da Dr. Alberto Di Muria
Padula-I cortisonici sono farmaci antinfiammatori e immunosoppressori, con struttura analoga ai corticosteroidi endogeni, che vengono sintetizzati nei surreni a partire dal colesterolo e sono suddivisi in due categorie: quella dei mineralcorticoidi e quella dei glucocorticoidi, a seconda che l’azione interessi principalmente l’equilibrio glucidico o idrosalino. Le indicazioni terapeutiche di questi farmaci sono piuttosto numerose: ad esempio, vengono classicamente impiegati in presenza di artriti, dolori ed infiammazioni articolari, dermatiti, reazioni allergiche, asma, rinite, lupus eritematoso sistemico, epatite cronica autoimmune e malattie infiammatorie intestinali. Il loro utilizzo rimane comunque sintomatico, cioè destinato ad attenuare i sintomi di una malattia senza rimuoverne la causa.
Si trovano quindi in diverse formulazioni molto utilizzate, dalle pomate, per l’uso topico su pelle o mucose, alle formulazioni orali o iniettabili, sino alle formulazioni inalatorie, per la cura delle allergie e dell’asma.
Però, l’uso dei cortisonici è notoriamente gravato dalla comparsa di numerosi effetti collaterali, anche gravi. Infatti, dal momento che essi determinano una ritenzione di sodio, possono portare ad ipertensione, edemi e ritenzione idrica; riducono l’assorbimento intestinale di calcio antagonizzando l’azione della vitamina D; possono favorire l’iperglicemia e l’insulino-resistenza; dal momento che aumentano il catabolismo proteico, possono generare fragilità vasale e ritardare la guarigione delle ferite; possono generare fenomeni psicotici, come insonnia mattutina e sindrome depressiva.
Ovviamente, la comparsa di questi effetti indesiderati è maggiore quando si usano alti dosaggi per lunghi periodi, come accade spesso nel trattamento delle affezioni articolari. Tuttavia, un recente studio ha evidenziato come anche l’uso per brevi periodi di corticosteroidi orali possa essere associato ad un rischio maggiore di eventi avversi come fratture, sepsi e tromboembolia venosa.
I ricercatori del reparto di gastroenterologia dell’Università del Michigan hanno infatti condotto un amplissimo studio retrospettivo utilizzando i database delle assicurazioni private, molto presenti nella realtà statunitense, e coinvolgendo così oltre un milione e mezzo di adulti, tra i quali quasi 330.000 sono stati sottoposti a trattamento con corticosteroidi per un breve periodo, inferiore ad un mese di terapia, e con una dose non altissima.
Già entro 30 giorni dall’inizio della terapia si è osservato, rispetto agli assistiti non esposti, un aumento del rischio di eventi avversi come sepsi, tromboembolia venosa e fratture che si attenuava nei 2 mesi successivi.
L’aumento del rischio era presente anche per dosi basse, inferiori a 20 mg al giorno.
Gli autori sottolineano quindi l’importanza di un uso accorto e ponderato di questi farmaci , che sono invece usatissimi e spesso assunti con molta leggerezza per una scarsa sensazione di sicurezza.