Aldo Bianchini
SALERNO – Nel corso di questo penoso 2021 buona parte dell’attenzione generale è rivolta al problema degli infortuni, sul lavoro e non, che sta mietendo vittime dopo vittime.
Il primo settore lavorativo a scuotere le coscienze è stato quello del “tessile” relativamente a tutte quelle aziende façoniste che operano in specifiche zone del territorio nazionale considerate da sempre terre sicure e produttive. I casi di:
Sabri Jaballah, 23 anni, schiacciato sotto una pressa mentre lavorava il 2 febbraio 2021 in un’azienda del tessile di Montale (Prato),
e poi quello più seguito e mediaticizzato di
Luana D’Orazio, 22 anni, stritolata da un orditoio mentre lavorava il 3 maggio 2021 in un’azienda tessile di Montemurlo (Prato),
hanno acceso la miccia delle polemiche, a volte anche strumentali, che il più delle volte vengono buttate nella mischia da personaggi che con il mondo dell’infortunistica sul lavoro e civile non hanno niente a che fare, ma che con le loro esternazioni finiscono spesso con il mettere in crisi interi settori produttivi-economici-imprenditoriali del Paese. Per la tragedia di Luana si è arrivati, in tv, anche a sostenere che era stato volontariamente disattivato dalla macchina-orditoio il presidio di sicurezza; senza minimamente pensare che tale presidio è concepito e strutturato in un tutt’uno con la macchina e che è praticamente inscindibile. Ma ormai si vive in un mondo che dipende soltanto dai media e dalle corbellerie che vengono rovesciate sull’opinione pubblica. Senza che nessuno si preoccupi del fatto che questo eccessivo giustizialismo televisivo che induce la pubblica opinione, e purtroppo anche gli investigatori, a ricercare prima il colpevole e soltanto alla fine la causa dell’accaduto.
E dopo, in rapida successione, è arrivato tra i tanti anche l’infortunio mortale sul lavoro nel porto di Salerno del povero Matteo Leone (34enne lavoratore portuale e grande tifoso della Salernitana) che ha sconvolto un po’ tutti per le cause e circostanze in cui si è verificato; sembra difatti che un suo collega lavoratore F.F. nel manovrare un carrello in uno spazio ridotto ha travolto e ucciso il malcapitato. Ho utilizzato il termine “sconvolto” perché questo è il tipico caso in cui, pur andando come sempre alla caccia del colpevole ma non della causa, abbiamo tutti assistito ad una brusca frenata (che nell’ambito lavorativo gli americani definiscono “shortstop”) nella ricerca del colpevole soltanto perché il reato colposo lo avrebbe commesso, ovviamente inavvertitamente ed a causa dello spazio ridotto, un collega di lavoro.
Per non parlare di quanto accaduto, ed ancora accade, per l’orrenda tragedia di Stresa con la caduta della cabina della funivia “Stresa – Alpino – Mottarone” in cui stiamo assistendo all’incredibile scontro tra il pubblico ministero Olimpia Bossi e il gip Donatella Banci Buonamici non tanto sulla ricerca della causa della tragedia, piuttosto sull’individuazione frettolosa ed approssimativa delle responsabilità; ed in questa battaglia, giusta e sacrosanta perché sancisce il ruolo di terzietà del giudice per le indagini preliminari, sono caduti tutti i media del Belpaese che si sono appiattiti sulle posizioni del pm dimostrando tutta la loro impreparazione in una materia che è difficile e complessa anche per chi è addetto ai lavori e, semmai, ai controlli che da più parti vengono denunciati come inadeguati e carenti, e non hanno dato vita ad un minimo di ragionamento e di riflessione.
E allora che fare ?
Il mondo del tessile, come ampiamente sottoscritto dalla LAIF (Libera Associazione Imprese Façoniste), con sede legale nazionale a Salerno e presidente il dr. Carmine Traversa, da tempo va dichiarando e suggerendo che il mondo del lavoro ha necessità di essere formato verso la “cultura della prevenzione”, a cominciare da chi progetta e costruisce le macchine per finire all’operatore che per la prima volta si avvicina ad una macchina, sostanzialmente sicura ma complessa, come l’orditoio che purtroppo ha divorato la bella e giovanissima Luana nell’azienda tessile di Montemurlo.
Ma è l’infortunio mortale occorso a Salerno al giovane Matteo Leone che nel suo determinismo mette insieme i vari aspetti del problema infortunistico: l’uomo, la macchina, il cantiere, gli spazi operativi, e suggerisce anche la soluzione; solo che nessuno se ne accorge o fa finta di non accorgersene.
La tragedia vera, nel campo degli infortuni sul lavoro, è che tutti parlano e straparlano e che quelli che oltre a parlare hanno tutti gli strumenti per fare e non fanno; anche per il porto di Salerno in tanti hanno parlato con termini ampollosi (sindacati con Vicinanza, aziende portuali con Gallozzi, autorità portuale con Annunziata, sindaco Napoli, prefetto Russo, ecc.) ma nessuno ha fatto e fa niente. Ma questo cercherò di esaminarlo in un prossimo articolo.