l’ossario, portavano giù nella vallato scoscesa dopo un balzo di alcune centinaia di metri di dislivello.
E il castello preso sovente di mira con veri e propri attacchi al forte per conquistare i suoi spalti. E il mitico ponte del Pianello divenuto in breve uno strumento complementare e necessario alla nostra vita quotidiana. Cose veramente da vertiginosi capogiri che solo l’età consentiva di superare psicologicamente e fisicamente.
Per essere onesto fino in fondo devo anche dire che nonostante la mia abitudine (così come per tanti altri ragazzi) alla visione dell’ambiente naturale che mi circondava ho sempre, anche a quell’età, ammirato le bellezze di quei luoghi ed anche senza rendermene conto rendevo alle stesse tutta la mia riconoscenza per essere nato e cresciuto in quelle “vertigini della bellezza”.
Ho ammirato molto, ed anche invidiato, la scioltezza narrativa della Mugnano che, pur non essendo nata e cresciuta a Muro e nel Pianello, è riuscita a descrivere i luoghi e le relative emozioni con grande naturalezza, senza farsi prendere dalla retorica e senza cedere alle facili e, spesso, inattendibili emozioni.
Per questo vi ripropongo la lettura attenta del racconto capolavoro della notissima e pluripremiata scrittrice termolese.
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Maria Carmela Mugnano (La vertigine della bellezza)
Forse solo una suggestione, ispirata dal nome della cittadina di Muro Lucano, potrebbe far pensare, davanti alla meraviglia del suo presepe di case schierate in tondo in ordine ascensionale e dominate in alto dal Castello medievale, di essere giunti davanti a un muro, un baluardo a protezione di un oltre inaccessibile.
In questa terra la bellezza incontaminata dell’oltre la si è già conosciuta con grande sorpresa prima di arrivare a Muro, nell’ anticipazione di un percorso in treno in cui la natura selvaggia svela improvvise e fantastiche visioni che abbracciano pareti a strapiombo, pinnacoli, orridi, gole accarezzate dalla serpentina del torrente Platano che si fa strada tra costoni illuminati dal sole e dagli sprazzi verdi del manto boschivo. Lo spettacolo di questo incredibile dorso roccioso della nostra penisola ci vede viaggiatori – spettatori col fiato sospeso e lo sguardo incantato, lanciato in avanti quasi a voler scoprire la durata di quella bellezza, sperando non finisca mai…
Ed è proprio sulla scia di indimenticabili panorami, che sembrano volerci guidare nei loro luoghi eletti, che si giunge a Muro Lucano. E nell’esplorazione dei diversi piani di elevazione del suo abitato, nei vicoli caratteristici dei piccoli rioni di un borgo dove la vita si stratifica tra ripide scalinate, aggirate da brevi tornanti panoramici e meditativi, che si comprende che ci stiamo muovendo nella dimensione più vissuta e familiare di quella natura che ha lasciato viva traccia in noi. Una natura che qui ha stabilito non un punto finale di arrivo, ma un punto di vita umana che la abita al suo interno e che fluisce liberamente nel territorio.
È così che la roccia nei secoli ha ceduto il posto alle case che, in prospettiva, sembrano quasi appoggiarsi ad altre abitazioni alle loro spalle in un gioco di sostegno reciproco, fino a giungere a quelle superiori che si legano alla roccia affidandosi ad essa. Nel flusso naturale del saliscendi murese ci si immerge in un ritmo di pace e di protezione, un ristoro per la mente e gli occhi che ci predispone a riprendere il viaggio … perché l’oltre è a un passo. Una ripartenza che è un superamento che porterà fatica, sradicamento dagli appoggi stabili del cammino, per guadagnare un’esperienza indimenticabile, uno spettacolo naturale che parla all’animo commosso… il vero viaggio, che si compie quando è la bellezza dei luoghi transitati a viaggiare dentro di noi.
Ci si giunge oltrepassando la sommità dell’abitato, dove la statua in pietra bianca di San Gerardo Maiella, qui nato nel 1726, e Patrono di Muro e della Basilicata a cui rivolge dall’alto il suo sguardo protettivo, ci ricorda che il cammino davanti a noi è stato tante volte da lui intrapreso da bambino. Si transita poi per il Castello e la Cattedrale, nella cui piazza è l’altra immagine bronzea del Santo, per giungere al cospetto di una superba visuale di rocce a strapiombo che racchiudono un canyon, un panorama che rappresenta l’altra faccia della medaglia di questo luogo, in cui la roccia si è prima plasmata e conformata per i suoi abitanti, e ora, nel versante che abbiamo davanti, può liberare tutta la sua impronta selvaggia che arriva di colpo ai sensi con una vertigine. E allora ci si ferma per cercare intorno nuove strade per proseguire il cammino sicuro, quando, al lato di uno spiazzo panoramico dominato dalla presenza di un albero contorto, simile a una scultura naturale, un sentiero che si cala verso il fondo, denominato sentiero delle ripe, è la risposta alla nostra ricerca. La discesa nel canyon a ridosso delle aspre pareti a picco, con tratti scavati nella roccia calcarea, permette di raggiungerne il cuore sentendosi circondati da una naturale protezione. È sicuramente questo il sentimento atavico che ha ispirato i primi abitanti insediati in questi luoghi.
