Aldo Bianchini
SALERNO – Il mio precedente articolo titolato “Crescent, il ricorso di Pirro” ha incontrato il favore di parecchi lettori, anche se non sono mancate (come è giusto che sia) opinioni diverse sulla vicenda.
Due lettori in particolare mi hanno colpito per il contenuto dei loro commenti inviati direttamente in calce al predetto articolo; il primo di Giovanni Falci (noto avvocato penalista) e il secondo di Gaetano Perillo (ingegnere, ammiraglio) che spesso onora questo giornale per i suoi lunghi e appassionati nonché appassionanti commenti.
Parto proprio da quest’ultimo perché, come spesso è accaduto in passato, l’ing. Perillo mi offre la possibilità di esternare alcune precisazioni. Nel suo commento parla dell’ottimo articolo scritto dalla giornalista Monica De Santis su leCronache.it in merito al degrado di Salerno; una parte significativa del commento, che credo nessun altro giornale avrebbe pubblicato, è dedicato proprio alla bravura di Monica; invece noi siamo stati ben lieti di pubblicare il commento con nome e cognome della giornalista che, forse, ignora addirittura l’esistenza di questo giornale che, invece, non ha mai avuto remore a declamare la professionalità degli altri come nel caso di specie.
Poi, per entrare nel merito, Perillo scrive testualmente: “Altrettanto, ma un po’ meno, per quanto riguarda il comportamento dei responsabili del decoro urbano, che trovano giustificazione nelle ristrettezze di bilancio se sono costretti ad assegnare priorità ad altre esigenze. Non è accettabile invece assistere a insistenti e perduranti accanimenti di attivisti di certe Associazioni che, per quanto diffuso dai mezzi di informazioni, girano altrove lo sguardo, perché il loro vero problema per ridare decoro alla città è eliminare lo “scempio” rappresentato da quanto ideato dal defunto arch. R. Bofil a ridosso del porto commerciale”.
Poi c’è stato il simpatico ma dirompente commento dell’amico avv. Giovanni Falci: “Caro Aldo, a te che segui con attenzione i processi salernitani ti invio un suggerimento: segui la fase esecutiva di questo processo e controlla se le “associazioni” che hanno alimentato il processo di niente, pagheranno le spese a cui sono state condannate già in sede di Appello. Controlla cioè se hanno la capacità patrimoniale per rispondere della condanna pecuniaria. C’è un detto volgarissimo che dice “vuoi fare u ricchi…. cu culo degli altri”.
Che dire di questi commenti se non che almeno io li condivido pienamente, parola per parola. Il problema, come ho già scritto altre volte, sta tutto nella proliferazione di comitati e associazioni che, nel nome di una presunta e pretesa libertà di espressione, si arrogano il diritto di contestare tutto e tutti già sapendo di non dover pagare niente in partenza e, soprattutto, di essere ascoltati da un a buona fetta della magistratura che conta proprio sui ricorsi a gogò per poter avere il paravento giusto per poter attaccare indiscriminatamente innanzitutto sul piano politico ogni tipo di ostacolo per vare anch’essa politica del potere per il potere. E poi questi comitati e queste associazioni mica si fermano dopo l’eventuale primo rovescio giudiziario; macchè, continuano indefessamente e impudentemente ad interporre ricorsi su ricorsi contribuendo in maniera massiccia alla pessima gestione della giustizia. Anche a causa della massiccia presenza di comitati e associazioni in Italia assistiamo, con sempre maggiore intensità, alle vertenze senza fine quelle di Palazzo Santoro, Fonderie Pisano, Crescent, ecc. ecc.
Spesso si rasenta il ridicolo soprattutto quando sono gli stessi comitati e/o associazioni a dichiarare esplicitamente che non si fermeranno mai e che produrranno un ricorso al giorno. Purtroppo questo accade solo nel nostro Paese.
E allora cosa fare ? Da più parti è stato suggerito di imporre una “tassa del ricorso” (stabilità nell’entità per tipologia del ricorso stesso) che deve essere anticipata da chi lo produce, salvo poi ad essere restituita in caso di vittoria in sede giudiziaria. Nel caso delle contravvenzioni stradali la tassa è stata dirimente ed ha alleggerito notevolmente il lavoro dei giudici di pace, senza suscitare indignazione.
Ovviamente la tassa non deve apparire come una limitazione della libertà, piuttosto come una ricerca più attenta della giustizia.
Un sincero ringraziamento al Dr. Bianchini per il lusinghiero giudizio espresso nei miei riguardi per i commenti che a volte sono indotto a fare, nel leggere i suoi editoriali che, per contenuto e forma, accrescono ogni volta la mia stima nei suoi confronti.
Riesce a spaziare su argomenti i più disparati e ne affronta le problematiche in maniera oggettivamente scevra da ogni forma di partigianeria, illustrandone le varie sfaccettature, ma sempre in maniera pacata (non facendosi sfuggire tuttavia le necessarie … punture di spillo su tematiche particolarmente spinose: magistratura, antinfortunistica sul lavoro, Certosa di Padula, il Vallo di Diano con le sue tante complesse e intricate realtà, ecc.).
È noto come la città di Salerno, forse per una inconscia assimilazione con l’immagine bifronte del suo Santo protettore, non rinuncia ad avere una doppia vocazione: turistica e industriale.
