Aldo Bianchini
SALERNO – Se dovessi dare io una risposta immediata alla domanda posta nel titolo di questo articolo (Stato-Mafia: una storia che non esiste ?) potrei dire semplicemente quello che ho da sempre pensato sulla complicata vicenda: “Ci sono stati uomini e pezzi dello Stato che hanno sicuramente incontrato uomini della mafia, ma lo hanno sempre e soltanto fatto nell’ottica di rendere un servizio al Paese e non per favorire la mafia”. Ovviamente c’è chi la pensa in maniera diametralmente opposta ma è disposta a ragionare e ci sono, invece, pezzi dello Sato che sono talmente radicati sulle loro posizioni da non ammettere nessun tipo di dialogo. Tra questi ultimi pezzi dello Stato rientrano alcuni PM (Pubblici Ministeri), alcuni dei quali hanno tenuto un intero Paese nell’occhio del ciclone mondiale per operazioni che probabilmente in altri Paesi rientrano nelle azioni normali dei Servizi Segreti (CIA. KGB e altri).
Ma l’Italia è il “Bel Paese”, e da noi tutto è possibile; addirittura che anche un PM di provincia possa mettere sotto processo per 25 anni i migliori uomini dei S.S. e i cervelli politici più in vista (Andreotti, Berlusconi, Dell’Utri, solo per citarne alcuni) causando gravissimi problemi alla politica interna – estera ed alle casse di un Paese.
Quanto è costato fin qui il processo “Stato-Mafia” e quanto costerà ancora ?, questa la domanda che qualcuno dovrebbe poter e saper imporre a taluni magistrati ed anche ai colpevolisti ad oltranza.
Una cosa è certa e storicamente consolidata; dopo i drammatici attentati del 1992 e 1993 come d’incanto la mafia non ha più colpito obiettivi clamorosi; ma la mafia esiste ancora e, forse, è anche più pericolosa mascherata come è dietro paraventi tecnologici di altissimo livello. Però non ha colpito più e questo, probabilmente, è il risultato di quell’opera condotta in quegli anni drammatici.
Poteri chiudere qui questo articolo; mi piace però andare avanti e riportare anche su questo giornale quanto scritto dall’ex magistrato Carlo Nordio per alcuni grandi giornali nazionali: “La prima reazione emotiva alla pronuncia della sentenza di Palermo che ha stracciato anni di indagini devastanti per gli imputati, costose per la giustizia, e umilianti per il Paese, sarebbe stata quella di rivolgere ai magistrati che Sciascia definiva professionisti dell’antimafia le parole indirizzate da Cromwell al Lungo Parlamento, e che Leo Amery ripeté a Chamberlain dopo l’umiliante disfatta della Norvegia: <Troppo a lungo avete occupato quel posto per quel poco di bene che avete fatto. Andatevene, e sia finita con voi. In nome di Dio, andatevene>”.
Ma è utile anche prendere coscienza di quanto dichiarato dal giurista Giovanni Fiandaca a commento del suo libro “La mafia non ha vinto … il labirinto della trattativa” alla domanda del giornalista (Gigi Di Fiore, Il Mattino) ha così risposto: “Che non spetta al pm stabilire se i provvedimenti e le decisioni di governi e parlamento siano giusti. E, se fosse stato condannato Mori, non avrebbe significato che lo Stato ha trattato con la mafia perché un singolo non è tutto lo Stato. La storia di questi anni dice che la mafia non è stata salvata dallo Stato, ma l’opposto … Le indagini sono spesso andate avanti con casualità … penso alle interpretazioni sulle scelte investigative di 30 anni fa, o a posteriori le critiche a decisioni politiche che rientrano nell’autonomia e negli equilibri dei diversi poteri istituzionali”.
A pensarci bene il problema è tutto nelle esaustive parole di Nordio e di Fiandaca.