Legge 150, anche il limite ha la sua frequenza.

 

 

 

da Antonio Cortese (giornalista)

 

Appellarsi solamente alla costituzione non basta più. Sui divieti ai giornalisti è bene informarsi con la legge 150 del 2000 che specifica al quarto punto dell’articolo uno la garanzia del segreto di ufficio da parte delle amministrazioni istituzionali.  Un buon avvocato saprà interpretare bene cosa sia e quali ranghi contengano questo tipo di segreto. Comunque la legge citata che disciplina le “attività di informazione e comunicazione delle pubbliche amministrazione” oltre a rappresentare un adeguamento e un aggiornamento che venti anni fa si rese indispensabile, chiarendo diritti e doveri in materia, così dibattuta in queste due settimane, sembra essere ancora ignorata. “Nel rispetto delle norme vigenti in tema di … segreto di ufficio” la legge annovera più  delle stesse “pretese” dei giornalisti; ciò non significa che l’amministrazione debba essere sempre una finestra spalancata a qualsiasi vento. “Attuare, mediante l’ascolto dei cittadini e la comunicazione interna, i processi di verifica della qualità dei servizi e di gradimento degli stessi da parte degli utenti;” è una pratica che non può essere solamente passiva perché per rielaborare le richieste dell’utenza qualche chiusura é salutare, logica e normale. Concetti impliciti comunicati dal legislatore nella materia non possono contenere anche una didattica d’asilo: quindi se davvero c’è qualche abuso é da parte di una iperattività e ansia da parte degli organi di informazione che va calmata di tanto in tanto. Le altre leggi inerenti del ’90, oltre che del ’93, ’97, 2003  potrebbero essere rivisitate più per quanto riguarda i cambiamenti delle frequenze radiotelevisive, che di questo passo, coi nuovi criptaggi, nemmeno con quelle si potrà fare giornalismo ma solamente propaganda mascherata o semplice pubblicità redazionale, più a favorire produttori di schermi amorfi in silicio.

 

 

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