Aldo Bianchini
SALERNO – Ormai il prof. Dario Vassallo, fratello del compianto Angelo (il sindaco pescatore di Acciaroli, ucciso da mano ignota nella serata del 5 settembre 2010 mentre in auto faceva ritorno verso casa), non sa più a che santo votarsi e giustamente non si arrende.
Vuole la verità sulla morte del fratello e non si arrende; fa benissimo a non arrendersi ed a tenere in riga le svariate istituzioni del Paese (dalla Camera al Senato, dalla Commissione Antimafia al segretario nazionale del PD, per finire ai tanti sindaci ed alla numerose Procure interessate), anche se in tutta sincerità non ho mai capito come fa senza avere (questo lo dice Lui) un santo in paradiso.
Perché sembra che le istituzioni gli diano anche retta, forse per quella recita obbligata che tutti i politici fanno, almeno all’inizio per poi defilarsi. Questo Dario Vassallo non l’ha capito o non lo vuole capire e come ultimo atto (soltanto in ordine di tempo) della commedia ha scritto al personaggio, forse, più sbagliato dell’intero arco costituzione: Enrico Letta, segretario nazionale del Partito Democratico.
In effetti la lettera, inutile e rabbiosa, evidenzia uno degli aspetti più inquietanti dell’intera vicenda e ratifica quanto io personalmente ho già scritto da tempo: “la mitizzazione del personaggio Angelo Vassallo è stato un altro dei grandi errori del PD, elevandolo come simbolo della sinistra contro la destra ed in favore della legalità ha prodotto una rapida caduta di interesse e di convenienza politica”.
Ho scritto anche che quello per Vassallo non è stato l’unico errore storico del PD che qualche anno prima aveva mitizzato un sindacalista dell’Ospedale San Leonardo di Castellammare di Stabia, ucciso dalla camorra, costringendo anche un imbarazzato Capo dello Stato a con segnare una medaglia d’oro alla memoria, per poi rapidamente farlo precipitare nell’oblio dopo che la magistratura scoprì che era legato alla camorra. Ovviamente il caso Vassallo è anni luce lontano dalla vicenda di Castellammare ma se Dario Vassallo non capisce che il fratello era inviso a gran parte del partito democratico non potrà andare da nessuna parte, se non per raccogliere insuccessi e per reagire al fatto che “il Pd non ha mosso un dito per cercare la verità, per molti la figura di Angelo Vassallo è stata solo una passerella mediatica” ovvero per reclamare, sempre inutilmente a gran voce “un dibattito nel Pd a livello nazionale per indagare su eventuali responsabilità di uomini di questo partito, non solo sull’uccisione di Angelo” che, oggi come oggi, non ci sarà mai, nonostante la collana molto lunga di errori già inanellati dalla sete di vendetta di Enrico Letta.
Mi permetto di entrare ogni tanto nel dibattito, pluridecennale, sulla uccisione di Angelo Vassallo in quanto credo di averne pienamente titolo; e non solo per il fatto di essere stato un testimone chiave nelle mani della dott.ssa Rosa Volpe (pm che più a lungo ha indagato sull’omicidio Vassallo), ma anche perché la mia deposizione ha consentito alla Volpe ed alla sua equipe di volare in Bolivia per interrogare il presunto assassino di Vassallo, Bruno Humberto Damiani (figlio del mitico “Peppe ‘a catena”, primo titolare del Burger King sul lungomare Triste di Salerno). Dopo quel viaggio il Damiani fu alla fine scagionato (era difeso dall’avv. Michele Sarno, volato anche lui in Bolivia) e il delitto Vassallo ripiombò nelle secche dei mille e mille segreti sui quali la magistratura non ha inteso allargare le proprie indagini per seguire l’unico filone della droga che, molto probabilmente, non c’entra proprio niente. Ma il caso era stato troppo rapidamente scippato dalle mani del dr. Alfredo Greco (allora PM a Vallo della Lucania) per essere avocato dalla DDA di Salerno.
Tutto questo, però, il dr. Dario Vassallo non lo sa o fa finta di non saperlo; perché se non lo sa vuol dire che non ha letto per intero il voluminoso fascicolo giudiziario dal quale è stato, in parte, anche tratto il film-documento della Rai che invece di portare chiarezza ha aggiunto dubbi su dubbi.