scritto da Luigi Gravagnuolo il 10 Dicembre 2021 per GT-Gente e Territorio
C’è poco da girarci attorno, allo stato il candidato più forte per il Quirinale resta Mario Draghi.
La minaccia di elezioni anticipate dopo un suo eventuale – ed auspicato – arrivo al Colle, con la conseguente fine del suo Governo, lascia il tempo che trova. Col 70% di attuali parlamentari certi di non essere rieletti, buona parte dei quali non ha ancora maturato il diritto al vitalizio, chi volete che si darà da fare per far sciogliere le Camere. E quand’anche ci provasse, ci vorrebbe meno di una decina di giorni a raffazzonare una maggioranza atta a scongiurare le urne.
In breve, in pectore l’attuale premier è già il Capo dello Stato. Ma si sa, in conclave molte volte si entra papi e si esce cardinali. Consideriamo dunque gli scenari al momento più probabili alla luce dei rapporti di forza parlamentari.
I grandi elettori che a febbraio si riuniranno in seduta comune saranno 1008. Per eleggere il Presidente, nelle prime 3 votazioni servirà la maggioranza qualificata, 673 voti. Dopo il terzo scrutinio sarà sufficiente la maggioranza assoluta, 505.
Vediamo la loro attuale collocazione politica. Ai 630 deputati e 320 senatori in carica si aggiungeranno 58 delegati locali, che non sono ancora stati eletti, che dovrebbero andare 33 al centrodestra e 24 al ‘campo largo’ del centrosinistra (PD+M5S+Cespugli). Aggiunti costoro ai rispettivi schieramenti, sulla carta il centrodestra può contare su 451 grandi elettori; il campo largo su 420 voti.
Il centro parte dai 43 elettori di Italia Viva ai quali potrebbero aggiungersene grosso modo altrettanti tra Toti, Calenda e Della Vedova. In casa Renzi si sussurra di un bottino possibile di un centinaio di voti, disponibili e pronti a giocare la partita senza ideologismi. Plausibile.
Infine andrà tenuto conto del mercato delle vacche, questa volta particolarmente fornito, vista l’ambizione di tutti i parlamentari – di tutti gli schieramenti – di ottenere garanzie di ricandidatura, se non proprio di rielezione nel 2023, e la diaspora in casa 5Stelle, passata dai 338 parlamentari usciti dalle urne del 2018 agli attuali 233. Un centinaio di voti in vetrina.
Al di là dei numeri, sul piano politico-istituzionale, stando alla costituzione non scritta, dopo sedici anni di Presidenze provenienti dal centrosinistra, stavolta toccherebbe ad una personalità proveniente dal campo opposto, o quanto meno ad esso gradita. E Draghi lo è. Quotato è anche Pierferdinando Casini, proveniente dal centrodestra e non sgradito al centro ed al PD. Sullo sfondo Marcello Pera ed altri profili similari.
Berlusconi è una boutade, come volete che possa rappresentare l’unità degli Italiani – e sul piano internazionale l’Italia tutta – un politico con una storia tanto divisiva e “libertina”. Suvvia, gli basterà l’onore di essere votato nelle prime tre chiame da tutto il Centrodestra, magari con l’aggiunta di qualche voto di stima. Il che non sarebbe solo un onore per lui, ma anche una carta da giocare dal centrodestra dalla quarta chiama in poi, quando basterebbero un centinaio di centristi ed anche meno per eleggere un candidato indicato dalla destra. Franchi tiratori permettendo naturalmente.
Stavolta è anche forte la spinta per la prima Presidente donna della storia della Repubblica. In pole position ci sono l’attuale Presidente del Senato, Maria Elisabetta Casellati, e la ministra Marta Cartabia, apprezzata dai garantisti di tutti gli schieramenti. Più a distanza Paola Severino.
A sinistra abbondano figure più che dignitose per il Quirinale, a cominciare da Giuliano Amato e da Paolo Gentiloni, senza sottovalutare i soliti magistrati graditi ai 5Stelle. I numeri però non ci sono, il centrosinistra non può che augurarsi una elezione del Presidente al primo colpo, previo un accordo bipartisan che regga alle imboscate dei franchi tiratori. In questo caso non si scappa, salvo sorprese al Quirinale andranno o Draghi o la Cartabia, con qualche chance per Giuliano Amato, molto stimato da Berlusconi.
L’ipotesi di un Mattarella-bis con funzioni di traghettamento appare improbabile, vista la determinazione del Presidente in carica a non voler stare al gioco. Se il peso della bilancia dovesse cadere su un Presidente traghettatore non sarebbe lui. Magari Gianni Letta, molto attivo in queste settimane. Ma qui siamo ai confini con la fantapolitica.
In conclusione, gli scenari più probabili sono l’elezione alla prima chiama di un candidato pattuito tra tutto l’arco parlamentare; ovvero la parata delle truppe nei primi tre voti, per poi chiudere su un candidato concordato tra centrodestra e centro. Improbabile uno sgretolamento del centrodestra, non improbabile viceversa nel campo largo.