da Antonio Cortese
SALERNO – Dai primi anni del Duemila, almeno nel meridione, gli italiani hanno cominciato ad avere a che fare con “nuovi” stranieri, poi identificati perlopiù come immigrati, specie nella veste sociale di badanti con famiglie a seguito e a carico, spesso fornendo l’impressione che fossero un fenomeno temporaneo, di passaggio, che non sarebbe durato a lungo. Capendo poi che invece “l’America sta qua” come Cotugno docet, il flusso si é rivelato col tempo una vera e propria fuga alla conquista del west. Ora il conflitto ha accelerato l’esodo via da una nazione presieduta da un ragazzotto, che veste come alla festa dell’onomastico dei nonni anche quando ultimamente ha fatto il giro in mezza Europa, alle corti e nei salotti che gli hanno saputo offrire solamente i bottoni di una nuova giacca, magari, ma giammai i bottoni delle stanze del potere. La guerra ucraina é un complicato tavolo su cui si giocano svariati interessi: non sono coinvolti infatti solo gli interessi rivendicativi di Putin, le valvole di sfogo delle destre estreme europee, delle vecchie derive al livore Usa-Urss o più recenti degli Usa contro i cinesi; ci sono nuove partecipazioni che dal Mar Nero alla Crimea, vedono nel cast degli attori principali Erdogan, i mercenari ceceni, i lupi delle Borse della finanza internazionale, i gotha delle aziende di Silicon Valley, e al seguito più uomini di potere di quanti ne abbia potuti incontrare Marco Polo nel Milione. Inoltre l’espansione e la legittimità della Nato che anche dopo la batosta del Vietnam crede o spera ancora di poter riuscire laddove Napoleone nemmeno seppe. Per sbrogliare questo conglomerato di tensioni in una nazione che si sta rivelando immatura sia geopoliticamente che nel governo interno, appunto perché rappresentata da un niente più che volto nuovo della tivvù, pari ad un partecipante negli studi televisivi che a stento interviene per salutare la mamma e gli amici a casa, basterebbe restituire a Putin ciò che è di Putin. Anche perché il fuggi fuggi durava già fortemente molto prima di questo conflitto a dimostrazione di una nazione resa invivibile già per mala e scarsa capacità di amministrazione. In questi giorni si paventa un golpe “cremlinico” ma se fosse vero, come tutti i colpi di stato sarebbe una regressione come nei casi del Cile di Pinochet, la Spagna franchista e altrettanti casi di repubbliche africane, fino a quello goffo fallito dopo le ultime elezioni statunitensi.