Aldo Bianchini
SALERNO – Alcuni secoli fa, dopo aver decretato l’espulsione dei gesuiti in quanto predicatori di intolleranza, il Re di Francia diede udienza a un alto esponente dell’Ordine, che protestò per quella limitazione di libertà. Il Sovrano, sorpreso e irritato, replicò così: “Proprio voi che, quando siete al potere, fate mandare al rogo gli eretici?”. Sire – rispose imperturbabile il religioso – questo è del tutto logico. La libertà che io pretendo in nome dei vostri principi, ve la nego in nome dei miei.
Per la storia il Re di Francia era Luigi XV di Borbone che espulse nel 1764 i Gesuiti; espulsione che qualche anno dopo, nel 1773, decretò anche Papa Clemente XIV; decisione ribaltata dal Papa Pio VII nel 1814.
Il botta e risposta tra il Re di Francia e il capo dei Gesuiti mette in risalto non solo la difficilissima esistenza della libertà di stampa ma pone l’accento sull’insolubile antinomia tra due filosofie, quella liberale e quella assolutistica, ciascuna delle quali è coerente con le proprie premesse. Su questo annoso problema della presunta “libertà di stampa” ha scritto più volte il consulente giuridico di questo giornale dr. Pietro Cusati (segretario dell’Associazione Giornalisti mici del Vallo di Diano) con argomentazioni tecniche molto professionali e senza falsi infingimenti e/o condizionamenti di sorta; ed ho preso spunto dai suoi scritti per portare avanti un ragionamento credibile sulla libertà di stampa, anche dopo aver attentamente studiato l’intervista del noto ex magistrato Carlo Nordio (Il Mattino del 28.03.22).
La sintesi di tutti questi scritti è che in democrazia, la libertà di stampa, è intesa come possibilità di esprimere il proprio pensiero; mentre nelle dittature è invece l’adesione alla volontà del tiranno, depositario della verità ed esclusivo tutore del bene comune.
Ma esiste per davvero la libertà di stampa in democrazia e/o l’adesione alla volontà del tiranno nelle dittature ?
Credo sostanzialmente di no, così come credo che in entrambi i casi ci sia una enfatizzazione macroscopica del problema che in democrazia porta spesso a violazioni clamorose da parte dei giornalisti e in dittatura all’acquiescenza forzata e voluta del concetto di libertà. Ma è, ovviamente, una mia convinzione personale, maturata anche sulla base dei tanti anni di esperienza nel mondo del giornalismo. Mi è capitato, difatti, di trovare negli ultimi mesi sul mio cammino giornalisti che speculano sulla presunta libertà di stampa per andare oltre i confini consentiti in violazione anche della legge, e istituzioni pubbliche e private (soprattutto a livello locale) che invece cercano di soffocare ogni tentativo di libertà di stampa; pronti entrambi a querele o minacce di denunce quando qualcun altro cerca di scavare nel loro passato e presente.
Ma semmai ci fosse, quali sono i limiti di questa libertà ? La nostra legislazione fissa in tre punti cardini l’esercizio di tale libertà:
- 1) la verità dei fatti narrati.
- 2) la continenza, cioè il dovere di astenersi da espressioni oggettivamente ingiuriose e infine,
- 3) la pertinenza, cioè l’interesse pubblico alla diffusione della notizia.
Si capisce da se che ciascuno di questi requisiti ha occupato interi scaffali di libri e di report prodotti da menti eccelse che, però, non hanno prodotto la soluzione definitiva del problema e ognuno continua ad interpretarli come crede, come vuole e come può.
Carlo Nordio, grande ex magistrato, dice: “Oggi l’informazione corre sempre di più il rischio di una sorta di dissociazione bipolare: da un lato un’asfissiante sovrabbondanza di notizie, vere o inventate, che soffocano e narcotizzano il destinatario. E dall’altro una mutilazione del dibattito argomentato dove il pensiero assente è surrogato da un vocabolario a prestito, sostenuto solo dall’ irruenza polemica e persino da una violenta litigiosità”.
L’unica vera libertà, forse, consiste nel fatto che ognuno di noi vede e descrive le cose secondo il suo punto di vista; proprio per questo bisognerebbe consentire a tutti gli organi di informazione la diffusione delle notizie e delle opinioni che ritengono più opportune, affinché, attraverso il confronto tra notizie e opinioni differenti ogni cittadino possa farsi l’idea che crede. Così, se la decisione finale spetterà lui, non potrà lamentarsi di essere stato ingannato (è sempre Nordio che scrive). Ma neanche questo, purtroppo, è possibile.
Carissimo Direttore Aldo Bianchini,
a proposito della libertà di stampa ,un argomento che mi sta molto a cuore ,è opportuno secondo me richiamare la giurisprudenza della Corte Costituzionale in merito ad alcune norme,come la diffamazione a mezzo della stampa, per la Consulta sono incostituzionali perché contrastano con la libertà di manifestazione del pensiero, riconosciuta tanto dalla nostra Costituzione e dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo. La minaccia del carcere ai giornalisti può produrre l’effetto di dissuadere la stampa dal’esercizio della importante funzione di controllo democratico dell’operato dei pubblici poteri e non solo. Naturalmente è giusto la sanzione disciplinare e non solo, per i gli eventuali responsabili di “campagne di disinformazione condotte attraverso la stampa, internet o i social media. Chi pone in essere simili condotte , esercita o meno la professione giornalistica , certo non svolge un servizio di corretta informazione per la democrazia,anzi crea un pericolo e un danno alla democrazia stessa.