da Pietro Cusati
La crisi della carta stampata, l’imperversare di siti d’informazione web , un mondo parallelo quello dei social, che aggira il mondo dell’informazione. E’ in gioco qualcosa di più ampio dei nostri percorsi personali, Carlo Bartoli, Presidente nazionale dell’Ordine dei giornalisti ha partecipato all’ incontro di formazione che si è svolto a Palermo, sul tema: “Giornalista ieri, oggi, domani: la professione che cambia, il mestiere che verrà”, oltre al Presidente Nazionale Carlo Bartoli, ha visto tra i relatori Roberto Gueli, Presidente Odg Sicilia, Riccardo Arena, consigliere Odg nazionale, Roberto Ginex, segretario regionale Assostampa Sicilia.Roberto Gueli ha parlato del ruolo che un Ordine regionale come l’Odg Sicilia può avere in un più ampio processo di riforma. «Dalla Sicilia devono e possono partire input e idee ,ha detto Gueli. I nostri “terreni di lotta” sono importanti e legati al futuro della nostra categoria che è in forte sofferenza: querele temerarie, equo compenso , troppo poco rispettato nella nostra categoria, riceviamo segnalazioni ogni giorno , esercizio abusivo della professione. Attraverso il nostro sito abbiamo dato alcune indicazioni su questi temi, siamo in cammino insieme all’Assostampa. Se vogliamo ottenere risultati dobbiamo remare tutti dalla stessa parte». «Abbiamo fortemente voluto questo incontro e questo dibattito , ha detto Roberto Ginex, segretario regionale Assostampa . Non possiamo nasconderci, la nostra categoria è in fortissima crisi. La crisi della carta stampata, l’imperversare di siti d’informazione web più o meno credibili e leggibili. E poi la possibilità di fare informazione senza registrare la testata al tribunale, perché sappiamo che c’è la possibilità di non registrare se si ha un fatturato inferiore a certi massimali. Questo comporta una certa deregulation nel settore dell’informazione. Alcune responsabilità ricadono sugli editori, abbiamo compensi di 2,82 euro lordi a pezzo. Oggi, con un’azione congiunta, dobbiamo sollecitare al Ministero della Giustizia l’adempimento di emanazione delle tabelle di compenso dei giornalisti». Riccardo Arena, consigliere Odg nazionale, è componente della Commissione speciale per la riforma dell’Ordine. «Occuparmi della riforma della legge che disciplina la nostra professione è un onore e un onere,ha detto Arena ,stiamo ascoltando vari interlocutori, tra questi Raffaele Lorusso, segretario nazionale Fnsi. Della legge attuale, ci ha detto, salverebbe solo l’articolo 2. Articolo 2 che probabilmente è l’unico in grado di sopravvivere altri sessant’anni se non di più. Parla del diritto insopprimibile della libertà di informazione e di critica: linguaggi del 1962, quando la legge fu pensata, “l’osservanza delle norme di legge dettate a tutela della personalità altrui (…)”. La rettifica, il rispetto del segreto professionale, che riguarda giornalisti ed editori, così come lo spirito di collaborazione e cooperazione tra colleghi. L’articolo 2 è la pietra angolare su cui costruire anche la nuova normativa. Percorso non semplice, non passa solo da noi, non siamo noi i legislatori». Sui meccanismi che regolamentano l’accesso alla professione, Arena ha detto: «Nella legge 69 del 1963 si percepisce la centralità delle redazioni, delle assunzioni, per creare giornalisti professionisti. Il meccanismo di accesso alla professione che prevedeva l’assunzione, il praticantato, l’esame, la presenza di praticanti in una redazione addirittura nel rapporto di 10 a 1, non c’è più. Già dai primi anni del Duemila una serie di circolari hanno indicato una strada diversa, gente che non sarebbe mai diventata professionista. Una legge moderna non può che premiare chi prevalentemente svolge questo mestiere. Dobbiamo pure interrogarci sull’accesso alla professione che deve essere adeguato all’accesso alle altre professioni. Ci viene chiesto di fare selezione: la professione la deve fare chi ha almeno una laurea. Deve fare formazione professionale chi svolge in maniera veramente prevalente questa professione. Accesso, formazione, disciplina, sono i punti nodali e l’obiettivo a cui tenderemo cercando di lavorare nell’armonia che contraddistingue la Commissione. Vogliamo realizzare una legge che ci consenta di dire che il nostro Ordine è moderno, e che la nostra professione si adegua senza tradire il proprio obiettivo, cioè dare un contributo fondamentale alla democrazia nel nostro Paese. Una legge che possa andare bene negli anni, che potremmo definire, 4.0 o addirittura 5.0».Carlo Bartoli, presidente nazionale Ordine dei giornalisti, che ha colto «un bellissimo segnale» nell’iniziativa congiunta Ordine-Assostampa. «Sulla presunzione di innocenza: un provvedimento approvato dal Parlamento nell’indifferenza generale. Non c’è un solo direttore che abbia speso una virgola su questo tema, quasi che non lo riguardasse. Abbiamo cercato di porre il problema e organizzato una serie di dibattiti. Si pongono problemi di omogeneità: non è possibile che a Palermo si utilizzi un metro e a Trapani un altro. Così si mandano in confusione i cittadini. C’è un problema di professionalità: se la legge stabilisce delle forme attraverso le quali le notizie devono essere fornite, ci siano dei professionisti, uffici stampa in ogni Procura, quindi assunzioni di giornalisti. Altro elemento non trascurabile è la tempestività: il fatto che accade e a quel punto inizia la diffusione della notizia, che deve essere regolamentata. La completezza: al verificarsi di determinati fatti, una serie di atti diventano conoscibili e cade il segreto istruttorio. Atti che sono sempre circolati e circoleranno sempre. Chiediamo che tutti gli atti conoscibili vengano messi a disposizione dei giornalisti, in maniera automatica e trasparente. Su come cambia la professione, Bartoli ha detto:«Viviamo immersi in un sistema di informazione dove magari la notizia la danno altri e il giornalista la verifica. Presidiamo i nostri fortini, sicuramente, ma dobbiamo anche essere in grado di svolgere un ruolo propositivo, che ci ponga al centro della scena. Bisogna partire da un concetto ampio della nostra professione. Cosa che non è agevolata dall’esame, che rappresenta una fetta di questo percorso professionale. Deontologia ed etica sono il valore fondamentale che regolamenta la nostra professione, che ci differenzia dai “furbetti”. Un argine a una deriva possibile è avvenuto con il Covid, quando il comportamento degli utenti si è rivolto verso strumenti di comunicazione che avevano una credibilità. Nei giorni scorsi abbiamo ospitato una delegazione di una Commissione internazionale in materia di diffamazione. All’estero si parla di depenalizzazione, i dati di Ossigeno per l’informazione parlano invece anche di carcere. Ricordo gli sguardi attoniti di questi colleghi stranieri. Possibile che rispetto a questi temi il Parlamento italiano sia totalmente disinteressato?». Il futuro del giornalismo non è solo quello che determina i nostri destini individuali, ma è qualcosa che non vorremmo venisse corrotto e cioè la democrazia, quindi la libertà».