Dr. Pietro Cusati (giurista-giornalista)
Roma , 27 dicembre 2021.Il Consiglio di Stato,in sede giurisdizionale,Sezione Terza, ha emesso la sentenza del 21 dicembre 2021ed ha rigettato l’appella. L’appellante è stato destinatario di provvedimento di ammonimento a cagione di comportamenti asseritamente persecutori che egli avrebbe tenuto nei confronti della sua ex fidanzata. Il ricorso di primo grado avverso il provvedimento di ammonimento è stato accolto dal Tar Campania – Napoli. L’amministrazione appellante pone in rilievo alcune circostanze valide, a suo dire, a connotare la valutazione del giudice di primo grado come affetta da contraddittorietà e malgoverno delle disposizioni normative di riferimento. Va premesso che le condotte persecutorie in una prima fase denunciate sarebbero consistite, essenzialmente, nell’invio (tramite social network) di flussi costanti di messaggi e nell’instaurazione di contatti diretti con terze persone alle quali sarebbero stati riferiti fatti ed episodi riguardanti la sfera privata della donna.Nella seconda denuncia sono state denunciate ulteriori condotte moleste consistite, sempre nella versione della denunciante, in un appostamento in scooter e con indosso il casco, si sarebbe fermato e avrebbe fissato la donna a circa 300 metri di distanza dall’uscita di una farmacia e nella ricezione di “richieste di amicizia” inoltrate, sempre tramite piattaforme “social”, da contatti “sospetti”.Il Collegio ritiene che l’impostazione di ragionamento articolata nell’atto di appello tradisca una trama logica in parte contraddittoria ed in altra parte fondata su assunti di principio non pienamente condivisibili. Il Collegio ritiene che nel caso di specie, anche in considerazione della consistenza e tipologia dei fatti segnalati, detta finalità preventiva potesse essere perseguita, senza nulla cedere sul piano della sua efficacia, in forme e modalità compatibili con l’attuazione piena delle garanzie di partecipazione e di difesa della parte sospettata di essere autrice delle condotte moleste.Nulla l’amministrazione adduce per connotare di sicura irrilevanza l’apporto del soggetto destinatario dell’ammonimento, ovvero per escludere che questi potesse documentare elementi decisivi a falsificare o ridimensionare significativamente i fatti addebitatigli. Le allegazioni contenute nella memoria di costituzione dell’appellato non sembrano sprovviste di apprezzabile valenza e, comunque, non hanno ricevuto confutazione alcuna nel corso del doppio grado di giudizio. Quanto all’assunto delle esigenze di celerità ostative all’avvio di contraddittorio procedimentale, esso è smentito dal fatto che nessuna menzione figura al riguardo nel decreto di ammonimento. Neppure si coglie, dalla lettura dell’atto, un diverso gradiente qualitativo dei nuovi fatti allegati dalla denunciante, che avrebbe potuto e dovuto sollecitare l’amministrazione ad una celerità non compatibile con la ponderazione dei fatti audita et altera parte.L’appello va conclusivamente respinto. L’effetto conformativo dell’annullamento dell’atto gravato in primo grado determina l’obbligo per l’amministrazione di riattivare e concludere il procedimento nell’osservanza dei parametri di condotta sin qui illustrati. La peculiarità della vicenda ed il rilievo essenzialmente procedimentale del vizio positivamente delibato giustificano la compensazione delle spese relative al presente grado di giudizio. L’ammonimento è uno strumento preventivo funzionale alle esigenze di tutela primaria di una parte debole; si tratta. di misura deputata a svolgere una funzione avanzata di prevenzione e di dissuasione dei comportamenti sanzionati dall’art. 612-bis c.p., fondata su una logica dimostrativa a base indiziaria e di tipo probabilistico che informa l’intero diritto amministrativo della prevenzione.In considerazione della consistenza e tipologia dei fatti segnalati, la finalità preventiva poteva essere perseguita, senza nulla cedere sul piano della sua efficacia, in forme e modalità compatibili con l’attuazione piena delle garanzie di partecipazione e di difesa della parte sospettata di essere autrice delle condotte moleste.Le condotte persecutorie in una prima fase denunciate sarebbero consistite, essenzialmente, nell’invio (tramite social network) di flussi costanti di messaggi e nell’instaurazione da parte del destinatario dell’ammonimento di contatti diretti con terze persone alle quali sarebbero stati riferiti fatti ed episodi riguardanti la sfera privata della donna. Nella seconda denuncia sono state denunciate ulteriori condotte moleste consistite, sempre nella versione della denunciante, in un appostamento in scooter e nella ricezione di “richieste di amicizia” inoltrate, sempre tramite piattaforme “social”, da contatti “sospetti”. Difetta di coerenza un incedere procedimentale che consente l’interlocuzione con la parte sino ad un certo punto e solo su una quota dei dati istruttori, assumendo questo apporto come rilevante ed anzi decisivo nella lettura dell’assetto probatorio sino a quel momento determinatosi; e che, in un secondo momento e senza motivata ragione – pur nel contesto di un quadro istruttorio innovato da elementi inediti, ma di contenuto omogeneo ai precedenti e, quindi, al pari dei primi meritevoli di valutazione e riscontro – ritenga quel medesimo contributo trascurabile e non più reiterabile. Non convince appieno neppure l’ulteriore assunto di principio per cui – stante l’unitarietà del procedimento – la parte, avendo beneficiato delle garanzie partecipative offertele dall’originaria comunicazione di avvio del procedimento e dalla possibilità di presentare in allora le proprie controdeduzioni, potendo di ciò dirsi definitivamente appagata, null’altro avrebbe potuto pretendere nel corso del successivo sviluppo procedimentale. |
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