Il 13 novembre la Giornata della Gentilezza

 

Prof. Nicola Femminella (scrittore)

 

Prof. Nicola Femminella

Stamane mi sono trovato ad assistere a un litigio tra due persone adulte davanti al supermercato. A causarlo, il conteso posto per l’auto nel parcheggio, che in quel momento mostrava una evidente disponibilità di spazi vuoti. L’uomo ha preteso una precedenza che non appariva del tutto motivata, anche perché dall’altra parte c’era una giovane donna che tentava di far valere il proprio diritto. Hanno continuato per un po’ e poi l’uomo è entrato nell’esercizio commerciale, dopo aver sbattuto la porta dell’auto con violenza. Dopo averla avuta vinta.

Ho ricordato in quegli attimi che il 13 del mese scorso è stata celebrata la Giornata della Gentilezza, che non ha ricevuto gran risalto sui social né dalla TV. Mi sembra opportuno richiamarla, anche se con ritardo.

È nata ed è stata inserita nel calendario delle celebrazioni per la prima volta a Tokyo nel 1988, ad opera del Japan Small Kindness Movement. Non poteva non nascere in quella parte dell’oriente, dove ho avuto modo  di osservare da vicino, per il tempo trascorso in quella città lontana, e poi a Kyoto, a Nara, ecc. gli innumerevoli atti di gentilezza, anche non verbali, che ti inducono a mantenere il sorriso sul viso per l’intera giornata. Da allora la ricorrenza si è diffusa in tutto il mondo. Spero che la sua incidenza sui rapporti umani sia stata opportunamente esaminata e stimata soprattutto nelle scuole, a cominciare da quella dell’infanzia, dove i bambini fin da piccoli devono essere educati alla pratica delle buone maniere. Naturalmente le famiglie e le altre agenzie educative devono fare la loro parte. Erano straordinariamente graziose le alunne giapponesine, quando mi dicevano hai, doomo[UW1] [UW2] , konnichiwa, ma altrettanto lo erano le donne di tutte le età, perché la gentilezza accresce la grazia delle persone, essendo le due qualità unite da una intima connessione e non conoscono limiti di età, di censo, appartenenza sociale, ecc…

Di certo non si deve essere gentile solo durante il giorno del 13 novembre. Dico subito che la gentilezza dev’essere un tratto permanente nelle azioni intercorrenti con il prossimo e nelle relazioni che s’intrecciano quotidianamente. Sempre e in ogni occasione dobbiamo essere gentili! Vale per abbattere ogni pregiudizio e divisione dovuti alla differenza di colore e razza, al diverso livello culturale, politico, sociale o ai contrasti per motivi “fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità”, che di recente i nostri senatori non hanno voluto riconoscere con il ddl Zan contro l’omotransfobia, scrivendo, a mio modesto avviso, una pagina non bella nella storia del parlamento italiano per le modalità della sua bocciatura, al di là delle convinzioni di ognuno a riguardo della questione. La gentilezza, dunque, per farci sentire tutti uguali e degni di quel rispetto dovuto ad ogni persona, con la quale nasce una interlocuzione, duratura o racchiusa in pochi minuti. Poi esiste un campo vastissimo in cui si deve applicare tale condotta, illimitato, fatto di piccole cose, un saluto per esempio, e di altre che superano montagne e confini, per irradiarsi nella vastità dei continenti: la deforestazione dell’Amazzonia e lo scioglimento dei ghiacciai nell’Antartide abbisognano di “atti gentili” da parte dei governanti della terra, sotto la forma di intese, trattati, cooperazioni e quant’altro serva per “far del bene” a quelle regioni del pianeta. Si fonda sul riguardo che si deve avere per tutti gli altri, prestando loro ascolto e cogliendo le loro esigenze per le quali noi possiamo fornire una risposta positiva . Un piccolo atto di carità all’angolo della strada o davanti alla chiesa. Senza trascurare qualche piccola richiesta di aiuto che ci viene rivolta e che potremmo concedere, se è nelle nostre possibilità, specie quando è di entità minima. A volte basta uno sguardo accompagnato dal sorriso o una sola parola come “prego”, “mi dica”. Arrestare il passo svelto per regalare un riscontro ispirato dalla buona educazione: “certo”, ”si figuri”, per  non mostrare la nostra indifferenza. In alcuni casi la gentilezza si ammanta di generosità verso gli altri, fino ad essere bontà, darsi agli altri con atti concreti e gratuiti. La gentilezza non ha limiti e oggi con i continenti comunicanti si può rivolgere un post di solidarietà, di vicinanza affettiva, un incoraggiamento a persone soffocate da dolori e angustie di ogni tipo, lontane migliaia di chilometri. Pensiamo alle masse di migranti provenienti dal Medio Oriente, bloccati al confine fra Bielorussia, Polonia, Lituania e Lettonia nel gelo e tormentati dalla fama, con bambini che periscono, vittime di un martirio straziante. Quanto può giovare la raccolta di mezzi di prima necessità e la pressione multimediale sui governanti, che hanno tra le mani la loro vita, da parte delle super potenze? Essere gentili e con lo sguardo rivolto agli altri aiuta tutti noi ad essere migliori e affrontare la vita con più fiducia; fortifica e rende più ampie le nostre speranze e sopportabili le delusioni che non mancano. Qualcuno pensa che essere gentile è un segno di debolezza. Niente di più falso. Solo chi è forte è gentile con tutti. E tutto inizia da un “ciao”, da un “grazie”, parole semplici che apprendiamo da piccoli e che useremo tutte le volte che occorrono, se coloro che hanno il compito di educarci ad interagire col compagno di banco o con la comunità internazionale le avranno innestate nel nostro animo con l’esempio e l’insegnamento adatto e puntuale. Da sottolineare i casi in cui soccorriamo un amico che attraversa una circostanza difficile. Stargli vicino, mostrargli il nostro affetto, una sincera partecipazione alla sua vicissitudine, possono essere decisivi, perché trovi coraggio e si riprenda, recuperando l’energia smarrita. A noi deriverà una sensazione di profonda felicità e lo sguardo scoprirà, ad un tratto, il cielo più sereno. Dare qualcosa di noi stessi, ci rende umani e certifica la nostra appartenenza alla comunità planetaria, dove quasi otto miliardi di abitanti hanno un cuore che batte nello stesso modo. La gentilezza serve anche per maturare il rispetto per l’ambiente in cui viviamo e per gli animali nel nostro raggio d’azione. Quanto è triste, d’estate, seguire su una strada i passi incerti di un cane che vi viene abbandonato! Potrebbe, il padrone, per il tempo della vacanza, affidarlo a un conoscente o a un vicino di casa, che certamente non si tirerebbero indietro nell’accettare l’affidamento per un breve periodo del povero animale.

Parlando di educazione vorrei indicare a genitori ed educatori un libro che ho letto quest’anno:  “Il libro dei grazie. Piccola guida alla gratitudine” di Lodovica Cima, ediz. DeAgostini.  Scritto in modo semplice, propone piccoli racconti che entrano nell’animo di piccoli e adulti, suggerendo ai primi venti modi per dire grazie; ai secondi riflessioni buone, dalle quali scaturiscono pensieri semplici, ma profondi e utili per diffondere un florilegio di armonia e gentilezza nei cerchi concentrici, nei quali si sviluppa la nostra esistenza e la sua crescita. Arrestare per un attimo la nostra forsennata corsa quotidiana senza respiro e creare una piccola oasi nel nostro incontenibile egocentrismo, per leggere un libro… gentile, ci può essere di aiuto per migliorare la qualità della nostra vita.

 

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