La redazione
SALERNO – Riceviamo e pubblichiamo le riflessioni dell’avv. Oreste Agosto (candidato sindaco a Salerno) sul Crescent e sulla stessa Città di Salerno valide, secondo l’avv. Agosto, per le generazioni future.
Facciamo nostri gli aspetti delle considerazioni di Agosto che riguardano in generale il futuro assetto, anche urbanistico della città, prendiamo ovviamente le distanze dalle riflessioni chiaramente personali che il candidato sindaco esprime in merito alle vicende giudizirie in merito alle quali ci riserviamo successivi approfondimenti.
Avv. Oreste Agosto: Le trasformazioni urbanistiche sono intervenute sul territorio di una Città destinate a rilasciare effetti nei decenni e, forse, nei secoli. Per questo, dovrebbero essere progettate, esaminate e decise verificandone le conseguenze con riferimento alla irreversibilità dell’opera e alla irreversibilità delle modifiche apportate al territorio nel quadro di una valutazione globale di convenienza per l’intera Comunità interessata. Perché, il cittadino deve essere considerato come primo destinatario e beneficiario della trasformazione, non come semplice spettatore privo di qualsiasi diritto alla tutela. In effetti, gli interventi urbanistici, pur quando siano attuati su aree private e nell’interesse di privati, alterano comunque le condizioni dei territori toccando ben precisi interessi pubblici. Sole, luce, cielo, aria, panorama, ambiente, ossigeno, colori, spiaggia, mare, fiumi, sono solo alcuni degli elementi pubblici che sostengono la vita di chi e che appartengono a ciascuno in virtù di un diritto di partecipazione acquisito con la nascita. Il loro rispetto è oggi un obbligo anche grazie alle nuove coscienze ambientaliste apportatrici disensibilità e attenzioni a difesa degli equilibri dell’intero sistema. Se questi sono i presupposti generali, appare evidente che, quando l’intervento è posto in essere direttamente su beni definibili ‘di proprietà comune’, deve essere effettuato un preliminare studio di fattibilità in grado di dimostrare l’utilità dell’opera in conseguenza dei vantaggi apportati a fronte della sottrazione a danno della comunità per la privazione di un bene che le appartiene. La definizione di beni comuni predisposta dalla Commissione Rodotà, qualifica come tali quei beni materiali e immateriali che sono funzionali ‘all’esercizio dei diritti fondamentali nonché al libero sviluppo fisico, culturale e spirituale della persona’. In tal senso, ogni loro specifica utilità deve essere considerata una ricchezza ‘intergenerazionale’ da garantire a ciascun componente della Comunità in virtù di un diritto di partecipazione acquisito con la nascita.
C’è di più. Le ragioni ‘vere’ che impongono il rispetto dei beni comuni sono riposte in una ‘verità’ inconfutabile: i ‘beni comuni’ sono in noi e noi siamo nei ‘beni comuni’. Ciò in quanto, sono eguali le particelle elementari che costituiscono l’intero mondo nel quale viviamo, formate da una identica energia, solo assemblata in modo diverso, e sono uguali anche le aggregazioni chimiche visto che, ad esempio, il nostro corpo è formato fino al 75% di acqua, elemento strutturale e nutriente essenziale. Poi, respiriamo l’ossigeno degli alberi, che assorbono la nostra anidride carbonica, fortifichiamo le ossa con i raggi solari, cresciamo con lo iodio delle mattinate d’estate sulla spiaggia, saniamo le ferite con l’acqua del mare, ci curiamo con le erbe. Ogni componente naturale ci è utile per la vita. In sostanza, la tutela dei ‘beni comuni’ non può essere solo una garanzia giuridica ‘razionale’ volta a favorire l’esercizio di un diritto all’uso temporaneo degli stessi, ma deve costituire un dovere morale frutto della convinzione ‘spirituale’ di assicurare la continuità della vita. Il Crescent, appare indubbio, ha arrecato un profondo stravolgimento al territorio privando la collettività di vari ‘beni comuni’. Spiaggia, mare, suolo, sono stati manomessi e modificati. Pur valutando la possibilità che potesse avvenire, in relazione alla natura dell’intervento avrebbe dovuto essere valutata la presenza di una doppia utilità per i suoi veri proprietari, cioè i cittadini: il vantaggio apportato dall’intervento edilizio, il vantaggio a compensazione dei danni arrecati alla vita della Comunità in conseguenza della perdita di beni essenziali. Perché, la distruzione di un bene comune è sempre e soltanto un danno alla vita di tutti. Ma, il danno del Crescent è ancora più grave perché nessun risarcimento può configurarsi in caso di distruzione di un bene pubblico per il vantaggio privato, a parte situazioni di modesta entità. Qui sono state occupate e distrutte aree ‘di tutti’ assolutamente spropositate e tali da configurare un danno effettivo alla vita e alla salute della Comunità, oltre che una consistente perdita di valore di un patrimonio comune. Senza considerare che per la sua realizzazione è stato deviato illecitamente il torrente Fusandola con pericolo di esondazione nel centro storico cittadino. Del Crescent i nostri figli chiederanno ragione. Ma non criticheranno le nostre scelte in funzione della sua estetica, che può piacere o meno a seconda delle inclinazioni personali. I nostri figli ci chiederanno ragione del perché un’area pubblica, a servizio di tutti, sia stata concessa all’iniziativa privata sottraendo anche ad essi, in qualità di eredi, una ricchezza ambientale donata a tutti dalla natura perché fosse usata e goduta nell’interesse di tutti. Ancor più ci chiederanno spiegazioni, laddove questo giudizio fosse favorevole per gli imputati nonostante le testimonianze, le prove documentali, le dichiarazioni, i grafici, le perizie, abbiano dimostrato ad abbondanza la natura pubblica del terreno, l’occupazione della spiaggia pubblica, l’occupazione del mare pubblico. Santa Teresa era la spiaggia dei cittadini del centro storico. Per generazioni, nei secoli, ha rappresentato un’area di salute e vita. E’ ben vero che l’area cosiddetta delle chiancarelle aveva ospitato attività disomogenee ed edifici incoerenti, ma è altrettanto vero che la sua trasformazione urbana secondo il progetto originario, poi abbandonato per il Crescent, l’avrebbe resa una ricchezza per la Città, con il verde dei giardini, i parchi per i bimbi, gli angoli di riposo per gli anziani, i campetti per i giovani. Un’area che avrebbe dato vita, salute, serenità, gioia alla Comunità salernitana. Per questi motivi, se un delitto efferato è esecrabile in quanto stravolge la vita di un certo numero di persone che, malauguratamente, restano coinvolte, la distruzione dei ‘beni comuni’ costituisce un ‘delitto collettivo’ per la vita di una moltitudine di persone. Il Crescent è un danno effettivo per la Comunità. Ai miei figli- perché sia tramandato alle future generazioni – posso dire con orgoglio che io non sono stato d’accordo e che anzi ho combattuto per lasciare a loro una Città che fosse prova di legalità e di civiltà. Salerno, 19 luglio 2021 Avv. Oreste Agosto