Una convivenza che, per risultare ottimale, dovrebbe essere solo frutto di un miracolo!!
Tuttavia, pur dando atto che è estremamente arduo arrivare a certi livelli direi di natura sovrumana, va riconosciuto che in città permane questa doppia vocazione e si persegue la via del compromesso, onde ottenere e ottimizzare la convivenza di opposte esigenze (anche se le obiettive difficoltà spesso danno luogo a risultati a volte illogici e inaccettabili)
Nelle attuali condizioni, la connotazione industriale, dopo la non entusiasmante performance raggiunta con gli insediamenti ai confini sud-occidentali del territorio comunale, è essenzialmente rappresentata dalle attività che fanno capo al porto commerciale. Una struttura che forse ha … del miracoloso (absit iniuria verbis) se riesce a produrre risultati di tutto rispetto, nonostante carenze di spazio, di interconnessioni, ecc.
Viceversa l’altra vocazione, per certi aspetti, appare più di tipo intenzionale che realmente perseguita per la valorizzazione di quanto la città può offrire.
In vari contatti extra salernitani mi son sentito chiedere cosa c’era da vedere oltre al Duomo, ai Musei cittadini, al Lungomare, al Giardino della Minerva e ora alla Stazione Marittima di Zaha Hadid e alla Piazza della Libertà o le Luci d’Artista.
Ho accennato allora, ma con un certo riserbo, anche a un potenziale elenco di attrazioni esistenti nel Centro storico. Non ho potuto nascondere che per molte di esse persiste uno stato di abbandono e di mancato recupero che rende impossibile ammirarle. Eppure si tratta di opere di pregio, di sicuro valore storico, artistico e architettonico.
È un peccato che non vengano valorizzate, unitamente al contesto ambientale della loro collocazione.
Ed è un peccato che le famose “Associazioni”, tradendo un preciso mandato del loro statuto, quasi ignorino queste realtà e, al fine di un loro restauro, non usino la stessa combattività che dimostrano per altre circostanze.
Mi correggo per la collocazione degli insediamenti industriali:
Sono nell’area sud-orientale e NON sud-occidentale del territorio comunale.
A proposito di decoro urbano, in un mio commento di qualche giorno fa, gentilmente citato dal Direttore Bianchini, mi ero soffermato sulla precaria situazione in cui versano alcuni edifici situati in particolare nel Centro Storico (ma anche in zone più moderne della città), la cui scarsa manutenzione e, in molti casi, l’abbandono alle devastazioni provocate dall’incuria del tempo, provocano irrimediabili offese al decoro della città e alla sua immagine, specie se si vuole approfondire la conoscenza della sua storia e delle sue testimonianze artistiche.
Facevo risalire a vari soggetti la responsabilità di tale disinteresse e/o della scarsa volontà di attribuire la dovuta importanza a tale problematica, anche in relazione al fatto che da più parti si aspira o addirittura già si proclama che Salerno ha un respiro europeo, ma poi poco si fa per aggiungere alle esistenti note attrattive turistiche altri significativi richiami del suo passato.
Al riguardo, avevo citato i pubblici amministratori, responsabili di tale delicato settore, come coloro da additare quali i soli parzialmente giustificati “dalle ristrettezze di bilancio, in quanto costretti ad assegnare priorità ad altre esigenze”.
Quasi a conferma di ciò, leggo oggi fra i titoli della rassegna stampa una notizia il cui contenuto suscita legittime curiosità circa le motivazioni delle decisioni assunte:
“Tolti i fondi per restaurare la chiesa di S. Maria De Alimondo. Vanno al Parco di Mercatello. Quei soldi erano destinati anche al restauro della Casa del Combattente, al recupero di Palazzo Genovese e alla palazzina Liberty nell’ex MCM. 4,5 milioni di euro per il recupero di 4 strutture storiche”.
Nessuna obiezione sul valore paesaggistico e sulla funzione di verde pubblico rivestita dal Parco di Mercatello, quasi complementare ad est, rispetto alla Villa comunale ad ovest.
Se ne ricordano l’inaugurazione avvenuta oltre 20 anni fa alla presenza del Capo dello Stato Oscar Luigi Scalfaro, gli importanti lavori di modifica e di rifacimento di alcune sezioni effettuati in passato, ma anche le numerose lamentele da parte degli abitanti dei quartieri circostanti per la scarsa manutenzione che ne ha in seguito caratterizzato la gestione, ad onta della sua indubbia validità e della grande varietà di specie erboree che vi si possono ammirare.
È comprensibile che possa esserci stato un dilemma su dove e come impiegare i fondi disponibili.
Meno accettabile è immaginare che l’incuria, deprecabile ma tutto sommato recente, in cui sono stati lasciati prati, sentieri, piante e fiori del Parco di Mercatello, debba scalzare quella ancora peggiore, consolidata nel tempo e dura ad essere affrontata, che da sempre caratterizza l’esistenza(?) di edifici, chiese, palazzi, archi medievali, ecc., il cui recupero, non meno importante, contribuirebbe a dare alla città un volto nuovo e più aderente alla realtà del suo passato.
Sono quindi auspicabili interventi non più dilazionabili, onde evitare che diventi irreversibile e irrecuperabile il degrado di certe strutture, uniche nel loro genere.