da Pietro Cusati
Il CSM ha lo scopo di garantire l’autonomia e l’indipendenza della magistratura dagli altri poteri dello Stato, in particolare da quello esecutivo, secondo il principio di separazione dei poteri espresso dalla Costituzione che fa riferimento ad esso agli artt. 104, 105, 106 e 107. Il Consiglio Superiore della Magistratura è un organo costituzionale di governo autonomo della magistratura. La riforma Cartabia del Consiglio Superiore della Magistratura interviene dopo che ha visto la Magistratura e l’organo di autogoverno dei giudici al centro di scandali. La riforma della giustizia è ineludibile anche in seguito alle pressanti richieste dell’Unione Europea e per consentire al nostro governo di usufruire degli incentivi previsti dal PNNR. La Costituzione, all’art. 110, assegna al Ministro della Giustizia il compito di curare l’organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia, ferme restando le competenze del CSM; l’art. 101, comma 2, Cost. garantisce, invece, la piena autonomia e indipendenza dei giudici da ogni altro potere, dichiarando che essi sono soggetti soltanto alla legge. Al CSM spettano, in particolare, le competenze in materia di assunzioni, assegnazioni o trasferimenti, promozioni e provvedimenti disciplinari, valutazioni di professionalità nei riguardi di magistrati ordinari e onorari, perché i magistrati amministrativi, contabili e militari hanno propri organi di governo.Il CSM attualmente è composto da 27 membri ed è presieduto dal Presidente della Repubblica che vi partecipa di diritto. Altri membri di diritto sono il primo presidente e il procuratore generale della Corte di Cassazione. Gli altri componenti sono eletti per i 2/3 da tutti i magistrati ordinari tra gli appartenenti a tutte le componenti della magistratura (membri togati, 16) e per 1/3 dal parlamento in seduta comune tra i professori universitari in materie giuridiche e avvocati che esercitano la professione da almeno 15 anni (membri laici, 8). La presidenza del collegio è assegnata al Capo dello Stato, anche se tale presidenza ha un carattere formale e simbolico, visto che il CSM elegge, tra i membri laici, un vicepresidente che svolge concretamente tutti i compiti connessi alla presidenza. La carica di consigliere è incompatibile con quella di parlamentare o di consigliere regionale. Il Consiglio elegge il vicepresidente tra i membri eletti dal parlamento. I membri elettivi durano in carica quattro anni e non sono immediatamente rieleggibili. Spetta alla legge ordinaria determinare quanti sono i componenti e come sono eletti. Un magistrato che voglia candidarsi a far parte del CSM deve raccogliere dalle 25 alle 50 firme . Le correnti sono diventate i “partiti” dei magistrati e influenzano le decisioni prese dall’organo, come ha dimostrato il “caso Palamara”, intervengono per favorire l’assegnazione di incarichi ai suoi componenti, decidono trasferimenti e nuove destinazioni. Si muovono in un’ottica di promozione del gruppo e non sono certo utili per garantire giustizia ai cittadini. Con il SI al referendum viene abrogato l’obbligo, per un magistrato che voglia essere eletto, di trovare da 25 a 50 firme per presentare la candidatura. L’attuale obbligo impone a coloro che si vogliano candidare di ottenere il beneplacito delle correnti o, il più delle volte, di essere ad esse iscritti. Con il sì, si tornerebbe alla legge originale del 1958, che prevedeva che tutti i magistrati in servizio potessero proporsi come membri del CSM presentando semplicemente la propria candidatura. Il quesito referendario :«Volete voi che sia abrogata la Legge 24 marzo 1958, n. 195 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della Magistratura), nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad esso successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: articolo 25, comma 3, limitatamente alle parole “unitamente ad una lista di magistrati presentatori non inferiore a venticinque e non superiore a cinquanta. I magistrati presentatori non possono presentare più di una candidatura in ciascuno dei collegi di cui al comma 2 dell’articolo 23, né possono candidarsi a loro volta”?».Le nomine dei dirigenti degli uffici sono l’unico caso in cui il Ministro della Giustizia interviene nel procedimento, esprimendo il “concerto”, una sorta di parere necessario sul magistrato individuato dal Consiglio. Ciò si giustifica perché, secondo l’art. 110 Cost., il Ministro della Giustizia è competente per l’organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia. Pertanto, poiché i dirigenti degli uffici giudiziari hanno notevoli poteri in materia organizzativa, è coerente che il Ministro della Giustizia possa esprimere la propria valutazione.Le decisioni del plenum relative a magistrati sono recepite da un decreto del Ministro della Giustizia. Gli atti del CSM sono impugnabili davanti al TAR.