Il suggestivo sentiero conduce al romanico ponte di Annibale del 1100, che anticamente consentiva agli abitanti del primo nucleo abitativo di Muro Lucano, il suggestivo borgo Pianello dove è la casa natìa di San Gerardo, di raggiungere la frazione di Capodigiano sul versante opposto, ed è stato utilizzato dalla popolazione murese fino a un secolo fa.
Nel dipanarsi del percorso, tra pietra e vegetazione, si passano in rassegna i resti di alcuni antichi mulini per la frantumazione del grano e dei cereali, di una gualchiera per la lavorazione della lana, fino a giungere allo spettacolare ponte del Pianello, il primo ponte in cemento armato della Basilicata, inaugurato nel 1918. La costruzione di questo ponte, che sembra incorniciare il canyon sottostante con il suo suggestivo arco parabolico che unisce gli speroni rocciosi dei due versanti, ha realizzato quel moderno e agevole collegamento che, di fatto, ha sostituito il ponte medievale e quindi il passaggio del sentiero percorso.
Attraversato il ponte si ha davanti la visione pittoresca del borgo Pianello, alla cui espansione Muro deve il suo nome – che sta ad indicare il nuovo abitato sorto oltre il suo muro difensivo – e si riprende la strada per tornare al punto di partenza, il Castello medievale costruito su un originario forte longobardo del IX secolo. Le peculiarità logistiche e paesaggistiche di questo luogo hanno fatto del Castello un presidio territoriale e una dimora che ha avuto varie modifiche architettoniche nel corso dei secoli in cui vi hanno soggiornato nobili e regnanti, tra cui quelli di stirpe angioina. Ed è facile immaginare come da qui il loro sguardo spaziasse tra le rocce in ammirazione di una bellezza senza tempo.
Ma altri elementi di stupore attendono oggi il visitatore di questi luoghi, ed è proprio al lato del Castello che si intravede un gruppo di turisti che osservano, sorpresi e incantati, una giovane figura femminile vestita di un regale abito rosso che scende maestosamente da una scalinata esterna.
La sorpresa è tanta quando ci si accorge che si sta per entrare nella dimensione storica e culturale di Muro Lucano, che vanta molte realtà associative in questi settori, attraverso un’esemplare dimostrazione di Storia viva, perfettamente integrata nei suoi ambienti originari, quella Storia che ha segnato l’antico e nobile passato di questa cittadina.
Si svela così ai nostri occhi e orecchie il personaggio di una regina che in questo Castello ha vissuto ed è morta, Giovanna I d’Angiò, sovrana regnante di Napoli, interpretata dalla dott.ssa Chiara Ponte, storica e scrittrice di Muro, profondamente legata alle radici muresi e promotrice di eventi di rivisitazione storica attraverso personaggi nei costumi delle varie epoche. La figura e la voce di Chiara fanno rivivere agli attenti ed entusiasti visitatori il personaggio di Giovanna che ricostruisce in prima persona la sua romanzesca vita, i quattro matrimoni, le lotte per il Regno che le hanno procurato potenti avversari, l’ultimo dei quali qui la uccise nel 1382.
Il racconto storico, riportato in maniera così personale e creativa, getta luce su epoche antiche e avvenimenti, in cui la bellezza che ci circonda diventa immortale protagonista, una narrazione che ha il merito di restituire al paesaggio, che finora avevamo ammirato sotto l’aspetto naturale, un vissuto e una testimonianza della Storia che lo ha attraversato e permeato. Ed è questo un aspetto fondamentale nel viaggio di conoscenza di un territorio e delle sue peculiarità, perché potrà diventare un’esperienza indimenticabile per il visitatore che l’avrà conosciuta in tutte le dimensioni che realizzano l’unicità di un luogo.
Infine, nella fatica di un percorso, a volte aspro, che può svelare ad ogni passo la gioia incantata della scoperta, si potrebbe vedere anche la nostra “storia”, quella di un cammino fatto di salite e discese, di cime e dirupi… ma è questa, a pensarci bene, la bellezza del viaggio.
(Ringrazio per la gentile e calorosa accoglienza la Cittadinanza di Muro Lucano, la dott.ssa Chiara Ponte, il dott. Michele Di Muro, Don Peppino Grieco e l’ UNITRE di Muro e il suo Presidente, sig. Cosimo Ponte.)