da Dr AlbertoDi Muria
Padula-Con “medication error” gli anglosassoni intendono una mancanza, un difetto nelle varie fasi del processo terapeutico che provoca un danno, reale o anche solo potenziale, al paziente. Il processo terapeutico non si limita all’uso dei farmaci a scopo curativo ma anche, per esempio, all’uso della pillola anticoncezionale o degli ormoni come terapia sostitutiva, o ancora all’impiego di un mezzo di contrasto per una radiografia.
Le fasi successive del processo terapeutico sono la prescrizione, la trascrizione, la preparazione, la dispensazione, la somministrazione del farmaco e il suo monitoraggio.
Come si può notare, la definizione data non specifica chi fa l’errore: potrebbe essere un medico, un infermiere, un farmacista, chi assiste il paziente, il paziente stesso o un’altra persona ancora. Allo stesso modo non specifica chi ha la responsabilità di prevenire gli errori perché ogni soggetto coinvolto nelle varie fasi del processo è responsabile della propria attività.
I dati in letteratura sono molti. In uno studio condotto in un ospedale britannico su 36.200 prescrizioni di farmaci è stato individuato un errore di prescrizione nell’1,5% dei casi, nella maggior parte dei quali riconducibile alla scelta della dose; tali errori erano potenzialmente gravi nello 0,4% dei casi. In un altro studio statunitense, l’1,7% delle prescrizioni dispensate da farmacie sul territorio conteneva errori. Poiché ogni anno negli Stati Uniti vengono dispensate circa tre miliardi di prescrizioni, si può estrapolare che circa 50 milioni di queste contengano errori.
Sono quattro i tipi principali di errore quando si fa uso di un farmaco. Il primo tipo è dato da errori che si verificano per difetto di conoscenza, come accade per esempio qualora si somministri la penicillina senza sapere prima se il paziente è allergico. Il secondo da errori che si verificano perché si ricorre a metodi sbagliati o si applicano scorrettamente metodi adeguati, come accade per esempio iniettando il diclofenac nella coscia invece che nel gluteo. Ci sono poi errori che si verificano per azioni sbagliate o semplici sviste, come accade per esempio quando si prende un contenitore di clorpromazina dallo scaffale della farmacia mentre in realtà si vorrebbe prendere quello della clorpropamide. Infine ci sono errori che si verificano per dimenticanza, per esempio somministrando una penicillina a un paziente allergico noto, senza ricordarsi di tale condizione.
In generale, per prevenire gli errori occorre creare un ambiente di lavoro che non miri al rimprovero in caso di errore, ma incoraggi anzi la loro segnalazione, sfruttando le segnalazioni per identificare le aree più a rischio di errore, semplificando e standardizzando i gradini del processo terapeutico.