da Dr. Alberto Di Muria
Padula-La fibrillazione atriale è la forma più diffusa di aritmia cardiaca, cioè è un disturbo della frequenza o del ritmo cardiaco. Si diagnostica fibrillazione atriale quando le due cavità superiori del cuore, gli atri, fibrillano, cioè si contraggono molto velocemente e con un ritmo irregolare.
La fibrillazione atriale riconosce varie cause, tra cui diverse malattie e sofferenze del cuore, l’ipertensione, l’ipertiroidismo, il diabete, il consumo eccessivo di sostanze alcoliche. I sintomi principali della fibrillazione atriale insorgono velocemente e consistono generalmente in: cardiopalmo o palpitazione, vertigine, dolore toracico e dispnea. Per la diagnosi di fibrillazione atriale, sono fondamentali una valutazione cardiologica, l’elettrocardiogramma e l’ecocardiogramma, oltre ad alcuni esami del sangue.
Durante la fibrillazione atriale il sangue si accumula negli atri e non viene più adeguatamente pompato nelle due cavità inferiori del cuore, i ventricoli, perdendo la capacità di una corretta sincronia tra le camere del cuore. Quindi, per effetto di una fibrillazione atriale, viene meno la capacità del cuore di pompare correttamente il sangue nei vari distretti del corpo; la gittata cardiaca, infatti, diviene irregolare, insufficiente e incapace di soddisfare le richieste dell’organismo.
Per questo la fibrillazione atriale può essere responsabile di due gravi complicazioni, ictus e arresto cardiaco.
Durante la fibrillazione atriale gli atri non riescono a pompare tutto il sangue nei ventricoli, quindi parte del sangue ristagna al loro interno. Si può quindi formare un coagulo negli atri. Se il coagulo si sposta e raggiunge il cervello, può causare un ictus. Se, invece, la gittata cardiaca cala troppo si può avere l’arresto cardiaco.
La terapia farmacologica è costituita da farmaci antiaritmici, che sono in grado di prevenire o correggere l’aritmia, e da una terapia anticoagulante orale che deve essere seguita quando c’è il serio rischio che si generi un fenomeno embolico. Oggi abbiamo a disposizione nuovi coagulanti orali di facile gestione, che non richiedono l’esecuzione di prelievi del sangue ogni 7/10 giorni, come accadeva in passato.
Tra gli anticoagulanti orali diretti di ultima generazione più impiegati nel trattamento della fibrillazione soprattutto nei pazienti orali ci sono il rivaroxaban e l’apixaban. Un ampio studio americano ha confrontato il profilo di sicurezza dei due farmaci coinvolgendo oltre 500.000 pazienti d’età pari o superiore a 65 anni con fibrillazione atriale, che hanno iniziato il trattamento con uno dei due farmaci tra il 2013 e il 2018.
Lo studio suggerisce che nei pazienti anziani con fibrillazione atriale, il trattamento anticoagulante con rivaroxaban sarebbe associato a un rischio significativamente maggiore di eventi ischemici ed emorragici rispetto all’apixaban. I risultati di questo studio si aggiungono alle prove di letteratura già esistenti suggerendo che la terapia con rivaroxaban sia associata a un maggior rischio di sanguinamento e a una minore protezione tromboembolica rispetto ad apixaban.