Prof. Nicola Femminella (docente – scrittore)
Il giorno 19 giugno si è svolto a Vallo della Lucania il convegno: “Il Museo Archeologico Nazionale di Elea-Velia come struttura essenziale e irrinunciabile”. Ha aperto i lavori il sen. Castiello, che ha spiegato l’esigenza improcrastinabile di un Museo Archeologico a Velia, per l’importanza che la località ha acquisito nel corso della storia a iniziare dal VI sec. a. C. e per i preziosi reperti che gli scavi hanno riportati alla luce nel corso degli anni. Dopo molti ritardi e il mancato utilizzo di finanziamenti che il sito avrebbe potuto ottenere a partire dal 1993, quando la Soprintendenza Archeologica aveva redatto uno Studio di Fattibilità, richiamando addirittura la Legge per le opere nel mezzogiorno del 1986, la realizzazione del Museo fu inserita nella strategia del progetto integrato del “Grande Attrattore Culturale Paestum-Velia (2000-2006)”. Fu individuata anche un’area idonea e imbandito un concorso internazionale per il progetto. In seguito il Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili, nell’ambito del programma di azione coesione 2014-2020, ammise a finanziamento la somma di 7.660.000 per i lavori di riqualificazione, valorizzazione dei percorsi storici e della ex galleria ferroviaria dismessa per accrescere il richiamo turistico della località, che nonostante il suo valore storico e archeologico non ha mai attirato una massa ingente di visitatori, fermandosi ad un massimo di 30.000-35.000 visitatori in un anno. Ben poca cosa rispetto al potenziale che è in grado di esprimere la località, come attestato da studiosi e operatori turistici. Nel 2018 il Comune di Ascea ed altri partner ipotizzarono la somma di 11.778.000 da richiedere al Ministero della Cultura, per un progetto articolato, sostenuti da un comitato civico sorto per contribuire alla realizzazione dell’opera. I ritardi purtroppo sono una piaga la cui nocività taglia le ali al Mezzogiorno d’Italia!
Di recente, sembra che il Ministero della Cultura abbia immaginato un altro progetto, scaturito da un protocollo d’intesa tra il Parco Archeologico di Paestum/Velia, all’epoca diretto da Zuchtriegel, e il Comune di Velia. Esso prevede un percorso multimediale che pone in risalto l’eccellenza archeologica e storica, il paesaggio di cui gode il sito, il comparto enogastronomico che garantisce il contesto circostante derivante dalla Dieta Mediterranea. Tale apparato multimediale si estende e si sviluppa nella dismessa galleria ferroviaria, per uscire alla luce e visitare i resti dell’antica città di Parmenide, proponendo il mito dell’alternarsi tra il buio e la luce, metafora dell’essere e non essere, ragione e sensi, che sono i prodromi della scuola Eleatica fondata a Elea-Velia da Parmenide e Zenone. Comprende laboratori per la ricerca e il restauro, sale multimediali per lo studio dell’immenso patrimonio ancora immerso nelle acque del mare, sale per incontri e congressi. Il percorso termina col Museo, formando un parco archeologico di gran valore e con l’aspirazione a diventare uno dei siti più visitati nel mondo.
Evidenziate le ragioni fondate per le quali Velia vuole procedere sulla strada del finanziamento previsto e decisa ad accelerare i tempi per percorrerla fino all’inaugurazione dell’opera, è iniziato un serrato dibattito che si è protratto per molte ore.
Il senatore Castiello ha espresso in maniera decisa la sua contrarietà all’ultima soluzione scelta per la struttura museale, confortato dagli interventi autorevoli di ingegneri e architetti che hanno evidenziato una profonda conoscenza dell’argomento. Si è soffermato soprattutto sull’impiego della galleria, per nulla adatta a contenere materiali espositivi, motivando tale atteggiamento con una serie di argomentazioni a suo parere inoppugnabili. Bisogna modificare la stesura progettuale al più presto per una soluzione che comprenda una scelta condivisa e suffragata da giuste ragioni. Da una parte, quindi, il progetto del museo ipogeo allocato nella vecchia galleria ferroviaria dismessa, lunga 250 metri; dall’altra l’opinione di Castiello e i tecnici che lo respingono per una serie di negatività. La galleria è soggetta ad infiltrazioni d’acqua piovana e l’angustia dei locali sicuramente determinerebbe un numero contingentato di visitatori i cui movimenti all’interno sarebbero condizionati da vetrine espositive ed attrezzature necessarie allo scopo. Inoltre la scelta fatta richiederà una manutenzione ordinaria gravida di costi insostenibili, destinati alla deumidificazione costante dei locali per evitare che il clima umido abbia a danneggiare i reperti e tutto il resto. Anche le condizioni di sicurezza risulterebbero precarie, perché mancano lungo le pareti della galleria le porte intervallate che permettono vie di fuga in caso di pericolo. La parte che chiede un nuovo progetto propone, invece, un museo di superfice da costruire su un’area di proprietà del comune e quindi non da acquistare presso privati, ha precisato il sindaco di Velia-Ascea, D’Angiolillo. Insomma una contrapposizione che spero non porti ritardi né elementi ostativi all’opera. Per quanto riguarda le finalità da affidare al Museo tutti hanno concordato che dev’essere una struttura destinata non solo a curare l’allestimento e l’esposizione dei reperti, ma dovrà essere un centro multidisciplinare di studi, ricerche, progetti. D’Angiolillo e il sen. Castiello hanno richiamato le descrizioni lasciateci dagli storici Strabone (inizi del I sec. d.C.) e Plutarco (qualche decennio dopo) che magnificavano la città di Velia, noto centro eminente della scuola di filosofia, nonché sede di quella della medicina, entrambe fondate da Parmenide e Zenone. Già nel V sec. a.C. la Scuola Eleatica fu centro fiorente di ricerca multidisciplinare, una delle più importanti del mondo antico. Un composto di cultura e attività cantieristiche. Il luogo, rifacendosi alla gloria del passato, dev’essere sede, ha sostenuto con forza Castiello, per ricercatori e giovani studenti, crogiuolo di nuove professioni e di occasioni innovative di lavoro per un territorio minacciato dallo spopolamento e dalla partenza dei giovani verso mete lontane.
