da Pietro Cusati
La cultura non isola, è sinonimo di pace, la sua autenticità sta nella capacità di promuovere la comunicazione e la cooperazione . L’isola di Procida è lo specchio di ciò che siamo. Michel Tournier paragona l’isola alla diastole e alla sistole del cuore umano, alla dilatazione e alla contrazione. È il cerchio magico che racchiude e protegge. Un luogo sicuro, completo in se stesso, l’uovo cosmico o anche il giardino dell’eden. L’isola, nucleo avvolto dal mare amniotico, è simbolo del materno, del “ritorno in un grembo”: la cultura del femminile/materno, reinterpretata in termini di generatività culturale, è portatrice di una particolare attitudine verso l’umano. Accoglienza, protezione, cura, dono, legame con la vita sono le condizioni imprescindibili della cultura della differenza che Procida intende condividere con il programma capitale della cultura 2022.Quest’anno la settimana santa a Procida è stata accompagnata da particolari rappresentazioni e rievocazioni sceniche, che hanno offerto al visitatore di conoscere la tradizione popolare isolana,la plurisecolare Processione del Cristo Morto e dei Misteri del Venerdì Santo ,promossa dalla Congrega dei Turchini. La processione ha portato per l’isola rappresentazioni iconiche della vita di Gesù in caratteristici carri ,i misteri, che hanno sfilato lungo le stradine dell’isola. Il Venerdì Santo, dopo la processione degli “Apostoli” del giovedì sera, la notte in cui la maggior parte dell’isola è sveglia. I ragazzi terminano i misteri, le mamme preparano le vesti che tradizionalmente vengono indossate da chi partecipa al corteo, i curiosi vanno in giro per i “portoni” a sbirciare, commentare, confrontare. Alle prime luci del giorno il “Cristo Morto” e “l’Addolorata” salgono a Terra Murata. Questo è il momento, per chi è già sulla rocca, di raccogliersi in silenzio, smettere di inchiodare, urlare….e comprendere che è ormai Venerdì Santo, che tra un po’ bisognerà vestirsi con l’abito bianco, il cappuccio, il mantello azzurro e portare per l’isola il frutto della propria, personale lettura della passione di Cristo. In sottofondo c’è il suono straziante della tromba e il battere del tamburo che passano per le strade dell’isola, che fa ” ‘a chiammata”. La “Processione del Cristo Morto e dei Misteri del Venerdì Santo” si sta trasformando da festa di un giorno ad un evento che abbraccia oltre 60 giorni. Non solo durante la sfilata, quindi, ma anche prima ,in costruzione e dopo in esposizione la Processione è possibile ammirare queste opere d’arte realizzate a fantasia del gruppo promotore intorno ad un episodio biblico. Due importanti avvenimenti concludono i festeggiamenti pasquali, la corsa dell’Angelo e la ‘ndrezzata di Buonopane. La corsa dell’Angelo si svolge a Forio la domenica di Pasqua, da un’antica tradizione risalente al lontano 1600. E’ una rappresentazione sacra che riproduce il momento dell’incontro della Madonna con il figlio risorto. E’ realizzata dall’Arciconfraternita di Forio, custode delle quattro statue che si portano a spalla in processione, per tradizione, sempre dalle stesse famiglie, per un diritto non scritto che si tramanda da padre in figlio. E’ un evento fortemente radicato nella cultura del popolo foriano che vede coinvolte le famiglie di pescatori e di contadini, che dopo aver intonato a turno il Regina Coeli si contendono il pennacchio di penne di struzzo bianco che viene portato in processione. Ma ciò che più emoziona di questa rappresentazione è la Madonna svelata: la magia del momento trasforma la statua nella madre che corre ad abbracciare quel figlio che credeva aver perduto per sempre.La ‘ndrezzata di Buonopane del lunedi dell’Angelo, a differenza degli altri eventi, non è ispirata alla risurrezione di Cristo ma simboleggia un momento di pace e la fine delle ostilità tra gli abitanti di due frazioni, Barano e Buonopane. Si racconta infatti che intorno al 1500 un pescatore baranese aveva regalato alla propria fidanzata una cintura di corallo, ma questa un giorno venne trovata nelle mani di un giovane di Buonopane. La lotta che ne seguì non si limitò soltanto ai due, ma coinvolse la popolazione di entrambi i paesi. Dopo scontri sanguinosi, la pace avvenne ai piedi della statua della Madonna della Porta, nella chiesa di San Giovanni Battista, il lunedì in Albis. Da allora questo ballo popolare si ripete il giorno della Pasquetta e il 24 giugno in onore del Santo Protettore, San Giovanni Battista.Procida ha una cultura dell’accoglienza, e si è visto anche con il programma di accoglienza dei migranti che è stato attivato anni fa, quando questo era un tema particolarmente caldo. Le diverse nazionalità hanno convissuto con noi creando una cultura cosmopolita che ci caratterizza. L’isola come un luogo dove si stringono e costruiscono nuove relazioni, dove accoglienza e apertura al diverso sono le parole d’ordine. Agostino Riitano, direttore Procida Capitale della Cultura : «la cultura è legame, e adesso più che mai abbiamo bisogno di creare e ricreare quei legami che oggi si stanno sfrangiando. Per noi la cultura è il senso delle istituzioni, la cultura è difesa della libertà di espressione, è vocazione ad accogliere. Abbiamo cercato di tradurre il motto “la cultura non isola” in 27 lingue, perché vogliamo raggiungere quante più comunità è possibile, vogliamo costruire ponti e relazioni nuove. Quest’isola non è solo “un bel posto”, il metodo vincente è aver creato cittadini generatori attivi di cultura, e non solo spettatori: nel nostro progetto la cultura torna ad essere popolare. “Utopia e avvenimento” sono il tema della giornata, infatti oggi stiamo facendo accadere qualcosa di intenso e forte per questa comunità e per l’intero paese».