da Antonio Cortese (giornalista)
Avviso ai naviganti: questo non é un coccodrillo. Nemmeno un articolo di attualità. Mattarella é entrato in una macchina del tempo presidenziale che già viaggia a ritroso. Che Casini parli alla radio come se fosse più che prossimo all’elezione di presidente e che anche i politici locali non tradiscano una forzata sensazione di ansia ancora da rilassare vuol dire che stiamo vivendo una situazione deja vù incompleta. Lo stesso Sergio nazionale parla con un sottile tono di abbandono perché sa che gli italiani in pochi giorni sono divenuti più adulti. Le cariche di rappresentanza e di capo dell’Esercito sono invece invecchiate con lui a confermare che come in più paesi la presidenza abbia la necessità di un ruolo più fattivo, almeno in parlamento e al senato, per proporre il varo di alcune leggi o per avere un peso politico maggiore senza aspettare che i deputati vadano ogni volta da lui a prendersi il thè come in ricevimento dal Papa o dalla regina. Infatti più che tempestivamente Papa Francesco si é recato egli stesso negli studi dell’amico Fabio dando un esempio magistrale a prescindere dal ruolo catechistico. Questa macchina del tempo può rimettersi in linea se finalmente dunque il governo si dia una buona volta la scadenza per diminuire il numero dei senatori e dei parlamentari, attribuire più responsabilità alla massima carica, ma quanto prima diminuire i privilegi nelle Camere, senza molti dei quali i deputati si incantino di meno ad osservare le bellezze romane e si diano una mossa nel fare più che a presenziare meri stalli di rappresentanza partitica. Queste ultime righe appartengono ai buoni propositi del M5s (di questo partito di maggioranza, stranamente ne parla a stento il Gr3 e ancora non si capisce perché: par condicio? vigilanza Rai? agenda setting? Enjoy the silence!) e anche alla propaganda triturata dal post tangentopoli ai primi mattarellum; ma come dicevano i tifosi del popolo sportivo della Salernitana prima del presidente Soglia: “ …moririamo noi, morirebbero i nostri figli, ma questa riforma nemmanc’ a verimm’!”