da Antonio Cortese (giornalista)
Onde evitare anche quest’anno le polemiche sugli exit-poll, sospinti già a mò di propaganda, sarebbe opportuno questa volta essere maggiormente cauti con le indiscrezioni. Mentre è in piena quotazione il toto nomine sullo scranno del Quirinale, in uno scenario immutato sulle percentuali delle compagini partitiche correnti, a Salerno qualche sbilanciamento, incredibilmente sta posando gli aghi sul bilancino che mancava. Sembra impossibile, alla fruizione delle notizie sotto la tendina “politica” dei siti di informazione, che in città possano improvvisamente cambiare gli equilibri, ma è l’unica vera notizia che possa destare l’elettorato ancora affamato di sfide. Anni di gioie e dolori hanno caratterizzato un municipio che aziona un disco oramai a toni fissi, tarati in modo che cambiando l’ordine dei fattori il risultato non cambi. Pertanto ogni intervista al comune elettore o all’opinion leader di quartiere o di settori economico- produttivi, sindacali o para-politici, risulta un ventilatore dello status quo. Sembra che le elezioni si siano già svolte, almeno seguendo chi non si lamenta dell’andatura. La differenza questa volta, anche se in ritardo di almeno cinque anni rispetto alle acque mosse dal Grillo in tutta Italia, è rappresentata da una donna. Nella roccaforte deluchiana sarà stato assai difficile ritrovare questo bilancino, almeno per dare la speranza agli pseudo penta stellati che anche qui possa agire la nuova politica che rumoreggia nel resto del Paese. Le scorse elezioni sul referendum abrogativo del numero dei parlamentari, i ventilatori, i dischi e tutti i dispositivi mediatici davano per utopica la vittoria del nuovo ma già invecchiato sistema che va risistemandosi. Una marcia indietro impossibile a dirsi e a farsi scoraggia anche il più ottimista o incallito nemico dell’assetto salernitano-campano, ma se la testa di serie opposta sarà abile a non cadere nei tranelli delle interviste pilotate tipiche degli istituti di indagine e statistica, delle più grandi riserve acrobatiche delle ricerche sociali e sociologiche, tutte al lavoro per l’editore di turno, potrà guadagnare un vantaggio almeno per tornare a parlare nell’Aula dei Marmi, secondo una più logica e normale alternanza di voci e presenze. Ridicolo oramai è il peso dell’estrema destra, come la si intendeva fino agli anni novanta, o della destra moderata che tinge di blu puntini impressionistici su una tela rosso pompeiana; compresi gli altri candidati a sindaco in gara (anche se poi il vero polso che tratta sia ambidestro nei modi dirigenziali, amministrativi e burocratici). Con qualsiasi altro pastello, di qualsiasi colore ci potrà essere più partecipazione attiva. Quindi infine “sotto sotto” i giorni che saremo alle urne, si dirà come al solito che il voto è segreto “ma a te lo posso dire”; bisogna ricordarsi che l’intervistatore o il curioso non sono la stessa cosa della parolina sussurrata all’orecchio. Gli exit poll saranno più che mai elaborazione degli algoritmi a seconda dei comportamenti sul web soprattutto per chi vuole cambiare l’inclinazione alla bilancia; basta però seguire meno la tivù, altrimenti della vecchia rete non ci si potrà liberare, senza dimenticarne i fili che ci hanno comunque dato una buona pedagogia alternativa e di informazione in anni e anni. Va ricordata la cosa fondamentale: gli exit poll valgono all’uscita, per puro intrattenimento confidenziale o liberatorio e fanno parte dello show, ma non possono essere messi come in un imbuto di determinati megafoni che danno tutto per scontato per condizionare all’ultimo minuto l’elettore.