dr. Pietro Cusati (giurista-giornalista)
Roma, 23 giugno 2021. E’ attuale la necessità di un intervento del legislatore, in grado di assicurare un più adeguato bilanciamento tra libertà di manifestazione del pensiero e tutela della reputazione. La Corte Costituzionale ha esaminato le questioni sollevate dai Tribunali di Salerno e di Bari sulla legittimità Costituzionale della pena detentiva prevista per la diffamazione a mezzo stampa, per contrasto con l’articolo 21 della Costituzione e con l’articolo 10 della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo. La Consulta ha dichiarato incostituzionale l’articolo 13 della legge sulla stampa n.47, del 1948,diffamazione a mezzo stampa, che fa scattare obbligatoriamente, in caso di condanna per diffamazione a mezzo stampa compiuta mediante l’attribuzione di un fatto determinato, la reclusione da uno a sei anni insieme al pagamento di una multa. È stato invece ritenuto compatibile con la Costituzione l’articolo 595, terzo comma, del Codice penale, che prevede, per le ordinarie ipotesi di diffamazione compiute a mezzo della stampa o di un’altra forma di pubblicità, la reclusione da sei mesi a tre anni oppure, in alternativa, il pagamento di una multa. Quest’ultima norma consente infatti al giudice di sanzionare con la pena detentiva i soli casi di eccezionale gravità. La Consulta ha sancito,quindi, l’illegittimità costituzionale della pena detentiva per i giornalisti , come prevista dall’articolo 13 della legge sulla stampa, n.47 del 1948 . Importante è il richiamo, in riferimento all’articolo 595 del codice penale, alla giurisprudenza consolidata della Corte Europea dei diritti dell’uomo, che ammette la pena carceraria soltanto nei casi più gravi di diffamazione commessa con istigazione alla violenza . Il Presidente dell’ordine dei giornalisti della Campania Ottavio Lucarelli,con riferimento alla recente sentenza della Consulta ha scritto su FB: ‘’Diffamazione,carcere ai giornalisti solo in casi di eccezionale gravità. La Corte costituzionale fa cadere l’obbligo, ma adesso occorre un intervento legislativo. Il carcere per la diffamazione resta ma d’ora in poi si applichera’ solo ai casi di eccezionale gravita’. E questo principio vale per tutti i cittadini, non solo per i giornalisti. La Consulta ha dunque sottolineato la necessita’ di un intervento del legislatore per un “piu’ adeguato bilanciamento” tra i due valori “alla luce dei pericoli sempre maggiori connessi all’evoluzione dei mezzi di comunicazione”, a partire dai social. Ha ribadito il Presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Campania Ottavio Lucarelli,la consulta ha dichiarato incostituzionale l’articolo 13 della legge sulla stampa (n. 47 del 1948). E ha fatto cadere in caso di condanna l’obbligo del carcere da uno a sei anni insieme al pagamento di una multa. La Corte ha invece ritenuto compatibile con la Costituzione l’articolo 595, terzo comma, del Codice penale, che prevede, per le ordinarie ipotesi di diffamazione compiute a mezzo della stampa o di un’altra forma di pubblicita’, la reclusione da sei mesi a tre anni oppure, in alternativa, il pagamento di una multa. “La Corte Costituzionale ha fatto la sua parte portando l’Italia nel solco della giurisprudenza di Strasburgo. Siamo soddisfatti la svolta e’ storica perche’ l’incubo del carcere in via ordinaria svanisce, mentre l’ipotesi dell’eccezionale gravita’ e’ residuale e comincia in concreto a porre dei distinguo tra colpa e dolo che potranno essere meglio definiti quando ci sara’ la politica” ha dichiarato Carlo Verna, Presidente dell’Ordine Nazionale dei Giornalisti.”La Corte Costituzionale ha fatto la sua parte portando l’Italia nel solco della giurisprudenza di Strasburgo ,ha detto Carlo Verna, Presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti , siamo soddisfatti la svolta è storica perché l’incubo del carcere in via ordinaria svanisce, mentre l’ipotesi dell’eccezionale gravità è residuale e comincia in concreto a porre dei distinguo tra colpa e dolo che potranno essere meglio definiti quando ci sarà la politica’’.La Consulta ha confermato l’incostituzionalità dell’articolo 13 della legge sulla stampa. Si tratta di una norma che fa scattare in caso di condanna la reclusione da uno a sei anni insieme al pagamento della multa. E’ necessario un intervento da parte del legislatore per assicurare un adeguato bilanciamento tra libertà di manifestazione del pensiero e tutela della reputazione individuale. La decisione della Consulta è stata commentata da Raffaele Lorusso, segretario generale della FNSI: “La sentenza ha una portata storica. I giudici, infatti, sanciscono l’illegittimità costituzionale della pena detentiva per i giornalisti, così come prevista dall’articolo 13 della legge sulla Stampa. Altrettanto importante è il richiamo, in riferimento all’articolo 595 del codice penale, alla giurisprudenza consolidata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, che ammette la pena carceraria soltanto nei casi più gravi di diffamazione con istigazione alla violenza.Diventa fondamentale l’intervento del Parlamento, chiamato a mettere a punto una normativa di riordino, compito al quale, fino ad oggi, si è sempre sottratto, obbligando la Corte Costituzionale a intervenire. E’ una vittoria del sindacato dei giornalisti, i cui legali hanno sollevato l’eccezione di incostituzionalità dinanzi al Tribunale di Salerno. Il lavoro deve continuare per far sì che l’intera materia venga regolata dal Parlamento trovando il giusto bilanciamento tra libertà di manifestazione del pensiero e la tutela della sfera individuale di ciascun cittadino“.