Aldo Bianchini
SALERNO – Sentire e vedere dei magistrati che fanno il processo al processo che Pilato fece a Gesù è un fatto che, sinceramente, mi ha sempre intricato. E spiego anche perché !! perché il processo che fecero a Gesù oltre ad essere il primo vero grande processo pubblico, fu anche il processo della storia ad essere celebrato senza regole precise e sull’onda giustizialista di un popolo ben aizzato dai sacerdoti del Tempio.
E mi meraviglio quando i giudici parlano del processo a Gesù come un processo ingiusto senza tenere conto che quel processo si è riverberato in questi ultimi 1998 anni con ricadute micidiali su tutti i processi celebrati al di là dei tanti controversi codici che li hanno disciplinati.
Cosa voglio dire ?, voglio dire che il processo di oggi, nella sua accezione letterale, non ha nulla di diverso da quello scandaloso in danno di Gesù; soltanto che oggi (pur essendoci sempre il popolo facilmente influenzabile) i sacerdoti del Tempio sono stati sostituiti dal mondo della stampa che si muove, come i sacerdoti, in diretta connessione con la magistratura che nell’immaginario collettivo ha rivestito i panni del Procuratore di Roma.
Ma bando alle chiacchiere, è meglio andare subito alla serata celebrata nel prestigioso Circolo Canottieri di Salerno dove è stato presentato il libro “Quid est veritas” scritto come una sceneggiatura teatrale o filmica del processo a Gesù Cristo dall’ex magistrato Matteo Claudio Zarrella (già presidente del Tribunale di Lagonegro). La serata è stata moderata ed ottimamente condotta dall’avv. Giovanni Falci con relatori personaggi del calibro del sen. avv. Leonzio Borea e della presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati di Salerno (ANM) dott.ssa Maria Zambrano (magistrato del locale Tribunale). Oltre, ovviamente, all’autore dr. Matteo Claudio Zarrella.
Prima di andare avanti mi sembra giusto, però, spiegare al meglio chi è l’uomo e il magistrato Zarrella; quattro anni fa, il 24 ottobre del 2017, nella giornata di saluto per raggiunto pensionamento, in una gremitissima aula del Tribunale di Lagonegro, disse: “Credo di aver speso la mia parte migliore per essere un buon giudice. Il segreto della giustizia sta in una sempre maggiore umanità, e in una sempre maggiore vicinanza umana tra avvocati e giudici nella lotta contro il dolore: infatti, il processo, e non solo quello penale, di per sé è una pena, che giudici e avvocati debbono abbreviare rendendo giustizia”.
Ecco perché in questi anni mi sono sempre detto che il presidente Zarrella era ed è tra i pochi magistrati titolati ad incamminarsi lungo quei difficilissimi sentieri del complicatissimo “processo a Gesù” nella ricerca (forse vana) della verità con un libro che di per sé, anche solo dal titolo, è affascinante: “Quid est veritas” (Qual è la verità), un’opera letteraria che è giunta alle soglie della quarta edizione e che si distingue molto nell’ampia letteratura ufficiale sul primo processo della storia.
Nei saloni del Circolo Canottieri l’avv. Giovanni Falci, secondo me, ha superato se stesso in quanto in chi lo ascoltava (e il parterre era eccellente) ha inoculato il messaggio che in fin dei conti fu lo stesso Gesù a voler essere processato nel modo in cui lo fu, perché si presentò davanti a Pilato letteralmente indifeso e indifendibile, molto probabilmente per consentire il compimento del disegno divino di suo Padre. Gesù, ha detto Falci, non sarebbe stato Gesù e la storia non sarebbe stata quella che noi conosciamo se non si fosse sacrificato sulla croce in forma quasi volontaria, anche se non con piacere.
Mi ha impressionato, per la sua delicatezza ma anche fermezza e serenità, l’intervento magistrale della dott.ssa Maria Zambrano che senza mezzi termini ha stigmatizzato la crisi della giustizia ed ha auspicato la crescita e lo sviluppo dei tre elementi che dovranno contraddistinguere i giudici nell’immediato futuro: preparazione giuridica, sensibilità e riservatezza. Il processo penale –ha detto- deve lasciare la veste di spettacolarizzazione mediatica e ritornare nelle aule di giustizia dove i giudici devo anche ritornare a guardare negli occhi gli indagati e gli imputati. Il processo a Gesù –ha concluso- è un modello che non deve assolutamente essere seguito.
Il sen. avv. Leonzio Borea, dal punto di vista penalistico, ha cercato di limare le responsabilità di Giuda ritenendolo, in fin dei conti, uno strumento mediatico nelle mani del Padre di Gesù. Ed ha ricordato come in altri grandi processi, molto più vicini a noi, come quello all’attentatore di Papa Giovanni Paolo II ed agli assassini di Aldo Moro, c’è sempre stato un Giuda involontario guidato da mani occulte. Ha chiuso rivolgendo all’autore un saluto particolare di ringraziamento per la sua vita da magistrato.
Il lavoro presentato dal dott. Matteo Claudio Zarrella non è un semplice libro sulla crocifissione di Cristo, è un capolavoro dal quale emergono tutti i problemi che affliggono il mondo della giustizia ancora oggi. Con tratto elegante e professionale, senza mai tracimare dal suo essere profondamente magistrato e nel massimo rispetto deontologico della categoria cui appartiene, il presidente Zarrella mentre racconta e snocciola il “processo a Cristo” non fa altro che mettere a nudo tutti i mali della giustizia di oggi che, come con Gesù, hanno scavato un solco profondo e forse insanabile tra la magistratura e l’opinione pubblica. Tangentopoli ha fatto il resto, quello fu un momento importante e significativo, quasi come il grande processo alla storia di Cristo, che per colpa dell’arroganza dei suoi artefici (magistrati, politici, imprenditori, sacerdoti) in entrambi i casi non è riuscito a penetrare nell’immaginario collettivo per far passare come messaggio democratico e giusto ciò che nella realtà non era e non è né democratico e né giusto.