scritto da Luigi Gravagnuolo il 6 Febbraio 2022 per Gente e Territorio
Del discorso di re-insediamento del Presidente Mattarella è stato già detto tutto, sarebbe addirittura presuntuoso pensare di poter aggiungere altro. Ci limitiamo a qualche considerazione politica a partire dall’analisi delle parole e dei gesti dei protagonisti, cioè del Presidente e dei grandi elettori.
Il Presidente.
I gesti, la mimica facciale e del corpo, le posizioni, i suoi sguardi sono stati quelli soliti, a cui siamo ormai abituati da un settennio a questa parte. L’intonazione invece no, è stata diversa. Mattarella ha parlato con una determinazione insolita, come a dire: il mandato che mi avete conferito è pieno ed io lo espleterò fino in fondo e per sette anni; qui ed ora vi detto l’agenda delle cose da fare e vi indico i percorsi democratici per affrontarle; non transigerò rispetto a deviazioni dalla strada tracciata.
Il Presidente si è dimostrato pienamente in sintonia con lo stato d’animo dei grandi elettori. Preoccupati, impauriti, disorientati, come naufraghi in affannosa ricerca di un appiglio in acque tempestose, così essi si erano presentati al suo cospetto e lui, facendosi salvagente, si è offerto alle loro braccia protese: io avevo altri progetti di vita ma capisco le ragioni per cui mi avete esortato a tornare al Quirinale; ci sto, non mi sottraggo, potete fidarvi.
Nel merito l’intervento è stato asciutto, quasi un mero elenco di problemi da affrontare e di soluzioni da trovare. Eccone la lista: covid e vaccini; efficienza del sistema Italia; inflazione; UE; PNRR; transizione digitale; diseguaglianze sociali e territoriali; calo demografico; transizione ecologica; valorizzazione della cultura e della bellezza; rivitalizzazione della democrazia parlamentare; criticità e tensioni in Ucraina e Medio Oriente; rapporto tra autonomie locali, Regioni e Stato centrale; giustizia; scuola; precarietà e sicurezza sul lavoro; povertà; pari opportunità. Tutti temi indicati solo per titoli, salvo tre: il Covid, la riforma della giustizia e l’organizzazione della vita democratica nelle istituzioni. Come a dire: se non viene rifondata la credibilità della scienza, dei magistrati e dei parlamentari, l’Italia non si reggerà a lungo.
Il decalogo delle dignità. Dopo i saluti istituzionali, come da protocollo, e l’omaggio non protocollare a Monica Vitti, al giovane Lorenzo Parelli e a David Sassoli, il Presidente ha concluso consegnando all’aula ed agli Italiani un decalogo etico, al quale ha chiamato a conformarsi tutta la politica, indipendentemente dalla collocazione parlamentare: azzerare le morti sul lavoro; respingere razzismo e antisemitismo; impedire la violenza sulle donne; difendere la dignità umana dei migranti; combattere la tratta degli esseri umani; garantire il diritto allo studio; non abbandonare gli anziani; contrastare la povertà; tutelare la maternità anche con adeguati servizi sociali; carceri rispettose della dignità dei detenuti ed orientate al loro reinserimento nella società; rimuovere gli ostacoli alla partecipazione dei disabili; liberare l’Italia da mafie e criminalità; tutelare l’informazione libera ed indipendente.
I Grandi Elettori.
55 appalusi, alcuni con ovazione altri di circostanza, comunque tantissimi, così l’aula ha reagito alle parole del Presidente. Non aiutati dalla regia – cauta nel riprendere lo spicchio d’aula in cui sedevano i Fratelli d’Italia – abbiamo comunque passato al setaccio i singoli battimani. Ebbene, le forze che si riconoscono nel Governo Draghi hanno applaudito sempre all’unisono, partecipando compatte ai 55 applausi, senza alcun distinguo tra loro.
Più articolata la posizione della formazione dei FdI. Inizialmente diffidenti, i meloniani non hanno battuto ciglio ai primi applausi dei colleghi. Poi, un po’ alla volta, a partire dal passaggio sul tributo di medici e volontari nella lotta al Covid, si sono sciolti ed alla fine si contano in 23 i battimani ai quali si sono uniti, restando invece in silenzioso dissenso in 19 passaggi.
Come detto sopra, le telecamere non hanno inquadrato gli scranni dei FdI in 12 casi, sui quali dunque nulla possiamo dire. In un caso, quando il Presidente ha introdotto il tema della giustizia, i FdI inizialmente sono stati titubanti, per associarsi poi all’aula plaudente.
Emblematico, infine, il momento in cui il Presidente ha richiamato il dovere di non negare la dignità umana degli immigrati, con i meloniani gelidi e silenti. Ma subito a seguire il Presidente ha aggiunto: “È anzitutto la nostra dignità che ci impone di combattere, senza tregua, la tratta e la schiavitù degli esseri umani”, al che loro hanno addirittura chiamato la standing ovation!
In conclusione, se il linguaggio dei corpi e dei gesti ha un senso, possiamo concludere che tutta la politica italiana si riconosce in un denominatore comune, dato da quei 23 appalusi condivisi, mentre c’è un dissenso evidenziatosi nei 19 distinguo.
Vediamo i punti di condivisione: il tributo agli ‘eroi’ della lotta al Covid, l’impegno a che la imminente Conferenza sul futuro dell’Europa non sia un ‘grigio passaggio privo di visione storica’, quello a delimitare l’invadenza dei poteri economici sovranazionali, il diritto dei parlamentari ad esaminare esaustivamente i provvedimenti su cui devono deliberare, il richiamo alla magistratura affinché superi logiche correntizie e riconquisti la fiducia dei cittadini, il saluto ai soldati ed ai cittadini italiani presenti nelle più diverse parti del globo, il valore della cultura e della bellezza, la sicurezza sui luoghi di lavoro, il no al razzismo, il no alla violenza sulle donne, il contrasto alla tratta degli esseri umani, gli anziani, la maternità, le disabilità, la lotta alle mafie, l’informazione libera ed indipendente. Una base di condivisione non di poco conto, come si vede.
E i distinguo: i vaccini, il declino demografico cui ‘l’Europa sembra condannata’, l’Ucraina, il Mediterraneo e il Medio Oriente, la critica alla presunta maggior efficienza dei sistemi autoritari rispetto alla democrazia parlamentare, il ruolo centrale dei partiti e dei corpi sociali intermedi nella vita democratica, il garantismo come orizzonte della riforma della giustizia, la lotta alle povertà e alle diseguaglianze, l’approccio umanitario all’immigrazione, la necessità di carceri che non umilino i detenuti.
Infine, il dissenso radicale sulla stessa scelta del Presidente, che notoriamente i FdI non hanno condiviso: all’applauso finale loro sono restati seduti.