da Pietro Cusati
Dalla distanza di cortesia all’algoritmo’’,un libro che il Garante per la protezione dei dati personali racconta la storia di un diritto fondamentale in difesa dei diritti delle persone e a sostegno dello sviluppo del Paese. La privacy è diventata in pochi anni una conquista a sostegno della libertà e della democrazia. Il Garante per la protezione dei dati personali ha pubblicato il volume fotografico : “25 anni di Privacy in Italia .Dalla distanza di cortesia all’algoritmo’’, che racconta la storia di un diritto fondamentale, per celebrare il primo quarto di secolo di attività dell’Autorità e della normativa sulla privacy,realizzato in collaborazione con l’agenzia ANSA , ripercorre i mandati che si sono succeduti dal 1997 al 2022.Il libro racconta i primi 25 anni di impegno del Garante in difesa dei diritti delle persone e a sostegno dello sviluppo del Paese, ma getta anche lo sguardo alle nuove sfide che già impegnano la protezione dei dati: intelligenza artificiale, algoritmi, riconoscimento facciale, IoT, neurodiritti. Dal 1997, anno di nascita del Garante e di entrata in vigore della normativa sulla protezione dei dati, al 2022 molte cose sono cambiate, siamo passati dalla carta all’identità digitale, dalle file allo sportello all’home banking, dagli album di foto alle gallerie sullo smartphone e sui social. Il Garante ha dettato alla Pubblica amministrazione, alle imprese, alle piattaforme digitali, ai gestori telefonici e ai Social, le misure necessarie per proteggere i dati personali nella vita reale e nella dimensione digitale. In pochi anni il diritto alla privacy è diventato cruciale e ha reso sempre più consapevoli del valore dei nostri dati e della necessità di proteggerli. Secondo il Prof. Stanzione ,attuale presidente dell’autorità garante: “La democratizzazione della privacy; la sua affermazione come diritto sempre più di tutte e tutti e, soprattutto, degli ultimi. Nato e percepito, in origine, come tradizionale prerogativa borghese, il diritto alla privacy si è progressivamente affermato in Italia anche grazie allo Statuto dei lavoratori già negli anni ’70, come potente strumento di redistribuzione del potere informativo e, dunque, di garanzia delle fasce deboli nell’ottica dell’eguaglianza sostanziale sancita dalla Costituzione. E’ quello che Stefano Rodotà definiva il passaggio dal segreto al controllo (del potere informativo)”. “Come ogni emergenza, la guerra amplifica la dimensione della necessità e induce a sottovalutare l’importanza dei diritti. A farne le spese sono, quasi sempre, i soggetti più vulnerabili per condizione sociale, economica, personale. E questo è inaccettabile. Ecco perché, ad esempio, proprio rispetto alla guerra abbiamo ribadito l’esigenza di evitare, pur nel prezioso esercizio della libertà d’informazione, la pornografia del dolore, espresso dalla forza drammatica di bambini e corpi straziati”.”La pandemia ci ha insegnato a ricercare sempre, dietro pretesi antagonismi, una sinergia virtuosa tra l’io e il noi, la libertà e la solidarietà. La privacy è stata un’interprete importante di quest’esigenza di bilanciamento, dimostrando la rilevanza della sua “funzione sociale” nel garantire un equilibrio democraticamente sostenibile con le esigenze collettive e nel rendere la tecnica strumentale all’uomo e alla libertà, mai viceversa. Si pensi a Immuni, ma anche al green pass: casi nei quali la tecnica ha fornito soluzioni per minimizzare l’impatto, sulle libertà, delle misure di contenimento sanitarie”. “Il rapporto tra privacy e informazione è governato dal criterio di essenzialità, che legittima la diffusione di dati anche personali purché funzionali a fini informativi rispetto a notizie di pubblico interesse. Ciò consente di adempiere alla fondamentale funzione informativa senza, tuttavia, far scadere il giornalismo a sguardo dal buco della serratura, che nulla aggiunge in termini informativi, ma viola la dignità della persona ‘’.”C’è bisogno di una guida antropocentrica dell’innovazione, che impedisca di rendere l’uomo strumento della macchina, anziché viceversa. E’ la direzione impressa dalla regolazione europea sul digitale, che sin dal Gdpr mira a coniugare innovazione e umanesimo digitale”. “L’Europa dei piccoli passi – per riprendere l’idea di Schuman – è andata molto lontano e, soprattutto, ha segnato la direzione giusta da intraprendere per la garanzia della libertà, dell’eguaglianza, della solidarietà: porre la persona – come recita la Carta di Nizza – al centro. La sfida che l’attende è farsi promotrice dell’universalismo dei diritti umani”.