Aldo Bianchini
SASSANO – Come da sempre ogni stagione estiva trascorro molto del mio tempo nel Vallo di Diano, non per fare sfoggio di giornalismo (come diceva molto tempo fa un assessore del Comune di Sassano) ma più semplicemente per riposare in una zona che, al di là delle ovvie presenze fastidiose e/o delinquenziali, è ancora una sorta di “isola felice” a cuscinetto tra la Calabria e la Campania.
In questo periodo come nel corso dell’estete del 2020, quando un po’ tutti ci scapricciammo con il liberi tutti, mi stanno contattando diversi lettori di questo giornale per chiedermi notizie concrete sulla diffusione del virus e sulle misure di sicurezza messe in atto dalle istituzioni; questo alla luce delle voci allarmistiche che percorrono in lungo e in largo il Vallo.
Da più parti si segnalano focolai di contagio e in più parti, sempre del Vallo, i sindaci hanno provveduto a chiudere bar e ristoranti nei quali (anche a causa di alcune insensate cerimonie nuziali) è accertatamente esploso il contagio portato, evidentemente, dall’esterno; difatti il contagio non nasce nei bar o nei ristoranti, in essi ci viene portato dall’esterno dai soggetti più eterogeni: casalinghe, professionisti uomini e donne, lavoratori/trici dei tantissimi caseifici, lavoratori/trici delle tantissime aziende di trasporto, dipendenti di Enti pubblici e/o uffici professionali privati; insomma alla fine per contenere la diffusione del contagio pagano, come sempre, i soggetti più deboli, cioè bar – ristoranti – pizzerie e tutti i luoghi dove sono concretizzabili gli assembramenti a vista, cioè visibili da tutti.
Se ne deduce, quindi, con una certa facilità che il rischio focolaio-contagio-diffusione nasce proprio in quei luoghi (opifici industriali !!) dove l’assembramento è facilitato dall’obbligo della presenza per motivi legati all’attività lavorativa ed al rischio che l’interruzione della stessa possa produrre disoccupazione e conseguenti gravi problemi economici, personali, aziendali e territoriali.
Da qui la domanda: “Ma questi opifici industriali come e quando vengono controllati ?”. In un momento di nuovo allarme sociale che investe tutto il territorio del Vallo di Diano sarebbe più che opportuno che i Sindaci del territorio, che il no presidente della Conferenza dei Sindaci dell’ASL Michele Di Candia, che il neo presidente del Collegio dei Sindaci del Distretto 72 Michele Marmo, che il direttore sanitario pro-tempore dell’ospedale di Polla, che il neo presidente della Comunità Montana Francesco Cavallone e anche il direttore generale dell’ASL di Salerno, fornissero delle risposte adeguate alla necessità dei cittadini di sapere ed al dovere delle istituzioni di informare.
Ho ritenuto opportuno lanciare questo segnale perché su tutto il territorio valdianese in moltissimi cittadini si va facendo largo la convinzione che alcuni opifici industriali (quelli nei quali è palese la possibilità del contagio in rapporto all’alto numero dei dipendenti e degli spazi ristretti in cui si muovono) nascondano la verità sugli effettivi contagi al fine di preservare le aziende dalla chiusura, arrivando addirittura a minacciare di licenziamento chi fa uscire all’esterno la notizia del contagio. Come dire: zitti, curatevi in silenzio, altrimenti si chiude.
Ed è proprio qui il nodo di gordio della situazione e necessita che qualcuno spieghi in che modo, se e quando, i controlli capillari vengono effettuati e quali sono i reali dati ricavati dai controlli.
Voglio ricordare, soltanto per la cronaca, che i sindaci sono direttamente responsabili dell’organizzazione dei controlli in quanto nei loro rispettivi paesi rappresentano la massima autorità sanitaria.
Meglio chiudere, per breve tempo, un’azienda e procurare problemi economici a molti o è meglio chiudere bar-ristoranti-pizzeria dove il rischio disoccupazione è sicuramente minore e non spegnere alla fonte il contagio ?
Un chiarimento in questo senso non guasterebbe.