da Alfonso Malangone
(resp. prov. Ali per la Città)
A vincere il referendum è stato l’astensionismo. In realtà, non era difficile prevedere una bassa percentuale di votanti dopo aver preso conoscenza dei quesiti e della loro effettiva estraneità rispetto ai problemi quotidiani delle persone comuni, dei giovani in cerca di lavoro, delle famiglie preoccupate di mettere insieme pranzo e cena. Del resto, se è pur vero che la risposta da barrare nei referendum è semplicissima, un SI o un NO, è altrettanto vero che in quest’ultimo ci sono state domande troppo faticose da ‘capire’ anche da parte di chi conosce i problemi e legge pure i giornali. Figuriamoci da parte degli altri!
Giustizia e Magistratura sono davvero argomenti specialistici e buoni solo per gli addetti ai lavori. Tuttavia, anche per gli esperti, alcuni quesiti possono essere apparsi troppo influenzati da contrapposizioni di parte e ritenuti, forse, eccessivamente garantisti a favore di personaggi che calcano il palcoscenico politico con grande disinvoltura, non offrendo esempi incoraggianti di trasparenza e probità. Se, poi, ci sono vittime ‘laiche’ di episodi di cosiddetta mala-giustizia, che pure ci sono, fare un referendum può non aver convinto gli elettori nel momento in cui il Parlamento ha in corso un provvedimento che mira a rivedere la materia. C’era, in verità, un quesito interessante sulla responsabilità dei Magistrati che, da solo, avrebbe potuto far raggiungere il quorum. Ma, qualcuno ha ben pensato di non ammetterlo a votazione. Con opportune motivazioni.
In ogni caso, se andare a votare è un dovere, in un Paese libero e civile, come dice la Costituzione, non andare a votare deve costituire una facoltà, in un paese libero, magari meno civile. E, comunque, in una democrazia, la maggioranza ha sempre ragione, anche quando non si esprime ritenendo di avere ‘cose più importanti da fare’. Letti per bene i quesiti, potrebbe essere una idonea motivazione a giustifica della bassa partecipazione, definita nel 20,9%. Adesso, quindi, abbiamo la conferma che per avere il quorum è necessario indire i referendum su questioni di ben più ampio coinvolgimento in materia di diritti, ovvero sugli stipendi, sulle pensioni, e chissà, se possibile, su un nuovo allenatore della Nazionale di calcio per chi non fosse contento dell’attuale.
Alla fine, diviene davvero convincente la spiegazione di chi parla della vittoria del ‘solipsismo’ (difficile davvero) di cittadini interessati ai ‘fatti propri’ con un’unica convinzione: ‘io non c’entro’, ovvero con un unico auspicio: ‘io speriamo che me la cavo’ (cit.). Però, c’è chi dice che così ha vinto il ‘partito di Palamara’. Può essere. Ma, a proposito: chi è Palamara?
Non è andata meglio per le elezioni comunali, con il 54,7% dei votanti. Cioè, si è espresso solo un elettore su due. Qui, sembra che il comportamento sia da valutare diversamente, perché il disinteresse non ha la stessa origine ad ogni latitudine. In molte aree, in particolare del centro-nord, la qualità della vita raggiunge livelli di sufficienza ‘con qualsiasi colorazione politica’. In quelle elezioni comunali, chi non vota ha comunque raggiunto un livello di soddisfazione e di serenità, mentre chi vota chiede una migliore soluzione di problemi specifici in funzione dei personali orientamenti.
Diversamente, in particolari zone del sud, il disinteresse sembra esprimere una rassegnazione al volere del fato nella intima convinzione dell’immutabilità delle condizioni correnti ‘con qualsiasi colorazione politica’. Del resto, ci sono esempi evidenti in giro. I cinghiali sono dappertutto, ma sembra preferiscano maggiormente le aree con il clima più mite, mentre la spazzatura è una componente fondamentale della vita nella quale ciascuno è costretto ad immergersi quotidianamente per comprendere la vera essenza dell’esistenza terrena. Con la pandemia, si è capito pure che negli Ospedali ci si può curare ad anni alterni e che, comunque, ‘sta scritto che se ti devi salvare, ti salvi’. Tanto vale, quindi, stare a casa per vedere come va. Per non dire di chi aspetta la ‘Fondovalle del Calore’ da quarant’anni. Per questo, se nulla può cambiare, a cosa serve votare? Beh, a qualcuno pure serve.
Si può ben sostenere che, dalle nostre parti, il dovere elettorale sia rispettato soprattutto da chi abbia interesse a tutelare la propria condizione con un voto ‘di difesa’ a tutela del posto di lavoro, dell’incarico, di un contributo o di un diritto. Perché, sempre da queste parti, spesso la soluzione dei bisogni personali è l’effetto di una richiesta rivolta ai politici, piuttosto che alle Istituzioni delegate, alle Associazioni e altri Organismi. Chi ha raggiunto il ‘suo’ obiettivo, è poco interessato a quello degli altri, al futuro dei giovani, alla valorizzazione delle ricchezze storiche, dell’ambiente, delle tradizioni, o alla salvaguardia della salute. Potrebbe mai accettare sia messa in discussione la ‘sua’ serenità? Del resto, chi quel problema ha risolto, potrebbe ben ricordargli di essere ‘la via, la verità e la vita’. Di tutti, nessuno escluso.
C’è stato chi ha detto questo, duemila anni fa. Ma, Lui offriva la via per il riscatto morale, la verità delle parole di giustizia e uguaglianza, la vita fatta di amore.
Dobbiamo convincerci. Da noi, non c’è interesse a cambiare. Anzi, c’è interesse a imitare. Perché ‘stiamo al Sud’ e ‘siamo Sudditi’ in pensieri, parole, opere e anche omissioni, nonostante ogni diversa dichiarazione. E, fatte le debite eccezioni.
Alfonso Malangone – Ali per la Città – 14/06/2022