Aldo Bianchini
SALERNO – Nel precedente e primo articolo dedicato agli investigatori ho chiosato scrivendo testualmente: “Che nessuno se la prenda a male se confesso che non mi sono mai piaciuti i super-poliziotti. Spero questa volta di essere smentito da Ficarra – Picone e Castello” (Questore, Vice Questore e Capo Squadra Mobile).
E, invece, le polemiche, molto sottotraccia, non sono mancate anche da parte istituzionale; ma riconfermo la mia ipotesi sul fatto che una parte di essi conosce al meglio le regole sulle quali è chiamato ad indagare per far rispettare i profili di legalità; molto spesso sbagliano pur ritenendo i loro rapporti alla stregua di sentenze passate in giudicato.
Negli anni ne ho viste di tutti i colori, con super investigatori (poliziotti, carabinieri, finanzieri, finanche vigili urbani) impegnati a fondo contro un qualcosa che, anche se non ben definito, diventano il bersaglio dello sfogo per le loro pressanti frustrazioni di vita. E i bersagli sono stati anche prestigiosi e tali da dare di riflesso una enorme pubblicità, per arrivare a sentenze di assoluzione “perché il fatto non sussiste”. E nonostante questo, quei presunti super poliziotti continuano a fare danni, semmai da qualche altra parte, contro persone da ritenere colpevoli in partenza soltanto perché destinatari dalla vita di migliori condizioni economiche e di visibilità.
E’ difficile che qualcuno non me ne voglia ma l’eccessiva pubblicizzazione delle inchieste non mi piace fin da quando, ne lontano 4 febbraio 1992, Ruggero Perugini (il super poliziotto dell’epoca) che dava la caccia al mostro di Firenze, con lo sguardo fiero di fronte alle telecamere di Rai/2, si impose come grande comunicatore e lanciò l’appello passato alla storia: “Fatti vivo, ti aspetto”, rivolto con rabbia e indignazione verso l’allora ancora sconosciuto mostro. Perugini è morto qualche giorno fa all’età di 75 anni; probabilmente non aveva capito niente della complicata e distorta vicenda del mostro di Firenze, ma da super poliziotto si era innamorato della sua “tesi accusatoria” ma cavalcando l’onda di un dissennato consenso popolare, la impose anche ad una balbettante magistratura fiorentina. E per questo ancora oggi i dubbi su quei processi sono a dir poco sconcertanti.
Questi sono i super poliziotti che non mi piacciono; soprattutto quando, come nel caso di Perugini, si intestardiscono su una ipotesi e la portano avanti all’infinito. A Salerno, per dirla tutta, ne abbiamo viste tante di inchieste nate come devastanti (Tangentopoli, Linea d’Ombra, Sarastra, Tesseramento PD, Mons. Scarano e tanti altri), condotte a tutto campo dallo stesso investigatore (tra polizia, finanza, carabinieri) e conclusesi malamente per chi indagava e benissimo per chi veniva imputato.
Ovviamente non sono solo io a dirlo, qualche giorno fa lo hanno non detto ma scritto i giudici d’appello del processo Crescent definendo quel processo “inutile” e quegli investigatori ignoranti delle regole del diritto; e proprio oggi, manco a dirlo, dovrebbe concludersi il “processo Scarano” in cui sono state registrate incompetenze macroscopiche e mostruose; ma di questo e di quegli impenitenti ufficiali della Guardia di Finanza avremo tempo e modo per riparlarne.