Sono intervenuto al dibattito aggiungendo che il Museo di Elea-Velia dovrebbe assumere un ruolo importante per l’intero Cilento, un centro di coordinamento e di indirizzo per i numerosi siti archeologici e i piccoli musei del territorio, ricordando che esso era già abitato 500.000 anni addietro per la salubrità del clima e la ricchezza di acque, per cui sono ricorrenti i ritrovamenti che si trovano sparsi nell’intera e vasta area del Cilento. Un museo a Velia per costituire anche una cabina di regia che “metta in valore” tale ricchezza di siti e reperti archeologici che la preistoria e la storia ci hanno affidato. Una mente unica. Con i Sindaci dei siti archeologici e un ristretto gruppo di esperti a farne parte. Senza emolumenti e neppure gettoni di presenza. Una formula da sperimentare per un sud che dice di voler cambiare e in attesa da decenni di coloro che lo debbono fare. Si costituirebbe in tal modo un “Distretto Archeologico”, un parco di inestimabile valore, accanto a quello di Paestum, il cui consolidato valore mondiale già gli regala una posizione che, più agevolmente, tornando ad una autonoma gestione, potrebbe raggiungere l’obiettivo di un milione di visitatori perseguito da Zuchtriegel. In un secondo momento Paestum potrebbe concertare le sue iniziative con quelle di Velia e della Certosa di Padula per costruire una offerta turistica poderosa spalmata sull’intero Cilento, dispensatore di reddito e occupazione nei nostri territori. Tornando al Museo di Elea-Velia, richiesto anche con una mozione firmata da 51 senatori (primo firmatario, Francesco Castiello Atto N° 1-00367, pubblicato il 18 maggio 2021, nella Seduta N° 327) ho elencato gli scavi di Capocomune, di Roccadaspide, Bellosguardo, Aquara, Roscigno, Campora, Laurino, Atena Lucana, Sala Consilina, Sassano confinati in una dimensione localistica che non decolla, che non può decollare (nei giorni scorsi è stato inaugurato il piccolo museo di Roscigno). Ho fatto presente che già esiste un importante museo archeologico, quello della Lucania Occidentale allocato nella Certosa di Padula, che potrebbe ospitare invece nella vastità dei suoi edifici il laboratorio e una scuola di restauro, ponendosi accanto al museo di Velia per formare due importanti e autorevoli capofila di un unico organismo, per essere forte e autorevole interlocutore del Ministero della Cultura, della Regione Campania, della Soprintendenza Archeologica, del Polo Museale, ecc. Un tale “sistema” potrebbe essere decisivo per interrompere il sonno profondo in cui giacciono i reperti a Roscigno e negli altri siti citati, le tombe a Roccagloriosa e la città lucana nascosta in località Laurelli di Caselle e di cui l’archeologa Serritella descrive i preziosi ritrovamenti che potrebbe regalarci, mentre (so di ripetermi) sono occultati dal terriccio dell’oblio.
Insomma mettere in rete i numerosi siti per un’azione comune capace anche di creare strumenti e mezzi di comunicazione particolarmente efficaci, di elevato livello, per stimolare una presenza turistica pari ai beni che il Cilento possiede. Ne ho parlato con l’onorevole Michele Cammarano, Presidente della Commissione per le aree interne della Campania, per circa tre ore, del quale ho ammirato la capacità di ascolto e l’amore profondo per le nostre Terre.
La pandemia forse favorirà un turismo più a misura d’uomo, quello che è in grado di garantire un’oasi di benessere e di bellezza, in cui smaltire carichi di stanchezza e paure. Il Cilento si candida autorevolmente. Storia, arte, paesaggio, clima, convivialità espongono vetrine e vessilli seducenti nelle nostre località e per gli amanti dell’archeologia sarebbe disponibile un lungo viaggio nella storia, dal XII secolo con la civiltà enotria, che anticipa quelle greca, lucana e romana, per poi congiungersi a quelle dei Longobardi, dei Normanni e delle Casate che si affermarono nel Regno di Napoli fino all’Unità d’Italia, senza contare i reperti trovati negli scavi e nelle grotte riguardanti le ere della preistoria. Solo una mente di comando unitaria potrebbe gestire un così vasto territorio. Unito dalle S.S. Bussentina e Cilentana, chiuderebbe magistralmente il cerchio dei collegamenti tra le località del circuito, se ad esse si unisse l’antica strada Istmica che collegherebbe Paestum e il Vallo di Diano in meno di mezz’ora. In questa visione complessiva del Cilento si aprirebbe un capitolo luminoso e ricco di occasioni socioeconomiche nel gran libro della Questione Meridionale. È una visione ambiziosa certo, utopistica, ma se fossimo in tanti a nutrirla, forse il Ricovery Fund e l’amore per le nostre Terre potrebbero fare il miracolo!