da Antonio Cortese
Con scarsa e tarda diffusione l’opinione pubblica italiana é stata informata sull’appuntamento referendario della prossima settimana. I quesiti sono complicatucci, non hanno mai avuto a riguardo grande appeal tanto da sostituire i titoli di tiggì e stampa tra buoni e cattivi, cuochi, scandali e campioni. A differenza delle dovute o meno preferenze per il candidato e degli scopi degli elettori ad personam, questi si -e- no, tutti si o tutti no, o schede bianche, danno la possibilità di muovere il “core business” psicologico della politica: la giustizia. Il motore immobile degli istinti politici é infatti il dibattito interno se sia giusta o meno una legge statale o se debba “comandare” tizio invece di “sempre sempronio” , se una multa, una sanzione o una pena siano da attribuire, se i guadagni economici degli uni siano onestamente equiparati a quelli degli altri, o se si debba costruire una strada o assumere chi ha il solo merito di aver più bisogno di uno stipendio piuttosto di chi parla di pedante meritocrazia (gli esempi sono tanti). Quindi questa chiamata alle urne, con l’espressione di massa più democratica che ci sia, chiedendo direttamente e offrendo finalmente la possibilità ad una intera nazione di non doversi più lamentare quando legge scritto nei tribunali che la legge é uguale per tutti, buttando via i proverbiali pregiudizi atavici che fanno di un’istituzione primaria un eterno “palazzaccio”, non va disattesa. Sicuramente é difficile spiegare i quesiti a molte persone, ma va spiegato loro che non si tratta di “sistemare” nessuno e che invece si tratta di voto di autodifesa (una specie di assicurazione legale gratuita, piccola ma decisiva).
Io vedo poca tivvù ma mi dicono che personaggi come il nipote di Gianni Letta in assoluta irresponsabilità istituzionale dichiara, o forse più precisamente qualche altro esponente di partito, di sbarrare no a tutti i quesiti: si può mai offendere i telespettatori in questo modo, senza rispetto per chi ha raccolto firme per una conquista e opportunità del genere, dando ai più un messaggio che la vecchia politica sia passata dalla manipolazione, nel peggiore dei casi, alla frustrazione diretta? Si può mai continuare a dare dell’ignorante al proprio elettore in questo modo, volendo intendere in bieco stile esclusivo che queste decisioni si debbano fare nella solita stanza dei bottoni? Oggi la gente accetta di essere snobbata solamente da chi ha meriti, o da chi ha dimostrato nei fatti e nelle azioni la veridicità di discorsi o propositi per la collettività; queste comparse televisive dei talk show radical chic, che nell’immaginario collettivo non hanno ancora lascito alcuna traccia di un operato degno di ciò che guadagnano, perché assassinano le audience o continuano a farlo impunemente? Se proprio vogliano astenersi, lo facciano cominciando a star zitti.
Comunque, infine, a proposito di proverbi va ricordato sempre il motto per cui:”chi si astiene dalla lotta è un gran figlio di m….tta”.