La morte di ogni censura

 

da Antonio Cortese (giornalista)

Anche quest’anno non ho assistito al festival di Sanremo; come direbbe Cesare Cremonini, “da quando Pippo non presenta più..”.  Grazie al web ho potuto notare solamente l’eco affettato dell’entrata in scena, a quanto pare da quasi tutti applaudita e gradita di una nuova forma di Transgender, che sembra neanche sia un cantante. Un presentatore come Baudo teneva testa ai misteri di Amanda Lear o ai protestanti come quando uno spettatore minacciò di lanciarsi dalla galleria dell’Ariston. Il nazionalpopolare romano-catanese spegneva coi suoi imbarazzi sagaci le polemiche e mediava le diatribe dei camerini col buon senso e una regia responsabile alle spalle. Invece la radiotelevisione italiana di oggi oramai é totalmente incancrenita alla putrefazione da non essersi nemmeno posta il problema di questa definitiva lapide sul ruolo statale, istituzionale e comunicativo. Negli ultimi anni produzioni etichettate come trasmissioni welfare o socio responsabili, ecosostenibili, sono state consumate in queste sere in una disgustosa salsa agrodolce che non ha nemmeno un pizzico di prezzemolo italiano. Inutile sottolineare che Sanremo non é più quindi un festival della canzone, ma un vivaio di personaggi patetici che vanno poi nelle altre reti private per parlare del niente fratto nulla in maniera squallida, con una moda goffa che li fa comparire all’estremo della cafonaggine, con tatuaggi dissacranti e al contempo le tagliatelle al sugo pugliese degli anni trenta, come minimo, o per pubblicizzare un prodotto low cost che dura una settimana più di loro stessi. Almeno ai tempi di Baudo le star facevano a gara con le ultime collezioni di Valentino, Armani e Ferrè. Non ho ascoltato le parole e la standardizzata saggezza di queste comparse sempre più zippate e compresse come in un file del computer a giustificarne il loro momentaneo successo o ipnotizzata audience.  Gli uffici di Saxa Rubra sono ancora in lutto per Sassoli: il lutto passa col tempo; il dibattito, un minimo di pensiero e attenzione della tivù di Stato sembrano invece essere svaniti nei liquami delle fogne sine memoria.

 

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