Aldo Bianchini
SALERNO – Da domenica 4 a mercoledì 14 luglio, 10 giorni, tanto è durato il ricovero di Sua Santità Papa Francesco nell’ospedale Agostino Gemelli di Roma dove ha occupato ben 12 stanze.
Capisco la risonanza mondiale della malattia del Papa, comprendo i timori per l’età, tengo conto anche del fatto che il Gemelli è di proprietà del Vaticano, prego anche io per l’apostolo di Dio sulla terra, ma sinceramente credo che per il Papa (forse anche giustamente !!) si sia andati al di là di ogni protocollo sanitario che per questa tipologia di interventi va dai 3-4 giorni di ricovero ad un massimo di otto.
Mia madre Maria spesso diceva che quando ci si trova di fronte alla fede ed alla religione bisogna genuflettersi fino a mettere la faccia per terra; ed in questo caso lo faccio anche io con serenità e devozione nei confronti di un uomo, il Papa, che sta dando lezioni a tutto il mondo.
Nessuno, però, mi può impedire di raccontare la gravissima ingiustizia patita da mio fratello Vincenzo (noto come Enzo) che il 9 aprile 2021 nel presidio ospedaliero di Mercato San Severino è stato sottoposto ad intervento chirurgico per la rimozione di una massa nel colon (neoplasia addominale situata tra il colon traverso e discendente !!) come quella del Papa. Arrivato in ospedale in condizioni fisiche precarie a causa di una “embolia polmonare massiva bilaterale” (che era stata ben curata al Ruggi) è stato dimesso il 14 aprile nonostante fosse impossibilitato a deambulare autonomamente (difatti un’ambulanza privata lo portò a casa) e nonostante avesse richiesto al medico di turno di poter rimanere in ospedale per qualche altro giorno anche perché gli era stato annunciato di dover ritornare per controllo il 16 aprile (due giorni dopo le dimissioni). Nelle more, tra le dimissioni, il controllo fatto in condizioni igieniche a dir poco precarie e il definitivo ritorno a casa, ecco arrivare il covid (contagiato nel reparto ospedaliero che in quei giorni fu chiuso per sanificazione con una certa rapidità ?); infine il decesso avvenuto il 6 maggio 2021.
Quelle che ho raccontato, per sintesi, sono due vicende forse inaccostabili tra loro ma che assumono una valenza nel discorso sulla buona e cattiva sanità e, soprattutto, sul ruolo che il medico è chiamato a recitare. Quella del Papa ha subito varcato i confini familiari, nazionali e mondiali; quella relativa a mio fratello è rimasta (come era ed è giusto) confinata nell’ambito familiare, una vicenda che ho pubblicato soltanto perché, nell’interesse generale, attiene da un lato la psicologia del malato che va sempre tutelata e dall’altro quella sensibilità umana del medico che nel caso del Papa ha raggiunto la massima espressione possibile e che nel caso di mio fratello è stata gestita nella peggiore maniera possibile; e questo al di là della discutibile durata del ricovero raffrontata all’esigenza del controllo dopo appena 48 ore dalle dimissioni.
Nel caso di Francesco (il Papa) i medici giustamente, andando sicuramente anche al di là del giuramento di Ippocrate, avranno messo la faccia per terra, come diceva mia madre, di fronte al Papa che seppure claudicante è riuscito a camminare da solo; nel caso di Vincenzo il medico (al quale mio fratello implorante aveva richiesto di non esser e dimesso perché non poteva muovere le gambe) rispose brutalmente: “Ma noi mica vi abbiano operato alle gambe”. Spero ardentemente di poter avere la possibilità di conoscere presto quel medico.
Il paragone (sicuramente irriverente nei confronti di Sua Santità, e di questo chiedo umilmente scusa) sembra improponibile e dettato soltanto da un rapporto affettivo; non è così, perchè la vita dovrebbe essere uguale per tutti. Purtroppo spesso alcuni medici seguono strade sbagliate e contaminano l’intera categoria che, invece, opera in favore di tutti e senza alcuna distinzione nell’ottica del giuramento cui sono chiamati all’inizio della loro carriera.
Apprendo ora con accresciuta amarezza i tristi fatti che determinarono la morte del Professor Vincenzo Bianchini.
Conoscevo Enzo da quand’era presidente del Consiglio d’Istituto alla Direzione Didattica di San Cipriano Picentino: guidava i lavori con diplomazia e anche se necessario con allegria pur negl’immancabilii momenti di conflittualità.
Ricordo l’ultimo incontro, a Pastena vicino alla fontanella, con amicizia stima e forti strette di mano.
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Non mi sorprende la forte fede di Aldo perchè, sin dai tempi di Pio XII, Giovanni XXIII e successivi pontefici, il nostro fervente canto era “Bianco Padre che da Roma ci sei meta luce e guida”. Le nostre Mamme, che ci educavano a fede e misticismo, non avrebbero mai immaginato che poi si potesse cominciare con coscienza a pensare.
arnaldo amabile
George orwell lo aveva scritto nel 1943: “tutti gli animali sono uguali,ma alcuni animali sono più uguali degli altri”.
La sua era una malcelata satira sulla rivoluzione russa, ma anche una presa di posizione forte sull’utopia dell’uguaglianza sociale.Purtroppo,anche in questo caso,gli ideali su cui si basano la costituzione e l’etica sono caduti miseramente.
Possiamo solo portare alla luce questa vicenda,sperando che in futuro casi del genere accadano sempre meno frequentemente.
Ahimè,anche nella più piccola delle fattorie,ci saranno sempre animali,più animali di altri.
Il combattivo Enzo aveva il diritto, più del diritto, di continuare a vivere,con la splendida famiglia, tanti altri
attimi di felicità come nella splendida mitica immagine del settantaduesimo compleanno.
Enzo era un professore, di più un educatore, che non avrebbe mai detto a qualcuno: “lei non sa chi sono io!…”
Vincenzo era un “Francesco”, come il Santo, non un “vip”. Non ha avuto ascolto proprio dove merita grande attenzione il grido di dolore.
arnaldo amabile