da Antonio Cortese (giornalista)
Una volta era il Bar Sport, quando ognuno aveva l’onore e la gioiosa dignità di fare il suo ingresso da star. Spostavi le tendine di plastica, come in un film di Sergio Leone e recitavi la tua parte: “oggi offro io”, ma gli amici stavano già appollaiati come le iene e comunque la battuta, vecchia o originale non mancava mai. In questo gioco di imbarazzi e convenevoli, la propaganda politica, quella sportiva o sull’ultima “sventola” in minigonna di passaggio, le notizie, il darsi da fare e la vita quotidiana avevano però qualcosa di più concreto. Ora i distanziamenti tecnologici fino a quelli sanitari hanno vanificato queste prassi sociali, annullando l’incontro casuale, spesso fortuito, per una pianificazione sterile dei contatti umani. Molti politici oggi mancando di buon senso non sanno nemmeno trovare una giusta via di mezzo alla mancanza del gioco sociale e vitale della società che mandano allo sbando. Ciò accade perché mancando essi di competenza o esperienza a seconda dei casi, emanano provvedimenti drastici, figli della propria paura e ignoranza per inseguire un senso di responsabilità che invece la società chiede loro in altri settori. Come potrà un elettore interloquire, anche informalmente, se non nel bistrot tanto caro e carico di tradizioni che l’aspirante politico vuole portare avanti? Dove scaricare l’ansia che ci rimbalza quotidianamente dagli schermi ghiacciati del terzo millennio? Come smascherare la recente conoscenza o l’amico improvvisato se non ai tavolini simbolo di una sana intimità civile?