Dr. Pietro Cusati (giurista-giornalista)
La tragedia di Mottarone è diventata un caso emblematico come il processo mediatico arreca grave danno all’accertamento della verità. I processi si celebrano nelle aule di giustizia,non è e non deve prevalere il processo mediatico sul processo vero? Spesso si ha l’impressione che i grandi processi penali in Italia a volte si celebrano prima sui social e in televisione,la giustizia ‘’populista’’ e successivamente nelle aule di giustizia?Ultimo caso la catastrofe del Mottarone ,certamente i cittadini hanno il diritto di essere informati su una tragedia immane. Certo c’è modo e modo di dare le notizie,con le indagini ancora in corso per l’accertamento della verità? Non si possono pubblicare gli esiti degli interrogatori degli indagati,con buona pace dei principi che informano il nostro sistema penale, ma anche i codici deontologici di ogni soggetto protagonista delle numerose e continue esternazioni e pubblicazioni. Il “clamore mediatico” assurge a presupposto per la privazione della libertà personale? Ovviamente urge l’intervento del Parlamento per fissare una volta per tutte delle regole a tutela delle indagini oltre che di coloro che vi sono sottoposti. Il recente recepimento di una direttiva europea in tema di presunzione d’innocenza è un fondamentale principio di civiltà giuridica.Una patologia del diritto all’informazione?E’ noto a tutti che il processo mediatico è la gogna , la spettacolarizzazione dei processi altera i valori del giusto processo,infatti, è anche la negazione del diritto all’informazione.Il sistema giustizia trova una propria regolamentazione nelle fonti normative sia sovranazionali ,Carta Europea dei Diritti dell’Uomo e Raccomandazioni del Consiglio d’Europa, sia nazionali,Costituzione, Codice della Privacy, Testo unico dei doveri del giornalista, Codice di autoregolamentazione nelle trasmissioni radiotelevisive, delibere dell’Autorità per la Garanzia delle Comunicazioni, nonché nell’applicazione che di esse offre la giurisprudenza europea e nazionale . Numerosi sono i temi disciplinati e affrontati nella pratica, sussumibili in cinque macro-tematiche: i rapporti tra le garanzie dell’equo processo , la pubblicità mediatica e le campagne di stampa, i rapporti tra la libertà di informare e la tutela della presunzione di innocenza, i rapporti tra la libertà di stampa e la garanzia di un equo processo, i rapporti tra la libertà di informare e la tutela del segreto, i rapporti tra la libertà di informare e la tutela dei diritti della personalità. L’ordinamento giuridico prevede una tutela penale e civile anche per i social. La diffamazione mediante i social è una delle fattispecie penali che maggiormente si consumano nei post su Facebook o su Instagram, un like su Twitter, una recensione su TripAdvisor, un contributo in un social forum, un messaggio inviato ad una mailing list o in un “gruppo” su WhatsApp.Queste nuove tecnologie spesso è più diffusa la tendenza alle offese e agli insulti e i leoni da tastiera o leonesse da tastiera scrivono male di tutto e di tutti o a diffondere on line immagini denigratorie ,pongono ,quindi,a rischio i valori fra i più importanti della persona, la dignità, l’onore e la reputazione.Le statistiche confermano che la diffamazione sui social network sia diventata nel tempo, un reato “ricorrente” per il numero dei reati di diffamazione on line denunciati .La competenza a giudicare la diffamazione aggravata spetta al tribunale in composizione monocratica, a differenza della diffamazione semplice, di competenza del giudice di pace, il giudicante è investito a seguito di citazione diretta a giudizio, senza che l’indagato passi per il filtro dell’udienza preliminare. Secondo il codice penale, la persona offesa da una diffamazione avvenuta on line può proporre una denuncia-querela con cui chiede al giudice penale di perseguire il presunto colpevole, anche con l’obiettivo di far valere la propria pretesa risarcitoria nel processo penale.