scritto da Luigi Gravagnuolo il 18 Novembre 2021 per GT – Gente e Territorio
Nei Paesi ad ordinamento democratico uno stato di emergenza, o di eccezione, viene dichiarato al cospetto di una situazione inattesa, dagli sviluppi imprevedibili, caratterizzata dalla perdita di certezze e dalla paura di conseguenze disastrose. È, ad esempio, quanto accade nel caso di terremoti o di cataclismi, ovvero in guerra. In questi casi occorre che il governo abbia la possibilità di prendere misure tempestive, di immediata efficacia ed eventualmente di correggerle anche ad horas, se necessario.
Lo stato di eccezione, o di emergenza, contempla di per sé pesanti limitazioni alle libertà ed alla privacy personali, alle attività produttive, al commercio, ai pubblici servizi. È un costo necessario per un bene superiore, la tutela della salute e della vita dei cittadini, giusto, ma comporta pur sempre un costo pesante. Va maneggiato con estrema cautela.
Non basta la gravità di una situazione a giustificare lo stato di eccezione. Occorre che la minaccia abbia fatto irruzione nella realtà in modo inaspettato, che sia grave e che sia imprevedibile nei suoi sviluppi. Non è questa la situazione del nostro Paese oggi in pandemia.
Il maledetto virus – nel ‘20 ancora ignoto alla scienza – ci ha trovati due anni fa impreparati e del tutto all’oscuro del modo per fronteggiarlo. Dalle dotazioni strutturali degli ospedali, ai vaccini e alle cure, non avevamo nulla che potesse metterci in condizione di far fronte all’attacco epidemico.
Oggi non è così. In tutta Italia sono stati attrezzati ospedali specializzati e reparti Covid di degenza ordinaria e di terapia intensiva. Sotto il profilo biologico del virus sappiamo tutto, ivi compreso che è suscettibile di migliaia di varianti, quasi tutte innocue, ma alcune delle quali perniciose. Disponiamo di vaccini ed a breve di cure farmacologiche. Peraltro, l’ottantacinque per cento degli Italiani si è vaccinato con doppia dose e circa quattro milioni anche con la terza dose. Soprattutto possiamo prevederne gli sviluppi epidemiologici. Ad esempio, sappiamo che la curva dei contagi è in salita e che tra dicembre e gennaio ci sarà un’impennata.
Tutto ciò rende inutile, dannosa ed ai confini dell’illegittimità la ventilata proroga dello stato di eccezione, il cui termine, ricordiamolo, è per ora il 31 gennaio 2022.
Inutile perché il governo ha la possibilità di gestire la situazione con gli strumenti ordinari della nostra legislazione, la quale contempla la possibilità di emanare decreti-leggi con efficacia immediata. Può dunque tranquillamente programmare i suoi interventi e metterli in essere.
Dannosa, perché tale minacciata proroga dello stato di eccezione finirebbe per rafforzare i sospetti diffusi in una parte significativa dell’opinione pubblica circa una strumentalità politica e/o affaristica dell’enfasi posta dal governo e dai media sui pericoli incombenti. Si tratta per ora di una circoscritta minoranza di persone di convinzioni complottiste e negazioniste, ma non è detto che resti tale. A tirare troppo la corda si finisce con spezzarla.
Ai confini dell’illegittimità perché continuare ad andare avanti con Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro alla Salute, che limitano o sospendono su tutto il territorio nazionale rilevanti diritti civili, mette a repentaglio il nostro ordinamento costituzionale, che riserva al Parlamento e solo ad esso la legislazione in materia. Di norma e al di fuori di uno stato di eccezione, l’esecutivo può intervenire con disposizioni regolamentari o amministrative, non può intaccare i fondamentali diritti costituzionali.
Né sarebbe accettabile che con un atto monocratico del capo del Governo, o di un Ministro, o di un Presidente di Regione ovvero ancora di un Commissario straordinario si deliberasse una limitazione selettiva dei diritti costituzionali, quale quella che si ventila in questi giorni, per la quale i no-vax e solo loro andrebbero tenuti reclusi nelle loro abitazioni. Al più il Parlamento potrebbe stabilire che i no-vax che si ammalano concorrano in toto o in parte alle spese pubbliche per le loro terapie e che ad essi sia interdetta la frequentazione di luoghi affollati. Quest’ultima sarebbe una misura di profilassi sociale più che ragionevole. Ma, quali che siano le decisioni in materia, deve essere il Parlamento a stabilirlo, non a prenderne atto post festum. In breve: è giunta l’ora che la palla passi alle Camere.
Si metta dunque la parola fine allo stato di eccezione il prossimo 31 gennaio e si restituisca agli Italiani il godimento pieno dell’ordinamento costituzionale. A proseguire a lungo con lo stato di eccezione si corre il rischio – per dirla con l’alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Michelle Bachelet – di far diventare “l’emergenza sanitaria una catastrofe per i diritti umani”.