Aldo Bianchini
SALERNO – E’ proprio questa, in sintesi, la domanda che un po’ tutti si pongono a distanza di trent’anni dalla deflagrazione di mani pulite che è passata alla storia come “tangentopoli”: ma erano tutti innocenti ?
La risposta che darei io è esattamente il contrario della domanda, per me “erano tutti colpevoli” con una distinzione tra la colpevolezza etico-morale e quella decisamente dai profili penalmente rilevanti.
E perché allora non sono stati tutti condannati ?; beh, semplicemente perché molti magistrati non sono stati capaci di arrivare alle prove conclamate, hanno perso tempo ed hanno concesso ai colpevoli di organizzarsi per fare scattare le “barriere insormontabili del sistema” nel quale, purtroppo, erano stati cooptati molti magistrati, professionisti e funzionari d’apparato, nonché malavitosi di ogni genere.
E poi c’è stata la componente magistratura-potere che ha, inesorabilmente, deviato l’iniziale e forte consenso dell’opinione pubblica verso la decisa condanna degli eccessi di protagonismo di molti Pubblici Ministeri, alcuni dei quali tentarono addirittura il golpe contro il Parlamento cingendo d’assiedo Palazzo Montecitorio con la richiesta di consegna di tonnellate di documentazione che un forte e deciso Giorgio Napolitano (si, proprio lui che allora era presidente della Camera) riuscì a scongiurare ed a rispedire al mittente che in quel momento si chiamava “pool mani pulite” di Milano. E ci fu anche la presa d’atto dell’immaginario collettivo che mal sopportava le indagini unidirezionali nei confronti dei partiti dell’arco costituzionale e di governo.
Il sistema era quello e toccava tutti i partiti esistenti: DC, PSI, PLI, PRI, PSDI, PCI, MSI ed altri; dal più grande politico nazionale al più umile degli uscieri dello Stato, tutti si crogiolavano in quel sistema per trarne vantaggi, anche miseri ma pur sempre vantaggi; e questo per un Paese democratico non va bene.
Tutti, dicevo, erano colpevoli di azioni personali in violazione dell’etica comportamentale; molti si coprirono di responsabilità penali personali, alcuni pagarono (innanzitutto quelli che erano stati presi di mira dai magistrati) e tanti altri la fecero franca per il rotto della cuffia delle tantissime prescrizioni provocate anche dal fatto che non c’erano tanti magistrati disponibili a lavorare sodo in quel guazzabuglio di decine di migliaia di faldoni per un complessivo numero di fogli (allora ancora dattiloscritti o manuali) che, stando alle stime dell’epoca, superava di gran lunga i cento milioni di pagine.
Ma quale era il clima che diede l’abbrivio alla comparsa di tangentopoli ? In ogni città italiana, diciamocelo con franchezza, si respirava un’aria pesante di compromessi e di tangenti, la gente era esasperata e non aspettava altro che pulizia anche se fatta con la mannaia del giustizialismo.
Un gip salernitano, Mariano De Luca, in una sua ordinanza del 21 settembre 1992 così descriveva il clima di Salerno:
“”Non può dunque sottacersi che i fatti di causa costituiscono una delle non frequenti occasioni offerte alla giustizia per far luce sulla oscura e desolante realtà che sovente si annida nelle pieghe delle istituzioni troppo facilmente permeabili ad interessi personalistici ed a sfruttamenti parassitari; lo squallido sottobosco che rigoglia ai margini del sistema istituzionale è nella vicenda processuale esemplarmente rappresentato e mostra, con la forza della protervia dei fatti, come l’abbandono di ogni principio morale, il disprezzo verso i valori fondamentali della vita associata, il miope egoismo che tutto subordina al tornaconto personale siano ampiamente diffusi, sovente elevati a sistema di vita e tendenzialmente suscettibili di attentare alla stessa sopravvivenza dello stato di diritto, non meno di fenomeni delinquenziali assai più appariscenti ed eclatanti. Gli elementi probatori sin qui acquisiti, confermando puntualmente l’ipotesi accusatoria, hanno evidenziato non soltanto come protervia e scadimento morale possano indurre a ritenere fatto normale e fisiologico l’appropriazione privatistica di apparati e sistemi predisposti a tutela di interessi generali e collettivi, ma anche come ad una concezione così distorta non siano estranei professionisti stimati e di prestigio, esponenti di categorie cui certo non difettano gli strumenti per una corretta valutazione di simile forma di devianza … La prognosi comportamentale non può, dunque, che essere infausta””.
E’ cambiato qualcosa da allora ? Non so lo, sicuramente il “SISTEMA” è cambiato e si è strutturato in maniera molto più impermeabile rispetto a prima; qualche volta in passato ho criticato quella ordinanza, oggi devo ammettere che aveva ragione quel magistrato del ’92.